a cura di Luigi Moraldi
La voce degli gnostici di Nag Hammadi segna una data fondamentale per la loro conoscenza: basta confrontare qualcuno dei nostri testi con le relazioni che delle varie correnti dello gnosticismo ci hanno tramandato gli eresiologi.
La differenza è enorme; non intendevano propagandare lo gnosticismo, ma – al contrario – rilevarne l’incompatibilità con il Cristianesimo ortodosso.
Non è una scoperta che i sistemi gnostici siano stati molti; lo sapevano bene gli eresiologi Ireneo, Ippolito, Epifanio, come si è visto all’inizio.
Non esagerava Tertulliano allorché parlava delle «foreste degli gnostici».
Una brevissima sintesi, un abbozzo, si può tracciare come segue.
Vi è una profonda spaccatura tra questo mondo e l’esistenza dell’Essere Supremo, «la Luce» ; un profondo dualismo anticosmico secondo il quale il male è proprio questo mondo il quale non proviene dall’Essere supremo.
Il punto di partenza è rappresentato da più princìpi, ad es. luce e tenebre, oppure da uno solo, come ad es. nel sistema di Basilide.
Nella grande maggioranza dei sistemi (ad es. non in Basilide) vi è una caduta dalla sfera divina nel mondo: a cadere può essere un maschio («l’uomo interiore» o «Adamo» per i Naasseni, Elohim per il libro su Baruc di Giustino) o una femmina, Sofia, per motivi erotici (Prunicos = lasciva) o per il desiderio di essere come il Padre Supremo.
Diverse pure le speculazioni sulle modalità che portarono il divino quaggiù nel mondo: Sofia che lo comunica al suo «aborto» ( Jaldabaoth) il quale inconsciamente lo immette nell’uomo; oppure Sofia che, dall’alto, lo immette in certi uomini.
Il signore, il creatore di questo mondo, il demiurgo, detto generalmente Jaldabaoth, proviene da un essere caduto dal quale ebbe pure una particella di luce della sfera divina, particella che deve ritornare in patria: spesso costui è all’origine del male, la sua sorte è presentata in diversi modi, sempre è ignorante, e identificato col Dio dell’Antico Testamento.
Che «l’io» dell’uomo appartenga alla sfera del divino è espresso generalmente con la designazione del «primo uomo» nella sfera della luce; ma la stessa designazione a volte indica l’Essere supremo (di qui l’identificazione tra la più intima essenza dell’uomo e il divino Uomo Primordiale); ma altre volte, raramente, «uomo – primo uomo – Adamos – Adamo» è identificato col «Salvatore» («… per opera di questo uomo immortale gli uomini ottengono la salvezza…».
«L’io» divino nell’uomo pneumatico (spirituale) è incapace di svincolarsi dalle catene che lo avvincono alla materia, incapace di svegliarsi dal sonno, ecc.: ha bisogno di un risveglio di un insegnamento ecc., proveniente dalla sfera del divino; molti sistemi gnostici hanno un «Salvatore» che viene dal mondo della luce.
Nei sistemi gnostici cristiani è, naturalmente, Gesù Cristo che ha la parte decisiva nella salvezza (il Salvatore è sempre distinto dal Padre o Essere Supremo): e qui incontriamo una lunga serie di varianti.
Su Gesù discende il Cristo durante il Battesimo, Gesù Cristo annunzia il Padre, prima della sua crocifissione il Cristo ritorna al Padre; l’espressione più semplice è quella di Basilide; Gesù Cristo salva annunciando il Padre, ecc. o presentandosi come modello da seguire operando la grande separazione e predicando; comunque la redenzione non dipende dalla realtà o meno della morte in croce: «Come può morire il corpo nel quale c’è la Vita?… È dunque con inganno che si compì la manovra contro la morte»; complessa ancora è la dottrina di Valentino con la suddivisione del pneumatico e dello psichico; una forma interessante è quella del «salvatore salvato» e le direzioni prese su questo problema centrale sono molte (vedi Trattato Tripartito, Discorso del Grande Seth, Tre Stele di Seth, Pistis Sophia).
A questo proposito, scrisse Ireneo: «La redenzione perfetta è la stessa conoscenza della Grandezza inesprimibile; in quanto dall’ignoranza trassero origine la caduta (o il bisogno) e la passione, ed è per mezzo della gnosi che sarà abolito ogni stato derivante dall’ignoranza.
È dunque la gnosi, la redenzione dell’uomo interiore.
Redenzione che non è somatica, poiché il corpo è corruttibile, non è psichica, poiché anche l’anima deriva dalla caduta ed è soltanto l’abitacolo del pneuma; così essa è necessariamente pneumatica.
È per mezzo della gnosi che l’uomo interiore o pneumatico è redento; e a costoro basta avere la conoscenza di tutte le cose: questa è la vera redenzione».
Lo gnosticismo cristiano menziona e pratica (e attende) anche i sacramenti del battesimo, dell’unzione, del sigillo, dell’eucarestia, e della camera nuziale: ricorrono spesso anche nei testi di questa breve raccolta (le Tre Stele di Seth, Pistis Sophia).
Ma si può scendere ai particolari dai quali emerga una linea caratterizzante lo gnosticismo, soprattutto quello che interessa la nostra raccolta, e facilita l’ingresso nel mondo ideale degli gnostici.
Come dice il termine greco la gnosi è conoscenza; ma non ogni conoscenza è «gnosticismo» ; la gnosi dello gnosticismo è una conoscenza particolare sia per l’oggetto, sia per lo scopo che si prefigge, sia ancora per i mezzi dei quali si serve.
L’oggetto, e con esso anche lo scopo, è espresso in modo conciso e chiaro:
«Non è soltanto il bagno (= il battesimo) che è liberatore, ma anche la gnosi.
Chi eravamo ?
Che cosa siamo diventati ?
Dove eravamo?
Dove siamo stati gettati?
Qual è il fine verso il quale corriamo?
Donde siamo stati riscattati?
Che cos’è la generazione?
E la rigenerazione?»
Lo scopo è, dunque, la salvezza.
1. I mezzi non sono primariamente razionali (la gnosi dello gnosticismo non è filosofia), ma una conoscenza di intuito e di rivelazione (esempio tipico è l’Apocrifo di Giovanni).
«Colui che è venuto dalla Profondità ha annunziato ciò che era nascosto… (il Padre) l’ha mandato affinché parlasse del luogo e del riposo dal quale venne».
Affermare che lo gnosticismo non si fonda primariamente sulla ragione, non significa assolutamente che esso la rifiuti: sarebbe un misconoscere i molteplici e profondi apporti dei maestri gnostici nel campo che concerneva la loro riflessione.
2. La gnosi dello gnosticismo è una conoscenza religiosa che «implica l’identità divina del conoscente… del conosciuto… e del mezzo per cui egli conosce»
3. Cardine fondamentale dello gnosticismo è il principio che nell’uomo (non in ogni uomo, come si vedrà) c’è un elemento divino (scintilla, seme divino, pneuma o spirito, ecc.) per cui egli tende all’Essere Supremo, donde è venuto.
Ma questo elemento divino, all’interno dell’uomo, dorme, è dimentico della sua origine, è nell’oblio, è racchiuso come in una tomba, in un carcere ; non solo, ma è «come oro posto nel fango».
4. Urge perciò che sia svegliato, che le catene dalle quali è avvinto siano spezzate, che sia liberato dal carcere: risveglio che può avvenire soltanto per mezzo di una «chiamata dall’alto» (dato che egli ignora se stesso): qui ha inizio la rivelazione e la conseguente conoscenza.
La prima conoscenza dell’uomo al quale giunse la rivelazione è la conoscenza di se stesso.
«Quand’ero un piccolo fanciullo, dimoravo nel mio regno, nella casa di mio padre…
…(i miei genitori) Mi tolsero la veste scintillante che nel loro amore mi avevano fatto…
… Fecero con me un contratto e lo scrissero nel mio cuore affinché non fosse dimenticato:
“Se tu discenderai in Egitto e porterai la perla che è in mezzo al mare, attorno al serpente sibilante…”
… Io lasciai l’Oriente e discesi (in Egitto).
Andai diritto dal serpente e mi fermai presso la sua dimora nell’attesa che si appisolasse e dormisse per portargli via la perla.
Allorché fui unico e solo, divenni estraneo alla mia famiglia…
… Indossai le loro vesti affinché non mi avessero in avversione, essendo giunto dall’estero…
… Io dimenticai che ero figlio di re e fui al servizio del loro re.
Dimenticai la perla…
giacqui in un sonno profondo…
… Si accorsero i miei genitori
… Mi scrissero una lettera…
… Ricordati che sei figlio di re!
Considera la schiavitù a cui sei sottoposto!
Ricordati della perla…».
In queste antichissime righe troviamo tre tratti essenziali dello gnosticismo: natura divina, discesa quaggiù nell’oblio e schiavitù, rivelazione e risveglio.
5. Dalla conoscenza di se stesso, del suo essere profondo, del divino che è in lui, nasce tristezza e angoscia: «è oro nel fango».
Si sente immerso nella materia in modo inestricabile; solo ora si accorge della «miscela» in cui si trova.
Vive il taedium mundi.
Ostilità nel mondo e ostilità nel suo proprio corpo.
Gli elementi pneumatici e gli ilici (spirituale e materiale) sono uniti: ma gli uni hanno origine da Dio e suscitano il desiderio insopprimibile del ritorno all’origine, gli altri rappresentano «l’anti-Dio», la loro origine è il male e hanno uno strapotere.
Lo gnostico (pneumatico), pur profondamente pessimista, non può non desiderare la salvezza, tendere alla sua origine.
6. Del mondo, lo gnostico ha sempre una valutazione negativa; la sua origine non è da Dio, ma da un demiurgo, o contro il volere di Dio o per ignoranza, è il risultato di una mancanza, di un desiderio disordinato, o di un incidente sfortunato.
Lo gnostico è profondamente nemico del mondo; non vede in esso un cosmos (== ordine e bellezza), ma un esilio che acuisce in lui l’angoscia e il desiderio della patria lontana.
Il mondo è dominato dalla malvagità non solo per la forza dei sensi, ma per lo strapotere del Destino che (in accordo con correnti astrologiche e di filosofia popolari del tempo) gli gnostici consideravano rappresentato dalle stelle e, soprattutto, dai sette pianeti (Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno) e dai dodici segni dello zodiaco: i sette e i dodici che soggiogano l’uomo e ne fanno un loro schiavo.
Anche il Salvatore per attraversare tutto questo mondo intermedio che sovrasta la materia deve camuffarsi.
Le stesse leggi del mondo, della società, non possono essere condivise dallo gnostico: al suo «Io» divino può comandare soltanto l’Essere Supremo, sorgente e patria del suo essere; mentre le leggi di quaggiù sono leggi dell’esilio, leggi del demiurgo, dei suoi arconti, dei suoi demoni.
7. «Chi eravamo?
Dove eravamo?
Dove siamo stati gettati?».
Il mondo, nel suo complesso – nell’uomo e fuori di lui – è l’espressione del male, del fango, della malvagità.
Una delle ansie dello gnostico è: «mai più nel mondo!».
Il terrore della reincarnazione, della metensomatosi; al di là della necessità della morte, è inquieto sulla prospettiva del ritorno: lo gnostico è teso verso l’immutabile, verso il trascendente.
Ma la via è lunga, il cammino difficile (vedi ad es. l’opera Pistis Sophia).
Anche lo gnostico deve essere formato, ha da ricevere la sua forma quaggiù: l’oro non cambia, ma è contaminato e deve venire purificato quaggiù.
8. Il Dio Supremo al quale lo gnostico giunge con la conoscenza del proprio «Io profondo» – seppure è una parte di se stesso per la scintilla divina, per la «luce» e per il «profumo» di lui, che ha in sé – è lontano, è inconoscibile, è il «Grande Straniero» ; nessuna conoscenza può giungere fino a lui.
Perciò nello gnosticismo è generalmente descritto in termini negativi: «… nessuna luce degli occhi lo può vedere… non è lecito rappresentarselo… nessuno è al di sopra di lui…»;
non si può dire neppure che egli è perfetto e beato, perché è «molto di più»
perciò si può dire che è «il non esistente»: nel senso che il suo essere non è conosciuto, non appartiene al genere di esistenza a noi noto.
Se si dice che «è buono» è «perché dà la bontà», che «è vita» è «perché dà la vita», non perché si conosca la «sua» bontà, la «sua vita».
«L’Io» dello gnostico, «l’oro» che ha in sé, quel suo «profumo» divino, non è creato: è dato; è una parte dell’Essere Supremo, che – nell’uomo – deve essere purificato dal fango.
Dalla conoscenza di sé alla «conoscenza» di Dio; è dalla sfera del divino che deriva lo gnostico, il cui pressante anelito è dunque il «ritorno», l’immedesimazione con Dio (vedi ad es. le Tre Stele di Seth):
«Entrate, dunque, nel riposo con me, voi, miei amici spirituali ed eterni fratelli!» (Discorso del Grande Seth).
Valentino si rivolse ai pneumatici (= gnostici) con le parole: «Fin dall’inizio siete immortali e figli della vita eterna, e avete voluto che la morte fosse divisa tra voi per consumarla e dissolverla: la morte è morta in voi e per voi.
Infatti, allorché dissolvete il mondo, voi non siete dissolti, ma dominate sulla creazione e su tutta la corruzione».
9. L’umanità è divisa in tre grandi classi: pneumatici (= spirituali- gnostici), psichici, ilici.
Nei primi domina il pneuma (= lo spirito), nei secondi la psiche (= l’anima), negli ultimi la yle (= la materia).
Gli ilici, rappresentati dalla grande maggioranza dell’umanità, sono dominati dalla materia, e per loro non c’è salvezza, non possedendo nulla di divino;
gli psichici costituiscono la classe intermedia, la loro sorte dipende dalla libera tendenza: se si accomunano agli ilici, ne seguono pure la rovina; se tendono a un livello superiore, giungeranno a una salvezza intermedia, inferiore; (il loro «Io» non è divino);
solo i pneumatici, cioè gli gnostici, hanno il seme divino, solo a loro giunge la «chiamata» («Ricordati che sei figlio di re !»), solo a loro riguardo si parla di «sonno», di «oblio», di «prigione», ecc., solo loro hanno il «piacevole ricordo» della patria lontana e sono «quelli del pensiero» (o «del ricordo»), solo per loro è la salvezza.
Ma quaggiù, hanno tutto il peso dell’angoscia, del taedium mundi, la stressante attesa, la purificazione, ecc. che manifestano anche in esperienze mistiche, specialmente nei riti liturgici:
«… Ci rallegriamo perché ci hai illuminato con la tua conoscenza.
Ci rallegriamo perché ci hai manifestato te stesso.
Ci rallegriamo perché quando eravamo nel corpo, tu ci hai reso divini con la tua conoscenza…
Ti presentiamo una domanda: che siamo preservati nella conoscenza.
Desideriamo una protezione: che non inciampiamo in questo genere di vita. – Dette queste cose nella preghiera, si abbracciarono vicendevolmente, e andarono a mangiare il loro sacro cibo, nel quale non c’è sangue» (Preghiera di Ringraziamento).
10. Da quanto precede si constata che gli gnostici non erano chiamati come persone isolate: nella loro coscienza sentono, hanno pure coscienza delle scintille dell’unica grande Luce, il Padre, e contemporaneamente sentono la loro unità.
Costituiscono il riflesso terrestre dell’unica grande Chiesa, la celeste, divina, la Chiesa angelica.
«Vi sceglierò uno da mille e due da diecimila; staranno ritti perché sono uno solo».
Scintille divine distinte, convergenti verso l’originaria unità (il pleroma, la pienezza, il divino):
«I nostri angeli furono emessi nell’unità, perché sono uno, in quanto promanano dall’Uno.
Poiché noi siamo in una condizione divisa, per questo Gesù fu battezzato, per dividere l’indivisibile fino a quando ci unisca a essi (agli angeli) nel pleroma, affinché noi – i molti – divenuti uno, siamo tutti uniti all’uno che fu diviso per causa nostra»;
gli gnostici sono frammenti di un solo Nome.
Alla fine del mondo presente si realizzerà il «ritorno» in patria, l’ingresso nella fonte d’onde erano partiti.
11. Due elementi strettamente collegati e interdipendenti caratterizzano ancora lo gnosticismo: l’origine di questo mondo e la caduta di «scintille» divine; con essi, per una certa logica connessione, l’origine dello stesso mondo celeste (non del Dio Supremo inconoscibile), e del mondo intermedio.
Di qui la suddivisione dell’universo in tre spazi, il moltiplicarsi di entità, nel mondo celeste (degli eoni), nel mondo intermedio (degli arconti), nel mondo di quaggiù; di qui i diversi miti sulla caduta, sulla degradazione del divino, ecc.
Questo settore, tutt’altro che secondario, è quello nel quale più frequentemente si manifesta la dipendenza dello gnosticismo dalle conoscenze cosmologiche, astrologiche, mediche, ecc., del tardo antico; ed è quello nel quale incontriamo le diverse e singolari interpretazioni dei primi capitoli della Genesi.
Per strani, fantastici, non sempre chiari, ci sembrino questi miti, essi sono comunque essenziali per la gnosi gnostica: è partendo da questi, ad es., che si comprende l’angoscia, la ribellione radicale, la valutazione nettamente negativa del mondo e della società, la tensione verso la patria lontana e il taedium vitae.
E nei testi qui presentati tutto ciò è ampiamente documentato; si veda, ad es.: l’Origine del Mondo, la Natura degli Arconti, ecc.
12. Un problema notevole è il rifiuto di questi gnostici cristiani verso l’Antico Testamento.
Per una parte esso è dovuto proprio al fatto che in esso è presentato un Dio creatore di questo mondo – prigione odiata e temuta – e – dall’altra – è dovuto alle sue leggi, o alla sua Legge, e alle peculiarità che più emergono da esso (ira, vendetta, particolarismo, ecc.).
Anche là dove ne sono accolte parti considerevoli, sono in gioco motivi particolari (cfr. Pistis Sophia e Trattato Tripartito)’, da essi c’è ben poco o nulla da trarre in merito all’accoglimento di tutto l’Antico Testamento, anche se la metodologia gnostica generalmente non è diversa da quella di scrittori cristiani ortodossi della Grande Chiesa (ad es. Clemente Alessandrino, Origene, ecc.).
Quanto illustrava il loro pensiero erano disposti ad accogliere da Omero, da Platone, da ogni altro con accorte interpretazioni allegoriche, spesso distorte, ma erano in buona compagnia con tanta parte della cultura del tempo: senza risalire alle diverse interpretazioni di Omero o di Platone, allora in corso, basti pensare ai commenti biblici o pesharim che leggiamo nei manoscritti esseni, ai quali per più versi gli gnostici erano collegati che vedevano nei profeti dei semplici portatori della parola divina, da loro non compresa, il cui senso fu rivelato soltanto secoli più tardi al Maestro di Giustizia.
13. L’abuso del sesso, il libertinaggio, l’amoralità degli gnostici è un luogo tanto comune quanto falso.
Gli eresiologi sono in gran parte responsabili di questo topos.
Dall’affermazione che gli gnostici (= i pneumatici) erano salvi per nascita, ne deducevano che il comportamento etico era per loro indifferente; deduzione corroborata dal fatto che essi rifiutavano la legislazione anticotestamentaria, e dalla negazione del valore di ogni legge esterna, estranea alla scintilla divina (ad es. per Isidoro, la legge del mio e del tuo), in fine dalla proclamazione di indifferenza verso il comportamento esteriore in quanto connesso alla materia o comunque da essa dipendente.
Una componente dei loro miti è sessuale, ma sempre per riprovarla (e con una chiara tinta encratita); leggi fondamentali, per gli gnostici, erano la fede e Vamore reciproco.
La frase di Ireneo: «Tra loro, i più perfetti commettono impunemente ogni azione proibita…» è certamente sommaria; ed anch’egli parlando proprio dei Carpocraziani, afferma che, secondo loro, «è per mezzo della fede e dell’amore che si ha la salvezza; tutto il resto è indifferente».
Ci troviamo in un argomento delicato non per l’argomento in se stesso, ma per il modo in cui l’affrontarono gli gnostici.
Da una parte ne parlano, anche con ampiezza, per riprovarne l’abuso, e spesso lo stesso uso, diretti dall’encratismo dominante certi settori culturali (e non solo cristiani); dall’altra – non essendovi alcun dubbio che in questo periodo del tardo antico il sesso era un tema piuttosto dominante come ai nostri giorni – non c’è motivo di porre in dubbio che qualche ramo della «selva gnostica» ne possa avere abusato fino all’infamia, portando alle estreme conseguenze i princìpi su esposti, distorcendoli totalmente.
È a ogni modo significativo il fatto che nei testi di Nag Hammadi non sia attestato nulla di simile.
Anche la comunissima espressione «maschio» e «femmina» è intesa soltanto in senso gnostico; la divisione «maschio» e «femmina» non rispecchia l’origine: sia l’uno che l’altra, da soli, sono imperfetti.
All’origine c’era l’unità.
Di qui l’immagine delle «sizighie», o coppie maschio-femmina, che non hanno nulla a che vedere col sesso, comunemente inteso.
In breve ci si trova nella situazione centrata assai bene da san Paolo e proprio a suo riguardo (questo è significativo!): «Diversamente non bisognerebbe, forse, dire: – Facciamo il male, affinché ne derivi il bene – come ci si calunnia e come alcuni ci fanno direi».
E ancora: «Quanti foste battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.
Non c’è più né Giudeo né Greco, non c’è più né schiavo né libero, non c’è più né maschio né femmina: tutti voi siete uno solo in Cristo».
Coloro che formarono la Biblioteca erano gnostici cristiani, e molti dei loro scritti erano stati composti in greco da cristiani; per altri testi è difficile pensare ad autori cristiani: alcuni seguono le linee dei dialoghi di iniziazione di Ermes Trismeghistos, altri sono chiaramente ermetici; di un certo numero si discute se si tratta o meno di testi gnostici, non essendo tutti gli studiosi concordi su di una definizione delle caratteristiche fondamentali dello gnosticismo.
Ma a ben guardare questa non è una questione che si possa lasciare irrisolta: dipende dalla lettura che se ne faceva, dall’interpretazione che se ne dava, dalle caratteristiche gnostiche degli altri scritti.
Testi non gnostici, come ad es. le Sentenze di Sesto, potevano assai bene venire letti e interpretati in modo gnostico, come una orientazione chiaramente gnostica è data ai tanti tratti citati dalla Bibbia.
Il che era tanto più facile per opere ermetiche.
Testi come Zostrianos, e con esso alcuni altri acuiscono lo stesso problema; ma il sincretismo diffuso di tutta quella epoca, sostenuto da un profondo sentimento ecumenico, sincretismo che identificava, ad esempio, Seth con Gesù, non si vede come non potesse compiere la stessa identificazione a proposito di Ermes, Zoroastro, ecc., trovando in essi istanze congeniali al Cristianesimo.
Questo processo di assunzione e «cristianizzazione» è letterariamente attestato da alcuni scritti come l’Apocrifo di Giovanni, la Natura degli Arconti, il Vangelo degli Egiziani, la Sofia di Gesù Cristo, ecc.
Questo sincretismo degli gnostici cristiani era dettato dal desiderio, o da un sentimento naturale, di vedere nel Cristo la somma di tutte le culture umane, non solo, ma anche la sintesi, l’organizzazione di tutto l’universo nei suoi tre spazi, colui che riconduce all’Unità primordiale l’elemento divino diviso, e il coordinatore dell’elemento pneumatico nell’unità del tutto, colui per mezzo del quale si giunge finalmente alla completa eliminazione del male.
Come a tutte le fasi del mito gnostico fu interessata direttamente tutta l’umanità nelle sue tre classi fin dai primordi, così tutte le culture vedevano i segni di questa «evoluzione»: assunsero una posizione negativa o riservata verso le scuole filosofiche, mentre furono molto generosi verso i miti di quella cultura presentandosi questi assai più alle loro manipolazioni, al loro tipo di gnosi.
Erano veramente <<cattolici >>, anche se il loro sincretismo, la loro sintesi, dimostrava più uno sforzo maldestro, che una direzione organica.
Anche su questo argomento scelsero una via molto complessa e che tuttavia si ripropone spesso nella storia delle religioni, soprattutto del Cristianesimo, come ai nostri giorni.
Qualche lettore può trovare impedimento nella lettura di alcuni di questi testi, giudicandoli non seri, non cristiani, non degni di attenzione.
Non è così.
Sono scritti estremamente impegnati, intendono dare un apporto importante per comprendere il dilemma della vita, e – in particolare – un notevole numero di «verità» cristiane che affrontano con impareggiabile coraggio, disaminano con acutezza, e – con i mezzi della loro epoca – discutono temi sempre risorgenti nell’ambito del Cristianesimo anche ai nostri giorni.
Questi testi sono qui proposti non solo per la riflessione dello storico delle religioni e del tardo antico, ma – come nacquero – per chiunque non crede di possedere – lui solo – la verità ed è disposto a rivedere o riesaminare certe posizioni accolte pacificamente.
Gesù, e dopo di lui gli apostoli, predicarono un rovesciamento dei valori comuni, proposero agli uditori e seguaci la fine del mondo, l’inizio di un’era e di una vita nuova.
Alcuni cristiani si convinsero che vivere il messaggio cristiano, nelle concrete condizioni del mondo e della società, era impossibile, dato l’ambiente estraneo e contrario alla loro patria, al loro «Io».
E quando il Cristianesimo andò organizzandosi e normalizzandosi in questo mondo, credettero di potere e dovere mantenere la trascendenza e l’universalità in tutte le sue forme, del primo messaggio cristiano: partendo da Gesù Risorto, ne reinterpretarono, in certa misura, il messaggio agli apostoli e discepoli; e – secondo il loro modo di vedere – lo riportarono alle origini.
Il loro Cristianesimo contiene un messaggio radicale, una protesta, una rivolta.
Non poteva essere per molti, ma praticamente riservato a pochi; era un lievito e un veleno per la grande massa, trascendendo e sconvolgendo interamente la vita di ogni giorno, lo stile della pratica cristiana in alto e in basso; rifacendosi al Risorto e ancorato in tutta la sua «preistoria» e «storia», il loro Cristianesimo era assertore di una diversa considerazione del mondo, della società, dei beni materiali, dell’uomo, ecc.
Certo, non si trattava di una rivoluzione violenta (raramente questi testi sono «verbalmente» aggressivi); si presentava come alternativa alla cultura, agli ideali di vita correnti, alla vita nelle città, per una vita di liberazione, di libertà, di tensione verso l’origine (la vera patria), di risveglio dall’oblio, di angoscia solitaria nella comunità di pochi coscienti dell’origine, delle «scintille» disperse, del proprio «Io» profondo, unico scopo della vita pneumatica e del mondo intero.
Questo intimo e diffusissimo movimento di rivolta, di scontento, di smarrimento e di angoscia, aveva una base molto vasta in quell’epoca (assai simile alla nostra).
Non è opportuno perdersi nel pelago delle discussioni sulla possibile origine dello gnosticismo.
Basti accennare a un movimento affine, agli Esseni.
Anch’essi erano stati un movimento di rivolta: avevano rotto col Giudaismo ufficiale, e con la vita sociale degli Ebrei del tempo, e si erano ritirati nel deserto presso il Wadi Qumran, iniziando un genere di vita totalmente nuovo.
A Nag Hammadi, s’è visto, abbiamo un testo significativo: l’Apocalisse di Adamo (Cod. V) nel quale il primo uomo di quaggiù trasmette il suo singolare testamento al figlio Seth.
«Così, scrive James M. Robinson, la storia dello gnosticismo, secondo la documentazione della biblioteca di Nag Hammadi inizia ali’incirca ove la storia degli Esseni, secondo la documentazione dei Rotoli del Mar Morto, finisce».
Movimento affascinante e provocante, ma anche frustrante, questo dello gnosticismo.
L’ideale di rivolta dello gnosticismo cristiano, di insoddisfazione, di protesta, di ricerca non conformista, di un universalismo difficile (ma non impossibile), di valutazione critica della società, di conoscenza di se stesso, di tensione quasi spasmodica, sempre piena d’angoscia, verso l’unum necessarìum, verso la patria lontana, ecc. non costituiva una singolarità legata a quel tempo: prima e dopo il corso della civiltà umana conobbe altri movimenti del genere.
Ma la lotta era impari.
L’ideale fu così battuto sulla breccia dallo stesso corso della storia, come quello degli Esseni.
Operazione selvaggia, la loro, che attingeva a ogni livello; troppo antitradizionale e troppo radicale, per potersi affermare e reggere di fronte a religioni e scuole organizzate.
Cristianesimo ufficiale e Neoplatonismo, respinsero lo gnosticismo come «eresia», accogliendone tuttavia molti tratti.
Riemerse più tardi lo gnosticismo, ma con miti e simboli involuti, annacquati, ben lungi dagli scritti classici di Nag Hammadi, inconsciamente custoditi per il nostro tempo che per molti versi è simile all’epoca che ne vide la grande affermazione.
a cura di Luigi Moraldi