Vangelo di Maria Maddalena

 

Il Vangelo di Maria Maddalena è un testo in lingua copta risalente al secondo secolo dopo Cristo (150 d.c.) derivante da un proto-testo precedente mai ritrovato che però era già molto diffuso ed affermato tra le prime comunità cristiane.

Questo Vangelo andò perduto con l’estinguersi dello Gnosticismo e, per secoli, se ne conoscevano solo alcuni brevi passi citati dai Padri della Chiesa per confutare le tesi gnostiche.

Nel 1896 il Museo di Berlino acquistò un papiro proveniente da Akhmim, poco più a nord di Nag Hammadi, nell’Egitto meridionale, località che poi divenne famosa per i numerosi ritrovamenti del 1945 di Vangeli Apocrifi ed altri scritti.

Questo papiro, codificato col numero 8502, contiene il Vangelo di Maria, l’Apocrifo di Giovanni, la Sophia di Gesù Cristo e gli Atti di Pietro.

Purtroppo il papiro è danneggiato proprio nella sua prima parte che riporta il Vangelo di Maria: mancano le prime sei pagine e le pagine da 11 a 14, in tutto quindi 10 pagine.

In questo Vangelo si evidenzia la figura di Maria Maddalena come discepolo prediletto del Signore.

Solo a lei Gesù avrebbe comunicato un insegnamento superiore.

Purtroppo gran parte di questo insegnamento era contenuto nelle pagine da 11 a 14, mancanti nel papiro a nostra disposizione, ma ciò che leggiamo nelle pagine 15, 16 e 17 ci rivela la natura decisamente gnostica di questa rivelazione.

Mentre Pietro ed Andrea sono restii ad accettare questa superiorità di Maria Maddalena sugli altri apostoli, Levi (Matteo) dichiara apertamente che il Signore la amava più degli altri, come, d’altra parte ci riferisce il Vangelo di Filippo.

Riportiamo dunque il testo integrale in italiano di quanto rimane di questo Vangelo:

MANCANO SEI PAGINE
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La materia sarà distrutta, oppure no?

Il Salvatore disse: “Tutte le nature, tutte le formazioni, tutte le creazioni sussistono l’una nell’altra e l’una con l’altra, e saranno nuovamente dissolte nelle proprie radici.

Poiché la natura della materia si dissolve soltanto nelle radici della sua natura.

Pietro gli disse:

Giacché ci hai spiegato ogni cosa, spiegaci anche questo.

Che cosa è il peccato del mondo? “.

Il Salvatore rispose: “Non vi è alcun peccato. Siete voi, invece, che fate il peccato allorché compite azioni che sono della stessa natura dell’adulterio, che è detto “il peccato”.

“Per questo motivo il bene venne in mezzo a voi, nell’ essenza di ogni natura per restituirla alla sua radice.

E proseguì dicendo:

“Per questo vi ammalate e morite, perché voi amate ciò che è ingannevole, ciò che vi ingannerà.

Chi può comprendere, comprenda”.

“La materia diede origine a una passione senza uguali, che procedette da qualcosa che è contro natura.

Ne venne allora un disordine in tutto il corpo”.

“Per questo motivo vi dissi:

Fatevi coraggio!

Se siete afflitti, fatevi coraggio, in presenza delle molteplici forme della natura. Chi ha orecchie da intendere, intenda”.

Ciò detto, il Beato li salutò tutti e disse:

“La pace sia con voi! Abbiate la mia pace! State all’erta che nessuno vi inganni con le parole:

“Vedete qui” o “Vedete là”.

Il Figlio dell’uomo è infatti dentro di voi. Seguitelo!

Chi lo cerca lo trova.

“Andate, dunque, e predicate il Vangelo del Regno.

Non ho emanato alcun precetto all’infuori di quello che vi ho stabilito.

Né vi ho dato alcuna legge come un legislatore, affinché non avvenga che siate da essa costretti”.

Ma essi rimasero tristi e piangevano forte dicendo:

“Come possiamo andare dai gentili e predicare loro il Vangelo del Regno del Figlio dell’uomo?

Se essi non risparmiarono lui, come saremo risparmiati noi?”

S’alzò allora Maria, li salutò tutti, e disse ai suoi fratelli:

” Non piangete, non siate malinconici, e neppure indecisi.

La sua Grazia sarà per intero con voi e vi proteggerà.

Lodiamo piuttosto la sua grandezza, giacché egli ci ha preparati e fatti uomini”.

Così dicendo, Maria volse al bene la loro mente ed essi incominciarono a discutere sulle parole del Salvatore.

Pietro disse a Maria: “Sorella, noi sappiamo che il Salvatore ti amava più delle altre donne.

Comunicaci le parole del Salvatore che tu ricordi, quelle che tu conosci, ma non noi; quelle che noi non abbiamo neppure udito”.

Maria rispose e disse: “Quello che a voi è nascosto, io ve lo comunicherò”.

Ed Ella iniziò a dire loro le seguenti parole:

“Io vidi il Signore in una visione, e gli dissi:

“Signore, oggi ti ho visto in una visione”.

Egli mi rispose e disse: “Beata, tu che non hai vacillato alla mia vista.

Là, infatti, ove è la mente, quivi è il tesoro”.

Io gli dissi:

“Signore, adesso dimmi: colui che vede la visione, la vede attraverso l’anima oppure attraverso lo spirito?”

Il Salvatore rispose e disse:

“Egli non vede attraverso l’anima, né attraverso lo spirito, ma la mente, che si trova tra i due, è quella che vede la visione e
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MANCANO QUATTRO PAGINE
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E la bramosia disse:

“Non ti ho vista quando sei discesa, ora invece ti vedo mentre sali in alto.

Come mai, dunque, tu mi menti dal momento che mi appartieni?”.

L’anima rispose:

“Io ti ho veduta, mentre tu non mi hai né vista né conosciuta.

Io ti facevo da vestito, ma non mi hai riconosciuta”.

Ciò detto, ella se ne andò via allegra e gioiosa.

Andò poi dalla terza potenza che si chiama ignoranza.

Questa domandò all’anima:

“Dove Vai?

Sei stata presa nella malignità, ma sei stata presa.

Non giudicare!”.

L’anima disse:

“Perché mi giudichi, mentre io non ho giudicato?

Io sono stata presa, sebbene io non abbia preso.

Non sono stata riconosciuta.

Ma io ho riconosciuto che il tutto è stato disciolto, sia le cose e nature terrestri sia le celesti”.

Dopo che l’anima ebbe lasciato dietro di sé la terza potenza, salì in alto e vide la quarta potenza.

Essa aveva sette forme.

La prima è l’oscurità;

la seconda è la bramosia;

la terza è l’ignoranza;

la quarta è l’emozione della morte;

la quinta è il regno della carne;

la sesta è la stolta saggezza della carne;

la settima è la sapienza stizzosa.

Queste sono le sette potenze dell’ira.

Esse domandarono all’anima:

“Da dove vieni, assassina degli uomini?

Dove sei incamminata, superatrice degli spazi?”.

L’anima rispose e disse:

“Ciò che mi lega è stato ucciso, ciò che mi circonda è stato messo da parte, la mia bramosia è annientata e la mia ignoranza è morta.

In un mondo sono stata sciolta da un mondo, in un typos da un typos superiore, dalla catena dell’oblio, che è passeggera.

D’ora in poi io raggiungerò, in silenzio, il riposo del tempo, del momento, dell’Eone”

Ma Andrea replicò e disse ai fratelli:

“Dite che cosa pensate di quanto ella ha detto.

Io, almeno, non credo che il Salvatore abbia detto ciò.

Queste dottrine, infatti, sono sicuramente insegnamenti diversi”.

Riguardo a queste stesse cose parlò anche Pietro.

Egli li interrogò in merito al Salvatore:

”Ha Egli forse parlato realmente in segreto e non apertamente a una donna, senza che noi lo sapessimo?

Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei?

Forse egli l’ha anteposta a noi?”.

Maria allora pianse e disse a Pietro:

“Pietro, fratello mio, che cosa credi dunque?

Credi tu che io l’abbia inventato in cuor mio, o che io menta riguardo al Salvatore? “.

Levi replicò a Pietro dicendo:

“Tu sei sempre irruente, Pietro!

Ora io vedo che ti scagli contro la donna come fanno gli avversari.

Se il Salvatore l’ha resa degna, chi sei tu che la respingi?

Non v’è dubbio, il Salvatore la conosce bene.

Per questo amava lei più di noi.

Dobbiamo piuttosto vergognarci, rivestirci dell’uomo perfetto, formarci come Egli ci ha ordinato, e annunziare il Vangelo senza emanare né un ulteriore comandamento, né un’ulteriore legge, all’infuori di quanto ci disse il Salvatore”.

Quando Levi ebbe detto ciò, essi presero ad andare per annunziare e predicare.

Il Vangelo secondo Maria.

 

Commento e Tratto da “Viaggio nella Gnosi”

di Andrea Bertoloni e Fabio Imbergamo

 

La figura di Maria Maddalena ha acquisito negli ultimi anni una note­vole notorietà grazie ai numerosi riferimenti su di lei presenti nei codici gnostici della collezione di Nag Hammadi, ritrovati nel 1945 nell’omonima località dell’alto Egitto.

Se da un lato abbiamo assistito ad un crescere della letteratura romanzesca che ruota intorno a lei, dall’altro è incontestabile il fatto che la “Maria detta la sua compagna”, come viene citata nel Vangelo di Filippo, sia al centro di numerose dichiarazioni, alcune provocatorie, che hanno spinto in molti a considerarla come “il discepolo che egli amava”, titolo tradizionalmente attribuito all’apostolo Giovanni.

Tuttavia il documento più importante di cui disponiamo sulla Maddalena non è contenuto nei codici di Nag Hammadi, ma nel cosiddetto Codice di Berlino, o Codice Akmim, che risale presumibilmente al V secolo e fu rin­venuto presso la città egizia di Akmim nel 1896.

Questo codice, attualmente conservato presso il Museo Egizio di Berlino, contiene quattro importanti scritti gnostici:

il Vangelo di Maria, l’Apocrifo di Giovanni (di cui, comun­que, esistono versioni più complete nei codici di Nag Hammadi), la Sofia di Gesù Cristo e gli Atti di Pietro.

Il primo, quindi, è forse il documento più importante a nostra disposizione in cui la figura di Maria Maddalena appare in tutta la sua importanza.

Compagna, moglie o discepola?

«Tre persone camminavano sempre con il Signore:

 Maria, sua madre, e la sorella di lei, e la Maddalena, detta sua compagna.

 Maria, infatti (si chiama­va) sua sorella, sua madre e sua compagna» (Vangelo di Filippo 59,8-11).

«La compagna del Figlio è Maria Maddalena.

 Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli, e spesso la baciava sulla bocca.

 Gli altri discepoli, vedendolo con Maria, gli domandarono:

 “Perché l’ami più di noi tutti? ”»

(Vangelo di Filippo 63,35 – 64,2).

Questi due passi pongono esplicitamente la Maddalena in una posizio­ne di primo piano nell’ambito della comunità dei discepoli.

Alcuni, inoltre, sostengono l’ipotesi che fosse la moglie di Gesù, ma non tutti gli studiosi giudicano gli elementi a nostra disposizione sufficienti per avvalorare que­sta tesi.

Il fatto che fosse “sua compagna” potrebbe riferirsi semplicemente ad uno strettissimo rapporto maestro-discepolo;

e anche il “baciava sulla bocca” potrebbe riferirsi ad una pratica diffusa secondo la quale il maestro insufflava l’alito vitale dalla propria bocca a quella dell’allievo.

Rimanendo quindi, almeno per ora, insoluto l’enigma della “Maddalena-moglie”, il dato incontestabile è che lei fosse una figura della massima importanza, e questo doveva essere causa di non poco disagio in un ambiente fondamentalmente maschilista.

Tanto più che abbiamo una lunga serie di passaggi in altre scrit­ture gnostiche che si riferiscono a lei in termini a dir poco lusinghieri:

«L’apostolo che eccelle sul resto».

 «La donna che conosceva il Tutto».

 «La persona che rivela la grandezza del Rivelatore» (Dialogo del Salvatore).

«La discepola del Signore» ( Vangelo di Pietro).

«Colei che era sempre con il Signore» (Vangelo di Filippo).

«La prescelta fra le donne» (Atti di Filippo).

«L’erede della Luce». (Pistis Sophia).

Nella Pistis Sophia, in particolare, è innegabile che Gesù tesse di lei le più ampie lodi, e lei arriva persino ad intercedere per gli altri discepoli quando essi si trovano in difficoltà nel comprendere le parole del Maestro.

Pro­prio in questo monumentale scritto gnostico, Maria Maddalena interviene per ben sessantasette volte, mentre Pietro interviene cinque volte (due delle quali proprio a sfavore della presenza femminile nell’ambito della comuni­tà), Giacomo tre volte, Bartolomeo una sola volta, Maria (la madre di Gesù) tre volte, Salome anch’essa tre volte e Marta quattro.

Con questa elenca­zione non si vuole fare una classifica dei discepoli o dei loro interventi, ma solo evidenziare il peso della loro presenza, ben simboleggiata dal numero e dalla qualità dei loro discorsi.

La Maddalena ha sicuramente una posizio­ne di assoluto rilievo e sarà lo stesso Gesù ad attestarlo:

«Tu beata, Maria (Maddalena).

 Ti renderò perfetta in tutti i Misteri di quelli dell’Alto.

 Parla apertamente tu, il cui cuore è rivolto al Regno dei Cieli più di tutti i tuoi Fratelli» (Pistis Sophia 17,2).

Il Vangelo di Maria è fondamentalmente composto da due parti:

PARTE 1

la prima contiene delle domande che i discepoli pongono al Maestro e le relative risposte.

In questa prima sezione la figura di Gesù è fisicamente presente.

Nel manoscritto originale mancano, purtroppo, le prime sei pagi­ne:

un grave danno, soprattutto se consideriamo che la lunghezza dell’intero Vangelo è di sole diciotto pagine;

PARTE 2

la seconda parte tratta invece dei discorsi di Maria pronunciati agli apostoli dopo che Gesù se ne va, lasciando tutti nello sconforto.

Anche qui siamo in presenza di un danno notevole mancando, infatti, le pagine dalla undicesima alla quattordicesima.

 

Nonostante le evidenti lacune, il testo contiene elementi di indubbio in­teresse.

Esaminiamo, quindi, i vari passaggi nell’ordine in cui sono esposti, cominciando, ovviamente, dalla prima parte.

 

La materia e il peccato

«La materia sarà distrutta o no?».

È la prima frase, purtroppo incom­pleta, che ci offre il testo.

Mancando la prima parte della domanda dobbiamo necessariamente riferirci alla risposta di Gesù per capire bene di cosa si stia parlando.

«Tutte le nature, tutte le formazioni, tutte le creazioni sussistono l’una nell’altra e l’una con l’altra, e saranno nuovamente dissolte soltanto nelle proprie radici.

 Poiché la natura della materia si dissolve soltanto nelle radici della sua natura.

 Chi ha orecchie per intendere, intenda».

Occorre ricordare che a quei tempi si faceva una grande distinzione fra il mondo spirituale e quello materiale.

La risposta di Gesù sottolinea che i due mondi sono in realtà interconnessi:

la materia altro non è che la manifestazione visibile o epifenomeno del mondo spirituale.

Come tale non si distrugge, ma una volta terminato il suo ciclo cambia solamente di forma, ovvero «si dissolve soltanto nelle radici della sua natura».

 

Segue un passaggio che fa tuttora molto discutere religiosi, studiosi e cre­denti:

«Pietro gli disse:

 “Giacché ci hai spiegato ogni cosa, spiegaci anche questo.

 Che cosa è il peccato del mondo?

” Il Salvatore rispose:

 “Non vi è alcun peccato.

 Siete voi, invece, che fate il peccato allorché compite azioni che sono della stessa natura dell ‘adulterio, che è detto il peccato».

Con tutta probabilità Pietro si riferisce al “peccato originale” presente nella Genesi biblica, sul cui episodio è stata nei secoli costruita una visione teologica se­condo la quale tutti gli individui sono “affetti” sin dalla nascita da una forma di colpa da cui si devono progressivamente liberare tramite l’espiazione, il riscatto, la sofferenza e il sacrifìcio.

Ebbene, la risposta di Gesù è chiara e senza mezzi termini:

«Non vi è alcun peccato».

In realtà non esiste il peccato inteso come colpa che ogni uomo porta su di sé per il solo fatto di essere venuto al mondo.

Esiste, invece, il compiere «azioni che sono della stessa natura dell’adulterio», cioè che portano l’essere umano a fare una cosa di­versa da quella che avrebbe dovuto fare.

Quando è, infatti, che un individuo commette adulterio?

Quando manca alla promessa di fedeltà fatta al coniuge e si concede ad un rapporto carnale esterno al matrimonio.

Allo stesso modo, il peccato a cui si riferisce Gesù si commette quando si manca alle promesse fatte a Dio e a se stessi, e si compiono azioni che ci allontanano da ciò che è meglio per noi.

Tale interpretazione appare ancora più fondata se consi­deriamo la radice etimologica del verbo peccare, che proviene dal greco “hamartia” che, a sua volta, significa errare, fallire, mancare un obiettivo.

A sostegno di questa tesi seguono le parole di Gesù:

«Per questo motivo il bene venne in mezzo a voi.», il bene, cioè lo stesso Gesù, venne proprio per far capire qual è la vera natura delle cose e mostrare all’essere umano cosa è migliore per lui, evitando di «amare ciò che è ingannevole, ciò che vi ingannerà» procurando malattia e morte.

Ma come riuscire a non fallire il bersaglio?

Come non cadere preda di passioni «contro natura» generate dalla materia e che generano «un disor­dine in tutto il corpo»?

Gesù innanzi tutto esorta a farsi coraggio:

«Fatevi coraggio!

 Se siete afflitti, fatevi coraggio in presenza delle molteplici forme della natura».

L’indicazione è quella di riconnettersi a tutto ciò che appartie­ne alla natura, ai suoi cicli, alle sue leggi, allo svolgersi naturale delle cose, di trovare nei processi naturali una connessione con qualcosa di più grande che possa aiutare a ricordarci qual è il nostro obiettivo e, di conseguenza, a non “mancarlo”, a non “peccare”.

Detto ciò si avvicina il momento, magico ma allo stesso tempo tragico, che chiude la prima parte del Vangelo di Maria:

Gesù se ne va.

«Ciò detto, il Beato li salutò tutti e disse:

 “La pace sia con voi!

 Abbiate la mia pace!

 State allerta che nessuno vi inganni con le parole:

 ‘Vedete qui ’o ‘Vedete lì ’.

 Il Figlio dell ‘uomo è infatti dentro di voi.

 Seguitelo!

 Chi lo cerca lo trova».

 Per chi segue un cammino spirituale queste parole hanno una portata im­mensa.

Gesù augura la sua pace, una pace fatta di unione, equilibrio, assenza di conflitto fine a se stesso;

una pace in cui mente, emozioni e istinto sono in armonia, in cui intuizione e creatività si esprimono liberamente mettendo in grado l’individuo di seguire il Figlio dell’uomo che è dentro di sé.

Stia­mo parlando del più grande miracolo che si possa verificare nell’universo!

Il «Figlio dell’Uomo», ovvero l’unione con il Gesù Cristo che dimora in tutti gli individui, non va cercato fuori come molti vogliono far credere, ma dentro.

E già lì!

Bisogna “solo” avere il coraggio di seguirlo.

Ma come fare per trovarlo?

Certamente non è facile, non esistono formule o ricette valide per chiunque.

Ma è sicuramente possibile trovarlo:

«Chi lo cerca lo trova».

 

La predicazione dei discepoli e la Legge del cuore

«“Andate, dunque, e predicate il Vangelo del Regno.

 Non ho emanato alcun precetto all’infuori di quello che vi ho stabilito.

 Né vi ho dato alcuna legge come un legislatore, affinché non avvenga che siate da essa costret­ti”.

 Ciò detto se ne andò».

Ecco che, analogamente a ciò che accade in vari altri testi evangelici, ai discepoli viene assegnato il compito di trasmettere l’insegnamento ricevuto, il Vangelo del Regno.

Occorre precisare che a quei tempi un vangelo era qualunque cosa che portasse un messaggio lieto.

 Ai discepoli, quindi, Gesù affida il compito di diffondere il messaggio se­guendo il loro cuore, il loro discernimento e il loro sentire.

Non comanda, né impone loro nulla.

Non dà una legge che prescriva cosa e come fare, ma li lascia liberi di seguire la loro stessa ispirazione.

Per ben capire quello che sta succedendo dobbiamo ricordare che per gli Ebrei la legge era quella di Mosè, il quale aveva dato precise e tassative norme con pesanti sanzioni per i trasgressori.

Gesù non si schiera contro la Legge mosaica, ma la reputa necessaria solo per coloro che ancora non hanno la capacità di capire cosa è giusto e cosa non lo è:

«Per la durezza del vostro cuore egli (Mosé) scrisse questa norma»

Gli Apostoli hanno maturato la capacità di seguire il loro cuore e sanno cosa fare per diffondere il Lieto Messaggio, anche se, come vedremo fra un attimo, sono ancora pieni di dubbi e di timori, tanto che sarà necessario l’apporto della Maddalena per sbloccare una situazione in cui regnano malinconia e indecisione.

Gesù quindi se ne va lasciando la comunità nello sconforto:

«Ma essi rimasero tristi e piangevano forte.».

I discepoli non sanno come affrontare le difficoltà di una predicazione fra non ebrei, i gentili, che con tutta proba­bilità si sarebbero manifestati ostili, esattamente come avevano già fatto con il Maestro.

Ecco, quindi, che interviene Maria Maddalena, l’unica che in questo momento riesce a mantenere uno stato di fiducia:

«Non piangete, non siate malinconici, e neppure indecisi.

 La sua grazia (di Gesù) sarà per intero con voi e vi protegge».

L’intervento della Maddalena sembra avere un effetto risolutivo e l’intera comunità si tranquillizza:

«Così dicendo, Maria volse al bene la loro mente ed essi incominciarono a discutere sulle parole del Salva­tore».

Maria mantiene il distacco e non si fa dominare dallo scoraggiamento.

La sua fiducia in quello che il Maestro le ha trasmesso è talmente grande da contagiare positivamente anche gli altri discepoli.

Ancora una volta la sua figura spicca per la capacità di non essere deviata dalle circostanze esterne e con questo episodio, che attesta la sua estrema maturità, si chiude la prima parte di questo straordinario documento.

 

La visione trascendente di Maria

«Pietro disse a Maria:

 “Sorella, noi sappiamo che il Salvatore ti amava più delle altre donne.

 Comunicaci le parole del Salvatore che tu ricordi, quelle che noi non abbiamo neppure udito».

Così inizia la seconda parte del Vangelo di Maria.

E interessante notare che qui Maria è amata «più delle altre donne» ma nel Vangelo di Filippo la questione è molto diversa:

«Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli».

Certamente non è utile insistere su parole che possono essere state dette e scritte in differenti contesti;

tuttavia, non si può non notare la differenza.

Di fatto Maria è l’unica, fra discepoli maschi o femmine, ad essere a conoscenza di «parole che noi non abbiamo neppure udito», e senza nessuna forma di avarizia le condivide con tutta la comunità.

 

Maria ha una visione in cui le appare il Signore Gesù.

Nello gnosticismo tutto ciò che giunge attraverso visioni o esperienze trascendentali è di estre­ma importanza e testimonia l’acquisizione di una conoscenza profonda che viene concessa dall’Alto.

Gesù attesta l’autenticità della visione della Mad­dalena e ne conferma il valore:

«Egli mi rispose e disse:

 “Beata tu che non hai vacillato alla mia vista.

 Là infatti dove è la mente, quivi è il tesoro ”».

 Maria non solo è protagonista di una straordinaria esperienza rivelatrice, ma non vacilla di fronte alla visione manifestando fermezza e fede in ciò che stava accadendo.

In lei non scattano meccanismi di difesa da una realtà che potrebbe turbarla, ma rimane lì attenta e “sveglia” di fronte alla figura del Salvatore.

In questo episodio vi è una significativa doppia presenza del Salvatore-Gesù:

abbiamo il Salvatore con cui Maria sta parlando, che sim­boleggia il Gesù terreno maestro di saggezza;

e abbiamo poi il Salvatore che appare nella visione, che simboleggia il Cristo tipicamente gnostico che si può conoscere solo tramite esperienze di tipo trascendente e interiore.

Ciò non deve meravigliare, dato che gli Gnostici facevano una grande differenza fra il Gesù storico e il Cristo interiore che risiede nel cuore di ciascun indi­viduo.

Maria in questo momento è in contatto con entrambi!

«Signore, adesso dimmi:

 colui che vede la visione, la vede attraverso l’anima oppure attraverso lo spirito?

» è la domanda che Maria pone a Gesù (presumibilmente a quello fisico!

La questione è rilevante perché, come abbiamo detto, nello gnosticismo le visioni possono portare a conoscenze elevatissime.

«Il Salvatore rispose e disse:

 “Egli non vede attraverso l’a­nima, né attraverso lo spirito, ma la mente, che si trova tra i due, è quella che vede la visione e.

Purtroppo qui il testo si interrompe perché, come già accennato, nel codice originale mancano le pagine dalla undicesima alla quattordicesima.

Ma fortunatamente la frase, anche se incompleta, contiene elementi preziosi:

Gesù sta parlando, infatti, del “nous”, termine greco ori­ginale presente nel manoscritto che è stato tradotto in italiano con “mente”.

Nel mondo greco l’essere umano si considerava diviso in psiche (anima), nous (mente, intesa come intelletto cosmico) e pneuma (spirito).

Il nous è l’indispensabile anello di congiunzione fra anima e spirito, e questa conce­zione, che proviene dal pensiero del filosofo greco Anassagora, ricalca una visione tripartita dell’essere umano che ritroviamo anche in concezioni esoterico-religiose molto più antiche.

Il nous è poi stato ripreso anche da altri maestri gnostici e Valentino lo inserisce nella sua cosmogonia come uno dei primi quattro eoni primordiali che formano il Pleroma.

Ma quello che a noi più interessa è che Gesù conferma la necessità di un “tramite”, di un “pensiero cosmico privilegiato” che congiunga il mondo dell’anima, a cui appartengono anche elementi della nostra natura più materiale, a quello dello spirito.

Il nous è l’intelligenza Elevata che dà inizio a tutti i processi creativi e a tutte le reali comprensioni, ed è attraverso di esso che si possono avere le “visioni eristiche” come quelle della Maddalena.

Coloro che percor­rono un cammino di autoconoscenza si sforzano e fanno tutto il necessario per nutrire e sviluppare tale forma di intelligenza superiore.

Dopo l’interruzione dovuta alle pagine mancanti, ci troviamo nel pieno di un racconto simbolico-mitologico in cui la Maddalena narra il viaggio di ritorno dell’anima.

Si tratta del percorso a tappe dell’anima che partendo dal mondo della materia, con tutte le difficoltà e le “pesantezze” che lo ca­ratterizzano, risale attraverso le cosiddette potenze giungendo infine ad uno stadio dove regna il «silenzio, il riposo del tempo, del momento, dell’eone»’.

 si tratta della dimensione del Padre, dove vi è l’origine del Tutto.

Sfortunatamente le prime tappe del viaggio dell’anima sono andate perse e possiamo solo supporre che la prima potenza fosse proprio la materia.

Il racconto a nostra disposizione comincia dalla seconda potenza, che è la bra­mosia’, segue poi la terza, che è l’ignoranza e, infine, la quarta, che è l’ira.

 Nei confronti di tutte le potenza l’anima si dimostra estranea e svincolata, avendo superato il legame e l’influenza che esse avevano su di lei.

La quarta potenza, in particolare,

«aveva sette forme.

 La prima è l’oscurità;

 la se­conda è la bramosia;

 la terza è l’ignoranza;

 la quarta è l’emozione della morte;

 la quinta è il regno della carne;

 la sesta è la stolta saggezza della carne;

 la settima è la sapienza stizzosa».

Riconosciamo qui sette aspetti del­la personalità umana che tengono l’anima schiava e prigioniera.

Nella favola popolare “Il drago a sette teste” troviamo una perfetta rappresentazione di tutto ciò:

 

Il drago a sette teste

Un giorno un giovane giunse in una grande città in cui tutti gli abitanti erano vestiti a lutto.

 Entrato in un ‘osteria chiese il perché di tutto quel lutto.

 “Come, non sai?

” rispose l’oste “ogni giorno a mezzodì giunge dal fiume un drago a sette teste, e se non gli si dà da mangiare una persona inizia a mietere quante più vittime fra gli abitanti di tutta la città.

 Quindi noi tiriamo a sorte e il malcapitato designato si offre al drago.

 Solo che oggi è toccato alla figlia del Re e tutta la città è particolarmente triste.

 Il Re ha stabilito che se qualcuno sarà in grado di uccidere il drago gli darà la principessa in sposa.

 ” Il giovane senza pensarci neppure un attimo balzò fuori dall ’osteria e andò verso il fiume dove sarebbe da lì a poco giunto il drago.

 A mezzogiorno si sentì una gran puzza di zolfo, e fra fiamme e fumo apparve il drago che vide, accanto alla principessa, anche un giovane con a fianco un cane.

 “Bene, oggi mungerò il doppio!

pensò fra sé il drago.

 Ma imme­diatamente il giovane balzò addosso al drago e iniziò a decapitarlo a colpi di spada, una testa alla volta.

 Ma ogni qualvolta una testa cadeva, il drago se la riattaccava addosso con un ‘altra delle sue sette teste.

 Il giovane capì che per decapitare il drago doveva tagliare tutte e sette le teste con un unico colpo, in modo che il drago non avrebbe più potuto fare nulla di nulla.

 E così fece:

 con enormi sforzi diede velocissimi colpi di spada a tutte e sette le teste che caddero al suolo rotolando.

 Il drago era vinto e il giovane salvò la principessa che divenne sua legittima sposa.

La stessa cosa fa l’anima nel racconto della Maddalena, sconfiggendo le sette potenze che la imprigionano:

«Esse (le sette forme dell’ira) domanda­vano all ‘anima:

 “Da dove vieni, assassina degli uomini?

 Dove sei incammi­nata, superatrice degli spazi? ”.

 L’anima rispose e disse:

 “Ciò che mi lega è stato ucciso, ciò che mi circonda è stato messo da parte, la mia bramosia è annientata e la mia ignoranza è morta».

L’anima è “assassina degli uomini” perché ha sconfitto il potere che la forma umana aveva su di lei, liberandosi dai legami che la tenevano prigioniera dell’ignoranza e dell’oblio.

«D’ora in poi io raggiungerò, in silenzio, il riposo del tempo, del momento, dell’eone».

 L’anima giunge nel Regno della Luce, tappa finale del cammino gnostico.

«Detto questo Maria tacque.

 Fin qui le aveva parlato il Salvatore».

 

I dubbi dei discepoli verso la Maddalena

Terminato il racconto di Maria inizia una fase in cui tutto viene messo in dubbio.

Il primo a porre obiezioni è Andrea:

«Dite cosa pensate di quanto ella ha detto.

 Io, almeno, non credo che il Salvatore abbia detto ciò.

 Que­ste dottrine, infatti, sono sicuramente insegnamenti diversi».

L’obiezione di Andrea è tipica di coloro che non possono accettare cose che potrebbero cambiare ciò che già sanno, che potrebbero cambiare il corso degli avveni­menti religiosi di un’epoca:

lo stesso atteggiamento che ebbero i Padri della Chiesa nei confronti dello Gnosticismo.

Di tipo diverso è l’obiezione di Pietro:

«Ha egli (il Salvatore) parlato re­almente in segreto e non apertamente ad una donna, senza che noi lo sapes­simo?

 Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei?

 Forse Egli l ‘ha anteposta a noi?».

Qui, invece, siamo in presenza di un atteggiamento che “categoriz­za” i discepoli in classi d’importanza:

il discepolo femmina non può essere più importante del discepolo maschio, ragion per cui gli insegnamenti più elevati non possono che essere stati dati da Gesù a lui o, al massimo, agli altri discepoli uomini.

Chiaramente si percepisce la tendenza del tempo a considerare la donna inferiore, tendenza che comunque non appartiene alla concezione gnostica ma, piuttosto, a quella relativa alla realtà sociale del tempo.

Possiamo sintetizzare dicendo che l’obiezione di Andrea è politi- co-religiosa, mentre quella di Pietro è socio-culturale.

Straordinaria è la reazione della Maddalena, che, nonostante fosse nel giusto e nella verità, non si scaglia contro i due accusatori ma:

«Maria allora pianse e disse a Pietro:

 “Pietro, fratello mio, che cosa credi dunque?

 Credi tu che io l’abbia inventato in cuor mio, o che io menta riguardo al Salvato­re? ”».

Siamo in presenza di uno degli insegnamento del Maestro più difficili da seguire:

«Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra».

 Maria lo fa!

E prontamente Levi replica a Pietro ponendosi dalla parte della donna:

«Tu sei sempre irruente, Pietro!

 Ora io vedo che ti scagli contro la donna come fanno gli avversari.

 Se il Salvatore l ’ha resa degna, chi sei tu che la respingi?

 Non v ’è dubbio:

 il Salvatore la conosce bene.

 Per questo amava lei più di noi».

Levi fa da terzo elemento riequilibratore fra Maria e i suoi detrattori.

Infatti i discepoli:

«presero ad andare per annun­ziare e predicare».

La questione sembra risolta;

in realtà sappiamo che così non fu.

Nei se­coli a venire molte furono le vicende che posero le prime comunità cristiane in una situazione di frattura e divisione, come molte furono le circostanze che portarono l’allora movimento legato ai Padri della Chiesa a divenire gradualmente la corrente ortodossa del Cristianesimo.

La figura della Maddalena fu associata a quella dell’adultera e della prostituta di cui si parla nei Vangeli Canonici, ma ormai è opinione sempre più diffusa fra studiosi e credenti che tale associazione non sia corretta.

 

Conclusione

Nel breve documento che abbiamo passato in esame, e che porta il nome di questa straordinaria figura femminile, troviamo perle di valore inestima­bile per tutti coloro che seguono un cammino spirituale anche non cristiano:

il valore e significato del mondo materiale in rapporto a quello spirituale, il senso del peccato e del “peccare”, la funzione della figura eristica nel mon­do, la dicotomia fra l’agire in base ad una Legge o in base al cuore (a quei tempi si pensava che si potesse addirittura pensare con il cuore!

), una rap­presentazione simbolica e mitologica del percorso di ritorno dell’anima dal mondo della materia a quello del “Regno della Luce da cui tutto ha origine”, e, forse più importante di tutti, la presenza del Cristo, o Figlio dell’Uomo, dentro di noi e che «.

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chi lo cerca lo trovavi

Il Vangelo di Maria termina con la consueta dicitura che indica il titolo dell’opera.

In passato, alcuni fra i primi traduttori lessero l’espressione fina­le come “annunziare e predicare il Vangelo di Maria”, ma oggi tutti gli stu­diosi concordano nel giudicare tale traduzione erronea.

La corretta dicitura è “Vangelo di Maria”, titolo ed epilogo del più importante documento sulla figura che ha fatto molto discutere e che incarna, senza tema di smentita, l’ideale della Maestra gnostica che muovendosi dalle regioni dell’imperfe­zione realizza il Ciclo del Ritorno giungendo ad essere Erede della Luce e luminoso esempio di vita.