a cura di Luigi Moraldi
Tolomeo ed Eracleone spiccano tra i discepoli di Valentino per la così detta scuola italiana.
Non ha particolare importanza, per la presente panoramica, la sottile esegesi gnostica di Tolomeo sul prologo del quarto Vangelo, molto è invece l’interesse della sua Lettera a Flora tramandataci integralmente in greco da Epifanio nella quale affronta e risolve, in modo gnostico, un problema allora sorto e dibattuto vivacemente da più parti, problema al quale la Grande Chiesa aveva dato, o maturava la sua soluzione, ma che tuttora non si poteva dire interamente risolto, cioè il significato che ha l’Antico Testamento per il Cristianesimo.
La lettera risponde al quesito di una signora, non ancora pienamente iniziata al Valentinianesimo.
Basta una prima lettura per convincerci che Tolomeo non era di certo uno gnostico libertino né uno gnostico ascetico, ma accoglieva pienamente la lezione dell’evangelico «discorso della montagna»:
dava all’Antico Testamento significato metaforico, ma ne accoglieva alla lettera certi precetti morali, come il demiurgo; manteneva cioè una via di mezzo lungi da estremismi che abbiamo incontrato e che vedremo ancora più avanti.
Ecco i suoi insegnamenti a Flora:
1. La legge mosaica del Pentateuco è divisa in tre parti:
legge di Dio, aggiunte di Mosè, precetti degli anziani di Israele; le due ultime sono da eliminare.
Resta la legge di Dio divisa, a sua volta, in tre parti.
2. I dieci comandamenti sono da accogliere così come stanno, ma con in più i perfezionamenti apportatevi da Gesù nel «discorso della montagna» («… io però vi dico…»).
3. Una parte della legge è da intendere in modo tipico, allegorico, simbolico, sebbene dagli Ebrei sia intesa alla lettera, ad es. la circoncisione, la santificazione del sabato, le leggi sui sacrifici e offerte, ecc. (la legge del digiuno è da intendere nel senso di astensione da azioni cattive, ma anche alla lettera aiuta l’anima a liberarsi dalla materia).
4. Una parte della legge (sempre quella considerata divina, del Dio cioè dell’Antico Testamento) è mescolata a ingiustizia, come la «legge del taglione»:
chi lede in seconda istanza per vendicare il male ricevuto, non è meno ingiusto del primo; perciò è legge estranea alla natura e alla bontà del Padre di tutto.
In conclusione: per lo gnostico Valentiniano, il decalogo deve venire completato dal Vangelo;
la legge del taglione è abolita;
su tutto il resto della legge si stende un significato simbolico, spirituale;
quindi tutta la legge di Mosè, intesa alla lettera, non ha più alcun valore.
a cura di Luigi Moraldi