Basilide

BASILIDE

a cura di Luigi Moraldi

Sotto  Adriano  (117-38) e  Antonio  Pio  (138-61) ad  Alessandria diffuse la sua dottrina Basilide, seguito da suo figlio Isidoro;

le notizie che abbiamo su di lui provengono da Ireneo, Clemente Alessandrino, Origene,  Ippolito,  Eusebio.

Basilide  fu,  verosimilmente,  il  primo grande maestro gnostico cristiano aggiungendo alle sue idee gnostiche alcune dottrine cristiane nell’intento di dare a queste pieno diritto di cittadinanza in correnti ellenistiche, dotte e popolari, del tempo.

La sua attività letteraria fu notevole:

scrisse un «vangelo», salmi, odi (dei quali non  ci  giunse  nulla)  e  24 libri  di  Exegetica, ove  probabilmente spiegava il  suo  Vangelo, dei  quali  abbiamo  pochi  frammenti  del ventesimo libro, citati da Clemente Alessandrino, e un frammento del tredicesimo, citato da Egemonio; Eusebio, in una brevissima notizia, ci informa ancora che Basilide inventava profeti, mai esistiti, ai quali dava nomi «barbari» (ad es., Barcabbas, Barkof) per fare impressione sui suoi seguaci;

che a questi imponeva il silenzio per cinque anni, come Pitagora, e qualche altra notizia, che si vedrà qui appresso;

ma soprattutto Eusebio tramanda il nome del maestro cristiano che per primo  confutò Basilide, cioè Agrippa Castore «uno scrittore  allora molto noto» 

Scrittore non meno fecondo del padre, fu il figlio Isidoro, del quale si conoscono i titoli di tre opere:

Etica, Sull’anima avventizia, Interpretazione del profeta Parchor, delle quali sappiamo soltanto ciò che ci ha tramandato  Clemente Alessandrino il quale, succeduto a Panteno nella direzione della scuola catechetica di Alessandria intorno all’anno 200, dimostra di essere molto bene informato su Basilide e su Isidoro.

Tuttavia sulla loro dottrina generale abbiamo solo due fonti, Ireneo e Ippolito, molto diverse l’una dall’altra.

Ireneo  su  Basilide e  i  basilidiani ci  ha trasmesso  una  notizia  sintetica  e  incompleta,  e  questo  si  deve probabilmente   al   contesto   nel   quale   ha   inquadrato   Basilide. Comunque, secondo Ireneo, questo è il sistema di Basilide:

1. Dal Padre ingenerato è sorto l’Intelletto, da questo il Logos, da  esso il Pensiero,  da  esso Sofia,  «Sapienza» e  Forza, da  questi  le  Virtù, gli Arconti, gli angeli, dai quali è stato fatto il primo cielo e altri angeli, in una  successione a  catena, cieli e  angeli, fino a  365 cieli, donde  il numero dei giorni dell’anno;

l’ultimo cielo è quello che noi vediamo, e i suoi angeli sono i creatori del mondo e i suoi reggitori;

2. Il capo di questi angeli creatori è il Dio dei Giudei; ogni angelo aveva il dominio di una regione e del suo popolo, però l’angelo (il Dio) dei Giudei volle sottomettere al suo popolo tutti gli altri popoli perciò a lui si opposero tutti gli altri angeli, e i loro popoli si eressero contro il suo;

3. Per ovviare alla rovina di tutti, il Padre mandò il primogenito, cioè l’Intelletto, che è chiamato Cristo; chi crede in lui è liberato dal potere degli angeli creatori:

egli apparve sulla terra come un uomo e compì prodigi, ma non ha patito:

trasformò Simone di Cirene di modo che fosse creduto Gesù, ed egli assunse l’aspetto di Simone:

derideva i crocifissori convinti che fosse Gesù a portare la croce  e  a  essere  crocifisso;  

Gesù  quindi,  invisibile  a  tutti,  risalì, «deridendoli», a colui che lo aveva mandato;

4. La conoscenza di tutto ciò è liberatrice dagli arconti creatori;

non la fede in colui che fu crocifisso, ma la fede in colui che fu creduto crocifisso ed è venuto in aspetto umano;

perciò chi crede nel crocifisso, è ancora schiavo e sotto il potere dei creatori del mondo;

5. Il corpo è per natura votato alla corruzione, la salvezza è solo per l’anima;

6. Le profezie dell’Antico Testamento sono opera degli arconti, mentre la Legge deriva dal loro capo che trasse gli Ebrei dall’Egitto;

7. Distinguono le posizioni dei 365 cieli, cercano ed espongono i nomi  dei  loro  angeli;  

il  capo  dei  cieli è  Abrasax;

il nome del mondo nel quale venne e dal quale salì il Salvatore è Kaulakau (= «speranza su speranza»);

8. I seguaci di Basilide sono inafferrabili da tutti gli angeli, non debbono essere conosciuti:

«Tu abbi conoscenza di tutti, ma nessuno ti conosca»  ;   

i  loro  segreti  debbono  essere  custoditi  dal  silenzio;

«affermano di non essere più Giudei, ma non ancora Cristiani»

Anche per i basilidiani, Ireneo rileva l’amoralità, la magia, il culto delle immagini.

La notizia di Ippolito su Basilide è molto più lunga, complessa, e posta in relazione con la filosofia di Aristotele (aspetto, questo che caratterizza la prospettiva di Ippolito secondo la quale  l’eresia  cristiana  è  frutto  di  un  influsso deformante  di  una particolare corrente del pensiero greco).

1. All’inizio  non  c’era  nulla, assolutamente  nulla;

il Dio «non esistente», cioè inafferrabile, assolutamente trascendente, al di là di ogni determinazione umana, volle – per così dire – creare il mondo, naturalmente, dal nulla nulla, nel senso di consustanziale a se stesso;

non il mondo che noi vediamo, bensì depose un seme che aveva in se stesso tutto  il mondo (come un chicco di grano o un uovo contiene tutta la pianta o tutto l’uccello);

2. Da questo seme emanò una triplice filialità consustanziale al Dio non esistente: una parte, cioè la prima filialità, era sottile e se ne andò subito «al non esistente» poiché tutta la natura è presa dal desiderio di lui (questa filialità è identificata con il Figlio);

la seconda filialità (cioè il Cristo pleromatico o Cristo superiore) era più greve e tardava a uscire e, uscita, non riuscì a salire, perciò ebbe bisogno delle «ali» dello Spirito santo; ma giunta vicino alla prima filialità e al Dio non esistente, non potè tenere con sé lo Spirito perché non consustanziale alla filialità e di natura diversa;

3. Pur nella sua singolarità, questa concezione dello Spirito (che lo assimila  all’elemento   psichico),  mantiene   due   dati   fondamentali comuni ad altre correnti gnostiche: il rapporto col Cristo Salvatore (=la seconda filialità) e con la colomba del battesimo di Gesù, e la funzione di collegamento tra la seconda filialità e la terza, come si vedrà.

Lo Spirito, allontanatosi dalla seconda filialità, non le restò totalmente estraneo: come un profumo (la seconda filialità) separato dal vaso (= lo Spirito) lascia in esso qualcosa di se stesso, così lo Spirito – «privo della filialità e separato da lei» –  conserva ancora l’aroma della filialità, aroma che tende verso l’alto;

lo Spirito, disceso dalla seconda filialità, rimase in una posizione mediana, restò qual «firmamento» «posto tra le regioni sopramondane e il mondo» conservando sempre in se stesso l’aroma della filialità;

4. Prosegue, allora, l’evoluzione del seme primitivo generando il grande arconte: questi si innalzò fino al firmamento (credendo che fosse l’altezza massima), procedette alla creazione del suo mondo, cioè i  cieli delle stelle fisse e dei pianeti (=ogdoade), e di un figlio «più sapiente e potente di lui», cioè l’anima di quel mondo etereo, che pose alla sua destra:

questo demiurgo portò a compimento la creazione del mondo etereo, o celeste (inferiore);

5. Una volta ordinate  le realtà eteree (= l’ogdoade),  dal seme primitivo scaturì un altro arconte, minore del primo, creatore e ordinatore di tutto il mondo sublunare (= l’ebdomade) fino alla terra;

anche questo genera un figlio più saggio di lui (= l’anima di questa parte del mondo).

Si noti che ognuno dei due arconti rappresenta un aspetto del Dio dell’Antico  Testamento a un diverso livello, e che è ripetutamente sottolineato come tutto ciò che compiono i due demiurghi era stato preordinato dal «Dio non esistente», quando aveva posto il seme del tutto:

«tali esseri nessuno li crea, li governa, li cura; a loro basta il pensiero del non esistente…»;

6. Nel seme primitivo («nella deformità dell’ammasso»)  vi era ancora la terza filialità:

era ignorata dagli arconti, eppure era in una situazione di dolore e di ardente  attesa di risalire al di sopra dello Spirito, dolore e attesa condivisa da tutto  il creato;

regnava il peccato (= l’ignoranza),  «tutta  la verità era custodita in segreto silenzio», mistero celato a tutte  le «generazioni precedenti», regnavano i grandi arconti e da loro provenivano le profezie dell’Antico Testamento;

quaggiù, a reciproco vantaggio si trovano gli spirituali (i pneumatici) e gli psichici;

7. Come la benzina («la nafta dell’India») attira il fuoco, così «dal basso, dalla  deformità  dell’ammasso»,  le  «potenze» (gli  aneliti,  i pensieri) della terza filialità erano  protesi verso l’alto  alla seconda filialità;

e, dall’alto, dalla seconda filialità, discesero verso il basso altri pensieri, cioè la rivelazione:

ambedue questi movimenti passano attraverso lo Spirito e questo come trasmette alla seconda filialità gli aneliti provenienti dal basso, così trasmette «i pensieri della filialità» al più vicino a lui, cioè al figlio del grande arconte e, gradatamente, «l’istruzione, la luce, la voce, il vangelo, la rivelazione del mistero» discese, istruì, illuminò l’ogdoade, l’ebdomade  e tutti i loro spazi, le loro creature e i 365 cieli col loro capo Abrasax;

«il vangelo venne nel mondo e passò attraverso  ogni principato, potestà, signoria e ogni nome che viene nominato» sicché tutto collaborò, tutto essendo pronto a collaborare, alla salvezza, primi fra tutti il grande arconte e suo figlio;

8. Restava ancora  esclusa dalla luce la  filialità rimasta  «nella deformità  come un  aborto» ;  

allora  la  luce  discesa dall’alto  scese dall’ebdomade «su Gesù figlio di Maria», «lo Spirito santo scenderà su di  te,  cioè  dalla  (seconda) filialità  passando  attraverso  lo  Spirito intermedio sull’ogdoade e sull’ebdomade  fino a Maria, e la potenza dell’  Altissimo  ti  adombrerà, cioè  la  potenza  della separazione…» ;  

il mondo resterà così fino a quando tutta  la filialità (i pneumatici  o  spirituali) lasciata quaggiù a  beneficare le anime della deformità (gli psichici) e a essere da loro beneficata, avrà ricevuto la sua formazione, seguirà Gesù, sarà purificata dallo Spirito santo, «diventerà sottilissima, tanto  da salire in alto da sé come la prima filialità», cioè fino che si verifichi per essa (per i pneumatici) quanto si realizzò per la seconda filialità;

i pneumatici sono avvolti, quaggiù,  da  un  rivestimento  psichico e,  nel  momento  della  loro reintegrazione, la  filialità  (seme  divino)  ritorna  al  mondo  divino, mentre  l’anima,  cioè  la  parte  psichica, resta  quaggiù  nel  mondo psichico (come la seconda filialità lasciò dietro di sé lo Spirito santo);

9. Il vangelo è la conoscenza delle realtà sopramondane (il dio supremo, le filialità, lo Spirito santo limite) che col doppio movimento dall’alto  in  basso e  dal  basso in  alto  furono  rivelate  al  massimo arconte, all’ogdoade, a l’ebdomade, e a questa estensione che è da noi, dove c’è  deformità;

Gesù, dunque, venne per separare, principio di separazione, principio della distinzione:

occorreva che «gli elementi confusi insieme fossero separati secondo la loro specie, dalla divisione di Gesù;

in Gesù patì la sua parte corporea» proveniente dalla deformità e  ritornò  alla deformità, cioè alla terra;

risorse la parte psichica proveniente  dall’ebdomade  andando  distintamente  in  ogni parte dei tre livelli nei quali è ripartito il mondo psichico (o celeste) parti che assunse Gesù nella sua discesa per operare la redenzione:

questi  livelli psichici sovrapposti sono, dall’alto,  «lo Spirito santo, l’ogdoade, l’ebdomade»;

l’elemento divino di Gesù (la terza filialità) ritornò nel mondo divino.

La reintegrazione comporta la completa separazione degli elementi che si erano mescolati nel mondo;

questa separazione avvenne in Gesù dopo la passione quando ogni parte ritornò alla sua sede naturale;

il vangelo «venne realmente, eppure nulla discese dall’alto, né la beata filialità si allontanò dall’incomprensibile Dio beato non esistente»;

10. Gesù è il primo frutto della divisione tra specie e specie, e la sua passione ebbe luogo allo scopo di distinguere, secondo la loro specie, gli elementi confusi ;

è così che «tutta la filialità, lasciata giù nella deformità per dare e ricevere benefici, deve essere distinta in specie diverse allo stesso modo in cui fu distinto Gesù».

E il resto della creazione (ogdoade, ebdomade, il mondo) che fine avrà, dopo essere stato strumento della rivelazione ?

«Allorché tutta la filialità sarà giunta e si troverà al di sopra del limite, cioè dello Spirito, allora la creazione troverà compassione» ; 

prima, infatti, gemeva, si angustiava, era in estenuante attesa, ma appena si sarà realizzato il ritorno dei «figli di Dio», degli «uomini della filialità», allora il Dio supremo  stenderà  su  tutto  l’universo  «la grande  ignoranza»:  

ogni essere rimarrà  nella sua  condizione naturale,  non  avrà  conoscenza delle realtà sopramondane, non vi sarà alcun desiderio di ciò che è al di là della propria natura, nulla conosceranno di superiore e migliore del loro spazio; tutte le anime degli uomini psichici – privi cioè della terza  filialità  o  seme  divino  –,  «destinate  per  natura   a  essere immortali» soltanto quaggiù, «rimarranno quaggiù», nulla conoscendo di superiore e migliore del loro spazio.

Dunque, dopo la grande rivelazione operata dall’alto, dallo Spirito ecc. per mezzo di Gesù, il grande oblio si stenderà sull’universo per volere del Dio supremo;

oblio che da una parte reintegra al loro posto tutti gli esseri conforme alla loro natura, dall’altra elimina il tormento, i  desideri di cose impossibili, il dolore e l’angoscia:

non vi saranno desideri impossibili come se «un pesce volesse pascolare sui monti con le pecore: tale desiderio sarebbe la loro rovina».

Gli psichici (uomini, arconti, ecc. ecc.) resteranno  nel mondo  di quaggiù secondo la loro natura,  paghi delle conoscenze della loro natura, ignari di tutto ciò che li sovrasta.

«Così avrà luogo la reintegrazione di tutte le cose stabilite secondo natura in principio nel seme dell’universo,  reintegrate  nei momenti che loro competono… ogni cosa ha il suo momento…».

Molti sono gli aspetti singolari di questa dottrina; qui ci interessano in particolare:

la concezione dell’universo come sviluppo di un seme iniziale, la consustanzialità degli spirituali (i pneumatici) col divino e quindi la loro naturale sofferenza (se lontani) e l’attrazione, l’interesse che è accordato non solo alla sostanza spirituale (filialità), ma anche alla psichica (compresi gli arconti di ogni grado), la singolarità degli arconti – ignari ma non ribelli – illuminati e attori della redenzione, ma poi ritornati nel loro oblio conforme alla loro natura, gli aspetti della redenzione operata dal Cristo e la persona di Gesù, il senso della reintegrazione di tutto, il gemito e l’anelito dei pneumatici verso il divino, l’oblio che dopo la redenzione si stende su tutti eliminando così (con l’ignoranza) ogni motivo di dolore, ecc.

Tutta la seconda parte di questa notizia di Ippolito è presentata da Basilide come un commento allegorico a molti testi biblici dell’Antico, ma soprattutto  del Nuovo Testamento, mentre la prima è, in modo pressoché esclusivo, incorniciata da riferimenti alla filosofia greca.

a cura di Luigi Moraldi