Trattato Tripartito

   

 

 

TRATTATO TRIPARTITO

a cura di Luigi Moraldi

Introduzione

Il codice  I del  quale  fa  parte  il presente  trattato  ha  alcune particolarità estrinseche che lo distinguono:

gli altri codici constano di un fascio di fogli di papiro rilegati, il nostro consta di tre quaderni rilegati.

fu il primo, nel 1946-47, ad essere esaminato criticamente – seppure in modo necessariamente sommario – da persone competenti sia  quanto  alla lingua  sia  quanto  al  contenuto.

fu  l’unico  a  essere portato clandestinamente fuori dall’Egitto e a conoscere varie banche europee.

il 10 maggio 1952  fu acquistato, a Bruxelles (ove si trovava  dal  1951),  dal  celebre  studioso  Gilles  Quispel per  conto dell’Istituto Jung.

G.Quispel lo portò a Zurigo e il 15 novembre  1953 fu offerto pro forma a.C.G. Jung e  «battezzato» Codex fung. già nell’agosto  del  1951,  ad  Ascona,  le  parti  si  accordarono  sulla restituzione  al Museo  Copto  del Cairo.

e  così fu.

Oggi dopo  tante peripezie e controversie, il codice è al Cairo, ove l’attendevano poche pagine mancanti a Zurigo, e ha ufficialmente il suo numero come tutti gli altri codici.

I vantaggi di tutta questa lunga storia furono, e sono tuttora, enormi per gli studi sullo gnosticismo e sugli stessi ulteriori sviluppi delle scoperte e pubblicazioni dei codici.
La pubblicazione di questo codice, che costituisce Yeditio princeps, fu eseguita con questo ritmo:

1. il «Vangelo di Verità» (Evangelium Veritatis) nel 1956.

2. sulla «Risurrezione (De Resurrectione Epistula ad Rheginum)  nel  1963.

3.  l’«Epistola apocrifa  di  Giacomo» (Epistula lacobi  apocryphd)  nel  1968.

4. «Trattato   Tripartito»  (Tractatus Tripartitus. Pars  I:  de  Supernis) nel 1973.

5. «Trattato  Tripartito» (Tractatus  Tripartitus.  Pars  II:  de  Creatione hominis. Pars  III:  de Generibus tribus) nel  1975.

di questo  secondo  volume  del  Trattato Tripartito fa parte  anche  la «Preghiera dell’apostolo Paolo» (Orario Pauli apostoli).

Queste edizioni sono tutte curate da una larga equipe tra i migliori studiosi, offrono la fotocopia dei vari testi, la trascrizione, introduzioni e note abbondanti e informatissime, la versione in francese, inglese e tedesco, indici completi delle parole greche e delle parole copte.

non sono semplicemente opere sontuose.

Dalla  revisione  minuziosa  cui  fu  sottoposto  tutto  il  codice dal Comitato internazionale per i codici di Nag Hammadi diretto da James M.Robinson portò tre cambiamenti all’ordine della editto princeps’.

1. la «Preghiera dell’apostolo Paolo» non è l’ultimo scritto del codice, ma il primo.

2. la lacuna di due pagine (137-38) segnalata nel Trattato, non esiste.

3. quindi il Trattato va dalla pagina 51 alla pagina 138, non alla pagina 140 come ntWeditio princeps.

In base a quanto detto fin qui, sono da correggere le notizie date da M. Krause e P. Labib nel voi.
Finora  i migliori  studi  sono  quelli  dell’equipe  che  curò Veditio princeps  nei  due  grandi  volumi.

è  dunque  importante  ricordare l’apporto e la responsabilità degli studiosi ai quali fu affidata l’edizione che  per  lungo  tempo,  come  tutto  fa  credere,  resterà  un’opera  di riferimento continuo:

R. Kasser curò la sistemazione del testo copto, l’esame papirologico e linguistico, le note di critica testuale e le diverse possibilità di lettura l’introduzione teologica, con analisi e breve commento, posta all’inizio di ogni volume, sono opera di J. Zandee le  note  di critica teologica – che in ogni voi.

seguono le note critiche papirologiche e linguistiche – furono redatte, in comune, da G.Quispel e J.Zandee

la versione francese, che ha di fronte la trascrizione del testo copto, è opera di H.-Ch.Puech e G.Quispel

la versione tedesca è di R.Kasser e W.Vycichl

la versione inglese è di R.McL.Wilson e J.Zandee

L’opera è fin troppo «polifonica».

l’analisi, il breve commento, e le note teologiche vanno sostanzialmente d’accordo e imbastiscono un certo discorso (come si vedrà appresso).

le note critiche papirologiche e  linguistiche  seguono  una  loro  linea  offrendo varie  possibilità  di lettura e interpretazione, e  dissuadendo  da  altre.

le  versioni  si distinguono nettamente l’una dall’altra sia per i criteri seguiti sia per le diversità di letture, divisioni delle frasi, ecc.

va detto subito – anche a giustificazione  della sua assenza nelle note alla mia versione – che la traduzione tedesca è pressoché inintelligibile dato che i responsabili hanno  preferito  seguire   il testo  copto  alla  lettera  astenendosi dall’entrare in esso per trasferirlo in una lingua moderna:

una discreta conoscenza della lingua copta diminuisce notevolmente l’utilità di una tale versione, complicata ancora dalle troppo frequenti parentesi «alla lettera…».

Testo e autore

Il testo del Trattato è tutt’altro che facile.

di fronte alle molteplici difficoltà  che  presenta,  gli editori  hanno  invitato  gli studiosi  a compiere loro stessi la scelta dalla quale si astennero

Con l’indiscussa competenza che  lo distingue  e  con l’eccezionale familiarità che ha con i manoscritti copti – è l’editore-curatore anche di alcuni papiri biblici copti della ormai famosa collezione Bodmer —, il Kasser ha dato del papiro e della lingua dei giudizi che resteranno largamente  definitivi.

La  lingua  è  una  variante  del dialetto licopolitano, o subakhmimico, irregolarmente sotto l’influsso del sahidico.

la lingua originale  non  fu  certo  copta.

ma  greca.

il numero  degli  hapax,  o termini e  forme  esclusive, è  notevole.

relativamente  poche  sono le parole autoctone (il 64%) mentre le parole d’origine greca sono il 36%.

di fronte a un complesso evidente di osservazioni, Kasser suggerisce che  il testo, giunto  in Egitto  in lingua greca, inizialmente  sia stato tradotto  in copto  sahidico  e  solo  in  secondo tempo trasferito in licopolitano  da un traduttore che conosceva assai meglio il sahidico, ma, verosimilmente, già il primo traduttore conosceva poco e male la lingua copta.

una parte di varianti, imprecisioni, evidenti  errori, ecc.

possono testimoniare che la versione fu fatta in un’epoca in cui certi problemi  grafici  non  erano  ancora  risolti  nella  scrittura  del  copto, intenzionale anfibologia di certi testi, e riflettere particolarità dialettali.

ma in generale si osserva una tale in-accuratezza nella versione, nella scrittura, ecc.
, uno stile così confuso, pesante, imbarazzato che ci si domanda se il copista e il traduttore o tutti e due capivano il testo.

E, al termine  del  Trattato,  vi è  un  testo  nel  quale leggiamo l’esplicita confessione:

«Sebbene, infatti, io seguiti a servirmi di queste parole, non sono pervenuto al loro significato»

Vi è  una  questione,  per  ora insoluta,  che  può  avviare  sia  alla spiegazione di quanto precede sia alla comprensione del testo nel suo insieme, lasciando intatte le sue difficoltà ma spiegandone l’origine.

Si tratta di un Trattato omogeneo o composito, oppure di più trattati?

Gli studiosi che ne curarono l’edizione discussero a lungo la questione.

non riuscendo a mettersi d’accordo scelsero un compromesso:

lo scritto non ha un titolo e inizialmente gli editori – meglio, qualcuno di loro, – aveva proposto «Trattato sulle tre nature», ma fu poi cambiato in Trattato tripartito, nella supposizione che si tratti di un unico Trattato diviso  in  tre  parti  a  ognuna  delle  quali  fu  assegnato un titolo corrispondente  approssimativamente  al  contenuto: de  Supernis,  de Creatione hominis, de  Generibus tri  bus.

In un articolo apparso nel 1955 H.-Ch.Puech e G.Quispel avevano scritto a proposito del testo sulla Chiesa e sul Figlio:

«Tout se passe donc comme si l’auteur du Trai té  avait délibérément remanié  un schema existant et… simplifié  et modifié dans le  sens d’une  Triade, ou d’une Trinité, l’Ogdoade  du Valentinisme  classique».

Osservazione  preziosa fatta  da  sostenitori della unità assoluta del Trattato e di un solo autore.
Indipendentemente dall’osservazione, in verità marginale, su riferita, nel 1969 il Kasser ha sottoposto il Trattato a un minuzioso esame del vocabolario e dello stile  mettendo  in  luce  le diverse preoccupazioni  teologiche  e  la differenza di clima spirituale fra le tre parti e soprattutto tra la I e la III:

nella I parte l’autore sviluppa un tema in modo minuzioso, diffìcile, sottile,  riservato  a  iniziati,  al  piccolo  numero  di  persone  colte,  ai gnostici, ai pneumatici.

nella III parte si ha l’impressione che l’autore intenda spiegarsi, eliminare  sospetti  di  eresia,  dimostrare  la  sua ortodossia:

rivolgendosi questa volta alla Grande Chiesa, cioè ai suoi membri  psichici,  ai  comuni  fedeli,  si  serve  di  un  vocabolario nettamente paolino, parla spesso di Cristo e di Gesù, e anche dello Spirito Santo e sempre in formule ortodosse

Non nega, il Kasser, che vi siano  argomenti per l’unità di autore  sia a motivo  della notizia di Ireneo sia per l’innegabile fondo stilistico e terminologico comune, ma sottolinea la profonda evoluzione che si nota tra un trattate l’altro, e propone prudentemente due possibilità:

1. Valentino  – che aveva già scritto la I parte – dopo lo scacco subito per la non elezione a vescovo di Roma, volle cercare a due riprese di spiegarsi ai cristiani comuni, agli psichici, scrivendo prima la II e poi la III parte non rinnegando nulla della I ma adattandosi ai semplici.

2. se lo schema del Trattato pare inapplicabile personalmente a Valentino, nulla vieta di ritenere che un suo discepolo si sia trovato in una situazione analoga e si sia comportato così.

Il Kasser terminava il suo esame proponendo alcune unità, specie di lezioni o conferenze.

Hans-M.Schenke, nel 1979, fece un passo avanti in questa direzione, pur non citando l’articolo del Kasser, sostiene che non possiamo additare la strada percorsa dal testo, attraverso quali stadi sia passato.

in realtà, infatti, non si tratta di un trattato né di una tripartizione,  bensì  di  estratti  da  un  trattato,  più  lungo  di  un valentiniano  a  noi  sconosciuto.

L’opera  dovrebbe  dunque  essere designata:

Excerpta ex Anonimo Valentiniano (ExcAn-Val).

Una lunga familiarità con questo testo mi ha persuaso che l’unità non è da ricercare nel testo a noi giunto, ma nello originale del quale l’epitomatore a volte ha dato il testo con differente estensione a volte ne ha fatto un sunto, offrendo però gli agganci tra un testo e l’altro.

Nel complessivo vi è una unitarietà, ma i vari componenti delle singole sezioni solo raramente hanno una connessione immediata.

Le divisioni proposte nella versione che segue sono un mio tentativo di ricerca in questo senso.

Oltre a quanto si è visto finora, e a un certo tipo di fraseologia copta difficilmente  rendibile,  invitano   ad  es. a  questa conclusione le frasi coniate in prima persona singolare e plurale, ed espressioni ricorrenti, come:

«se qualcuno pensa», «come già dissi», «abbiamo già parlato», «vi sarebbe da dire…» , ecc.

Importanza

Ogni  sforzo  teso  a  chiarire,  per  quanto  possibile,  il testo  è ricompensato dalla sua grande  importanza  riconosciuta  da  tutti gli studiosi.

James M.Robinson ha fatto  recentemente  notare  come  in molti scritti  gnostici  di  N. Hammadi la maggioranza degli  specialisti riconoscono un «processo di cristianizzazione» secondaria diretto non tanto a cristianizzarli profondamente quanto a renderli accettabili ai comuni cristiani, a dare loro una apparenza cristiana.

il nostro scritto ne è un esempio di capitale importanza.

Il Trattato risale certo a un pensatore personale straordinario che volle condensare nel suo scritto una sintesi teologica valentiniana.

ed anche se l’opera ci è giunta a estratti, tramite canali intermedi sia per la lingua e le molte complesse questioni linguistiche e di stile sia per la storia che verosimilmente ha il nostro testo, non c’è dubbio che ci fa cogliere sul vivo il processo di cristianizzazione cui si accennava.

È una preziosa e autentica  testimonianza  di  una  speculazione gnostica che  in più punti anticipa gli sviluppi che  ebbe  la teologia propriamente  cristiana specialmente  in Egitto.

A questo riguardo il Trattato ci offre una eloquente conferma della sentenza di A.v.Harmack secondo la quale i gnostici più eminenti del 11 secolo furono i primi e i soli grandi teologi dell’epoca.

e il loro influsso su Clemente Alessandrino e Origene, è ben noto.

Si è praticamente d’accordo nel ritenere che Ireneo scrivendo la sua grande  notizia   sul  sistema  valentiniano avesse presente il nostro Trattato (non certo nella forma copta in cui ci giunse!).

inoltre come il Vangelo della Verità  e lo scritto sulla Risurrezione  proviene certamente dallo gnosticismo valentiniano, e il  testo  originale  greco  fu  composto intorno alla metà del n sec.

si tratta dunque di un’opera antichissima, anche se il nostro testo copto del cod.I è datato nel iv secolo (R.Kasser).

Abbiamo  qui,  in  fine,  la  testimonianza  diretta  di  una  forma  di valentinianismo finora unica e per molti aspetti di capitale importanza per  la  conoscenza  di  questa  scuola  gnostica  e  per  la  storia  dello gnosticismo e della teologia cristiana.

A  differenza  di  quanto  finora  sappiamo  a  proposito  del  mito valentiniano di Sofia, il nostro testo ha il mito del Logos, che è assai diverso.

Questo  Logos  trae  da  se  stesso  tutti  gli  elementi  della creazione, e lungi dal violare la volontà del Padre, la segue e porta a compimento.

È un Logos che soffre, partecipa della condizione umana, è redento e redime.

differente dal valentinianesimo finora noto è la stessa triade primordiale (Padre-Figlio-Chiesa), la centralità del Logos, nelle  sue  successive  fasi,  come  differente è  la  presentazione  del demiurgo e degli psichici, ecc.

Riguardo  all’equivalenza  Logos  = Sofia  proposta  –  forse  per chiarezza  —  da  J. Zandee  e  G. Quispel  nei  due  volumi  nell’editio princeps, bisogna riconoscere che è deviante:

il mito di Sofia è qui pressoché irriconoscibile.

Alcuni studiosi proposero  di attribuire la paternità dello scritto a Eracleone discepolo di Valentino a noi noto pressoché esclusivamente dai frammenti del suo commento al Vangelo di Giovanni riportati da Origene ma argomenti decisivi non ce n’è.

Certo l’autore era un grande pensatore gnostico.

Come si è visto, il Kasser non esclude che una parte possa risalire allo stesso Valentino.

nessuno pensa seriamente che a sostegno di questa ipotesi si possa addurre  un passo  dello  Pseudo  Antimo  vescovo  di Nicodemia  in  Bitinia  (m. nel  302)  nel  quale è  detto:

«…l’eretico Valentino ha escogitato per primo (le tre ipotesi) nel libro Sulle  tre nature (περί τών τριών φύσεων)», opera della quale non si sa nulla, e che è per lo meno azzardato identificare col nostro Trattato.

Dati certi sono:

l’autore apparteneva alla scuola di Valentino.

gli scritti gnostici più vicini al Trattato sono la grande notizia di Ireneo sui Valentiniani e i frammenti di Eracleone a noi giunti.

seguono gli scritti e le notizie che  abbiamo  di  Tolomeo  e  di  Teodato,  e  – tra  gli scritti  di  Nag Hammadi – il Vangelo di Verità.

Il nostro scritto ha comunque una sua linea  che  mantiene  fino  in  fondo, attestando  in  modo  largamente autonomo  l’interpretazione gnostica  di  grandi temi della teologia cristiana.
Naturalmente, a  proposito  dell’autore non si può  dimenticare  la storia piuttosto complessa della formazione del testo che abbiamo.

 

Sintesi degli argomenti

Il Padre primordiale:

L’Essere supremo è inaccessibile, inafferrabile, impenetrabile, inconoscibile.

ma non è solitario:

è Padre.

parrebbe  che  di  lui  non  si  possa  parlare  se  non  con  enunciazioni negative, asserendo ciò che egli non è.

Il testo ha tuttavia anche delle enunciazioni  positive:

anzitutto è Padre, radice del  tutto,  pienezza dell’essere,  ogni  virtù,  ogni  valore…  albero con  rami  e  frutti…  si conosce, si comprende, si vede, si dice, è cibo, è piacere, è verità e riposo.

Si leggono qui certi tratti veramente superiori che sprigionano da   una   eloquente   chiarezza   su   questo   ϑεòς  ἄγνωστος   (Dio sconosciuto), sul quale ritorna con varianti, ma con gli stessi accenti  e del quale rileva di continuo la dolcezza, la liberalità, la grandezza, l’amore.

Il figlio:

L’Essere supremo è l’unico Padre senza padre, ma  non  c’è  padre  senza  figlio:

e  l’Essere  supremo  è  Padre  fin dall’eternità.

egli è, egli ama, ha un pensiero, il pensiero di se stesso, la percezione cosciente di sé, ha dunque un Figlio che sussiste in lui, che è silenzioso in lui, che è ineffabile nell’ineffabile.

La sua paternità eterna si è appalesata in una «non-generazione», che è il pensiero di se stesso e il suo Figlio è colui prima del quale non ve alcun altro non generato, è  il primogenito,  l’unico  Figlio.

Colui  che  non  sarebbe  stato  mai conosciuto, a motivo della sua dolcezza volle essere conosciuto per mezzo del Figlio.

Naturalmente, a questo livello, il «prima» e il «dopo» hanno valore logico, non cronologico.

La Chiesa:

Se il Padre fosse solo con il Figlio, la loro esistenza sarebbe sterile.

Il Padre onora, glorifica, ammira e ama il Figlio.

questo amore, questa gloria e ammirazione è la Chiesa eterna, senza inizio e senza fine, sorta dai baci tra il Padre e il Figlio.

In verità è un unico bacio eterno, ma implica innumerevoli procreazioni, è un unico bacio che  implica  molte  persone, cioè  (il Trattato  ne  parlerà  appresso)  i pneumatici, gli eòni, tutti gli esseri trascendenti.

La Chiesa eterna (che non è la Grande Chiesa o la Chiesa nella sua usuale accezione), è così «egli eòni degli eòni».

Con questa originale presentazione è presentata la trìade eterna, Padre-Figlio-Chiesa, che è deviante chiamare «Trinità» avendo questo termine un  significato specifico ormai  acquisito.

L’esposizione  non  è  lontana dalla presentazione  «ortodossa»  del mistero trinitario.

vi è il problema Chiesa-Spirito Santo, ma – come è noto  – la  persona  dello  Spirito  Santo  creò  nei  primordi  del Cristianesimo molti problemi e negli stessi scritti paolini è tutt’altro che chiara.

Si può notare:

nessun testo gnostico, valentiniano o meno, finora noto  ha  presentato  la  Chiesa come nata dalla  manifestazione dell’amore tra Padre e Figlio.

nei testi gnostici finora noti alla Chiesa non è mai riservato un posto così eminente, pur essendo annoverata tra gli eòni della pienezza (pléroma):

sulla Chiesa, in una prospettiva che può essere non lontana dalla presente, sono invece chiarificanti certi passi paolini.

In complesso queste prime tre sezioni danno l’impressione di unità.

appare in particolare eloquentemente la volontà di «cristianizzare» le due  ultime  sezioni  (sul  Figlio  e  sulla  Chiesa),  mentre  nella  prima l’autore si muove a suo agio, liberamente.

Gli eòni:

Segue una lunga sezione dedicata agli eòni.

Erano  fin dall’inizio  nel pensiero  del Padre, erano  nella  profondità (βάθος), erano con il Padre, ma non possedevano una loro esistenza.

scaturirono dalla parola (λόγος) del Padre, dalla sua voce, come da una sorgente.

ricevettero  da lui il nome, cioè  la loro  individualità, come bambini, ebbero una certa sufficienza embrionale prima ancora di conoscere il proprio nome e quello di colui che li aveva generati.

Il Padre non operò così per gelosia, non li produsse subito senza difetti.

il suo volere era che essi imparassero che quanto hanno non deriva da loro.

Perciò  anche  ai primi eòni, derivati da  lui, non manifestò   se stesso:

la  sua  grandezza  li avrebbe  schiacciati.

In loro doveva manifestarsi il desiderio, la ricerca, la tensione verso il Padre.

Questa fu la prima formazione degli eòni, cioè la creazione.

A essa seguì la illuminazione, cioè dopo la conoscenza di sé, anche quella  del  loro  principio,  il Padre.

Agli  eòni, essendo ipostasi, personificazioni, delle proprietà, degli attributi del Padre, non era lecito onorarlo individualmente – il Padre è il tutto, il Padre li porta ed essi lo portano -:

la loro onoranza, per essere vera, non può che partire dalla unità, dalla mutua unione.

Sono inseparabilmente uniti al Padre, ne conoscono  il conoscibile  secondo una graduazione  decrescente  dai primi agli ultimi, ma ognuno è silenzioso a proposito di lui, ognuno tace, in quanto innumerevoli sono le sue virtù e i suoi nomi.

Il testo tuttavia è tutt’altro che unitario:

va e viene da un concetto all’altro in modo circolare.

il fondo è unitario dato dall’oggetto – il Padre  e  gli eòni  gli eòni  tra  di  loro,  gli eòni  e  il Padre  -,  ma l’esposizione    è    frammentaria,    e    intorbida    sensibilmente    la comprensione di tutta la sezione.

Il complesso  è  nuovo  e  non  concorda  con  alcuna  delle  fonti gnostiche a noi finora note, sebbene non manchino corrispondenze in alcuni punti particolari.

anche dal punto di vista letterario, oltre che dal contenuto,  i diversi  brani  si  mantengono a un livello  filosofico  e religioso decisamente superiore.

Caduta  del Logos:

Questo  mondo degli  eòni  era organizzato secondo una triplice graduazione:

la prima rendeva onore al Padre, la seconda alla prima, la terza alla seconda.

in questa pienezza (pleroma) fatta di emanazioni successive dominava la concordia e il reciproco  onore  che  saliva  gradualmente  al  Padre.

Ma  la  terza generazione   –  «il  terzo   frutto»  –  (che   essendo   l’ultima   era potenzialmente  già  fuori  della  pienezza),  non volle  rispettare  la struttura piramidale delle emanazioni:

essendo libera, si ribellò a quelli che la sovrastavano.

essendo sapiente capiva che la sua lode, diretta a quanti immediatamente  la precedevano, non poteva essere  perfetta (realizzare  cioè  una  maggiore  conoscenza  e  unione  col  Padre), anch’essi, infatti, erano stati generati come loro.

Uno solo si fece araldo di  questa  volontà:

il Logos,  ultimo,  il più  giovane  della  terza generazione.

Ma la meta era irraggiungibile:

Horos (opoc.«limite»), eòne creato dal Padre, consolida il tutto nel suo ordine e impedisce ogni prematura conoscenza e unione col Padre, imponendo il silenzio sulla  sua  incomprensibilità e concedendo  soltanto che si parli del desiderio di comprenderlo.

L’azione del  Logos  fu  dolorosa, ma non tragica:

l’economia del Padre aveva predisposto tutto.

Alterigia, debolezza, superbia, malattie, ecc.

furono altrettanti stati d’animo del Logos che si concretizzarono in esseri  reali  tra  loro  in  lotta  e  contrastanti.

e  allorché  il Logos, imbarazzato e sconvolto, limitato, aggravato dalla sua impotenza, li volle distruggere, si volsero anche contro di lui.

desistette allora da questi sentimenti:

da lui intanto avevano tratto origine l’arroganza, il disordine, l’insufficienza, l’ignoranza di sé e della propria origine.

Tutti esseri  che  prima  non  esistevano, che  provengono  dal  nulla  (non riflettono il Logos, ma un momento cattivo e passeggero) e al nulla torneranno.

Il Logos come salvatore:

Dall’impotenza del Logos scaturì la sua collera e con essa il ricordo del Padre, dei suoi fratelli, del suo vero «io».

così sorse in lui la metànoia, la conversione o ritorno, si volse verso il sorgere del sole, verso dolci sogni.

È  abbastanza  chiaro  che  nella sezione precedente come  nella presente  abbiamo  una  presentazione  – «allegorica»,  se  vogliamo  – molto  realistica  della  evoluzione  dell’«io»:

il  suo  essere,  il suo travaglio, il cammino penoso e difficile alla scoperta di se stesso, il ritorno al suo primo essere, ma ora ben superiore all’iniziale.

Le due fasi attraverso le quali passò il Logos con i suoi differenti stati  d’animo  furono oggettivamente  in  due  ordini  di  esseri,  che l’autore  chiarifica  con  vari  nomi:

l’uno  riflette  in  qualche  modo, imperfetto, la natura del Logos, mentre l’altro riflette soltanto il non- Logos,  proviene  cioè  dal  nulla.

Occorre  ricordare  che  ci  si  trova sempre  in  una  sfera  atemporale  e  che  il processo  del  Logos  ha carattere cosmico.

Alla preghiera, che seguì il suo ritorno, i suoi fratelli erano pronti, e, prima di loro, il Padre realizzante l’economia prestabilita.

Dopo il suo lungo «errare» il Logos viene reintegrato e per un’altra via giunge al di là di dove voleva arrivare essendo stato costituito rivelatore delle cose del Padre, reggitore della «economia del tutto», colui sul quale sono i tutti.

Destino della discendenza del Logos:

Il Logos inizia la formazione  di  un  mondo fuori  della  pienezza  creando  due  grandi potenze, o schiere:

Tuna ha in se stessa l’essenza del Padre, l’altra è cieca.

Sempre  ancora  nell’ambito  atemporale,  le  due  schiere  si scontrano,  sono  nemiche.

il Logos  fa  una  fulminea  apparizione operante una netta separazione:

la schiera cieca cade dallo spavento nella tenebra esteriore, nel caos, ecc., l’altra – comprendente gli psichici e   i  pneumatici   –   hanno   tutt’altra   reazione.

Le  due   schiere rappresentano nella sfera atemporale o mondo intermedio i tre ordini:

ilici, psichici, pneumatici.

sono dunque ancora la concretizzazione delle tre fasi del Logos presentate in modo diverso e più completo.

È qui riflesso  chiaro  di quello  che  il Logos era prima della caduta, nella caduta, nel ritorno, nella ristabilizzazione:

una sintesi quindi dell’azione che  avrà  nella  salvezza.

Lo  scritto si diffonde  alternativamente  sui fratelli del Logos, cioè i pneumatici, sui rappresentanti degli psichici e degli ilici, seguendo sempre la falsariga delle diverse fasi percorse dal Logos, sulla sistemazione di tutto questo mondo intermedio, al di fuori della pienezza.

ed è in questo mondo che sistema ogni categoria di esseri e su di esso prepone il demiurgo, il quale d’ora in avanti opererà come sovrano.

Ne risulta una graduazione così disposta dall’alto in basso:

la triade e gli eòni costituenti la pienezza, il pleroma.

il Logos fa parte della pienezza, ma per la sua vicenda, ha il compito di ristabilire l’economia e sovrasta direttamente il mondo intermedio.

il demiurgo l’essere per mezzo del quale il Logos opera nel mondo materiale.

Dal mondo materiale sale nella pienezza soltanto il pneumatico, lo psichico può giungere, al massimo, soltanto alle porte della pienezza – quindi nel mondo intermedio -, tutti gli ilici e una parte di psichici ritorna nel nulla.

Sia nella scala discendente sia nella ascendente il tipo è il Logos, cioè le diverse mutazioni dell’«io», il quale è pneumatico, parte della pienezza, e a lui è demandato il compito di illuminazione, formazione, ecc.

per il ritorno dei pneumatici, e con essi anche lui, nella pienezza donde sono partiti.

Il demiurgo e i  suoi angeli:

Dopo  l’accenno  al demiurgo   nella   sezione   precedente,   si ha qui la prima sua presentazione sufficientemente ampia:

egli è il grande operatore nella sfera  intermedia  ove  crea  e  organizza  la  sua  sfera:

il demiurgo  è caratterizzato come essere ignorante e come strumento, inconscio, del Logos.

è dal demiurgo che ha inizio la materia.

Con questa sezione sul demiurgo termina la così detta prima parte del  Trattato.

è  tuttavia  palese  che  abbiamo  un complesso di estratti ove si va e si viene da un soggetto all’altro con l’impressione che gli stessi estratti non siano disposti in modo logico.

pure  tenendo  conto  di un buon numero  di letture  incerte, il testo, complessivamente chiaro,  ha  un  notevole  numero  di  piccole  unità molto oscure.
Creazione dell’uomo:

Con questa sezione si discende nel mondo degli uomini, l’umanità fa il suo ingresso sulla terra che era «invisibile» e «vuota».

La lettura delle prime righe è sfortunatamente insicura.

Dopo la sfera degli esseri supremi – la triade e gli eòni – e dopo la sfera intermedia, l’autore passa alla creazione del mondo, e soprattutto dell’uomo, e  non per presentare  l’ingresso dell’uomo in modo «neutrale», bensì per spiegare una situazione di fatto, cioè la condizione dell’uomo:

perché fu creato, perché non sono tutti uguali, quali forze agiscono in lui e attorno a lui, come dalla molteplicità di quaggiù raggiungerà l’unità primordiale.

Tutto ciò è l’oggetto del resto del Trattato.

È importante  tuttavia tenere presente che  l’autore proietta quaggiù, ancora una volta, le tre disposizioni del Logos che si concretizzano e spiegano i tre ordini dell’umanità:

pneumatici, psichici, ilici per mezzo dei quali si realizzerà, si effettuerà il grande ritorno, la reintegrazione totale.

Con  una  sottile  esegesi  dei  primi  capitoli  della  Genesi,  mai menzionati ma costituenti la tela di queste pagine, afferma che l’uomo fu creato per il ritorno dei pneumatici nella pienezza (pleroma), che il primo uomo conteneva in se stesso tutti e tre gli ordini in quanto gli ultimi due li ebbe dal suo creatore (il demiurgo cioè il Dio dell’Antico Testamento) e dai suoi collaboratori, il primo – il pneumatico che il demiurgo non ha e non può avere – l’ebbe direttamente dal Logos, che questo primo uomo è dunque una amalgama di destra (psichici), di sinistra  (ilici) e di un Logos  pneumatico.

Di qui  la  necessità  del paradiso con tre alberi.

il godimento di quel paradiso valeva soltanto per la destra e per la sinistra, perciò – dopo il peccato – ne fu scacciato anche   il  pneumatico   (il  quale   non   peccò)   affinché   con   la sperimentazione   della   «morte»   (=  ignoranza,   ecc.)   iniziasse personalmente la «vita» (= conoscenza, ecc.) alla quale è predestinato.

Secondo  «l’economia  voluta  dal  Padre»  il mondo  è  dunque  un crogiolo ove – come si vedrà appresso – tutti sperimentano il grande male dell’ignoranza (= morte), ove due sono predestinati (pneumatici e ilici)  e  uno  (psichici) è autodeterminante:

divisione  gnosticamente logica in quanto lo spirito è, per sua inalienabile  natura, divino.

la materia derivando dalla deficienza dell’essere è predestinato al nulla.

e la psiche può volgersi sia verso la regione intermedia sia verso il nulla.

Ma tutto questo non fu compreso da alcuno prima dell’incarnazione del Logos.

Filosofi greci e profeti ebrei:

Se il nostro testo risale veramente all’epoca di Valentino, intorno alla metà del II secolo, la presente sezione è  verosimilmente  il primo  scritto  cristiano  che affronta il problema dei pagani e  degli ebrei rispetto  alla salvezza prima dell’avvento del Cristo, dell’incarnazione del Logos, problema che  nel  secolo  seguente fu  oggetto  di  riflessioni di molti scrittori cristiani.

Descritto il comportamento degli ilici e in particolare quello degli psichici, l’autore distingue tre periodi nella storia dell’umanità:

il periodo ilico, lo psichico, e il pneumatico (sul quale si diffonderà nella sezione seguente).

I filosofi greci e quelli «barbari» erano tesi verso la ricerca della verità (cioè di loro stessi, del mondo nel quale vivevano, della loro origine, del loro scopo quaggiù, dell’Essere supremo), ma non riuscirono a raggiungerla e diedero ai loro quesiti tante risposte diverse.

Erano ilici.

Gli ebrei, rappresentati dai loro giusti e dai profeti avevano in se stessi un seme di salvezza, di speranza, di attesa verso la liberazione.

in loro  agiva e  operava il demiurgo, furono  fedeli alla sua direzione, tendevano verso l’Altissimo, annunziavano – seppure in modo diverso – l’origine del mondo, la necessità della venuta di un salvatore, ecc.

ma non  sempre  furono  interpretati  rettamente.

e  non  fu  dato  loro  di comprendere e manifestare né gli esseri supremi né il Logos né la sua incarnazione, perciò non ne parlarono.

Sono il tipico esempio degli psichici la cui conoscenza non giungerà mai a comprendere al di là di quanto inspira loro il demiurgo.

Furono comunque gli unici che erano sulla via giusta.

La parte centrale del loro messaggio era il salvatore, ma un salvatore psichico, proveniente dal demiurgo.

Incarnazione, discepoli, apostoli, evangelisti:

In realtà il Logos-salvatore era l’oggetto della speranza e della preghiera dei profeti, ma questi non lo compresero:

egli che era nella vita, accettò di venire  generato  nella  vita,  accettò  di  prendere  la  «piccolezza»,  di nascere come un bambino, di prendere la morte, ecc., accettò di essere quello  che  erano  gli psichici e  i pneumatici.

Il Logos-salvatore  era composto di tre elementi:

il seme pneumatico, il Cristo psichico, un elemento visibile e palpabile.

in lui non v’era materia perciò egli era impassibile.

egli venne per dare la conoscenza a coloro che ne erano degni.

È una sezione di notevole interesse e, sotto molti aspetti originale e profonda.

ma in alcuni punti trapela la reticenza dell’autore, ad es.

non dice quando il Cristo psichico, creatura del demiurgo, fu investito dal Logos o seme pneumatico, e sorvola rapidamente sulla passione di questo salvatore-salvato.

Pneumatici, psichici,  ilici:

Quale logica prosecuzione della  sezione  precedente,  lo scritto  si  diffonde  qui  sulla  reazione dell’umanità    di   fronte   al   Logos-salvatore    disceso  quaggiù.

riprende un tema abbozzato più volte e qui fatto oggetto di lunga riflessione, cioè  la  divisione  dell’umanità in  tre  ordini  e  la  loro  differenziata reazione all’apparire del Logos.

Il salvatore salvato, la redenzione:

Ma che cos’è la redenzione, la salvezza?

Tutti ne hanno bisogno e per primo lo stesso Logos-salvatore.

dopo che egli fu salvatore, divenne l’apportatore di salvezza per i salvabili, in grado diverso:

i pneumatici, prima, derivanti dalla pienezza e a essa diretti.

gli psichici buoni, esclusi dalla pienezza, ma  non dalla salvezza.

tutti gli  altri  (ilici  e  psichici  cattivi)  sono destinati alla distruzione, all’annientamento.

La redenzione è libertà, è conoscenza, è illuminazione, è la via verso il Padre, è il Figlio-Logos- salvatore.

Salvezza dei pneumatici:

A mano a mano che ci si avvicina al termine del Trattato ritorna netta l’impressione di avere davanti la sintesi di un testo assai più esteso dal quale furono tratti i pensieri che leggiamo.

lo stesso testo pare che avalli esplicitamente l’impressione

La salvezza dei pneumatici è sicura, ma è pur sempre un dono che il Padre dà dopo un impegno nella ricerca di Dio e dopo le prove cui sono assoggettati tra gli ilici e gli psichici.

Il battesimo:

L’iniziazione alla ricerca e alla salvezza è il battesimo  che  per  mezzo  della professione di fede  introduce nell’unione per  opera  della  conoscenza.

esso  è  perciò  «luce  senza tramonto», «è i tutti».

Destino  degli  psichici:

Brevemente,  ma  con espressioni  chiare  ed  efficaci l’autore ritorna sul  problema  degli psichici, accentrando questa volta come si presenta il meccanismo della loro salvezza (naturalmente fuori del pleroma).

trattandosi degli ebrei, degli ebreo-cristiani, e – soprattutto – dei fedeli della chiesa di quaggiù, l’autore accentra su di essi la sua attenzione.

gli psichici sono molti.

Angeli,  Chiesa,  redenzione  finale:

Lo  stato deplorevole del testo non permette una sicura valutazione.

Lo scritto ormai giunto al termine, ritorna a parlare degli apostoli, dei maestri pneumatici, ecc.

e con essi degli angeli e della Chiesa celeste (il cui riflesso terrestre è esclusivo dei pneumatici) che si riconoscerà in tutti loro e si realizzerà il ritorno nell’unità della pienezza.

Con un ultimo breve accenno ai tre ordini e al loro destino, lo scritto termina con la visione della fine dell’universo, allorché ogni essere ritornerà là d’onde venne:

l’unico «essere» a scomparire nel nulla sarà «l’ignoranza» e  con  essa  la  ribellione  e  la  superbia,  cioè  tutta  la deficienza.

Dei movimenti del Logos resteranno così i pneumatici nel pleroma, gli psichici (metànoia e preghiera) fuori del pleroma.

IL PADRE PRIMORDIALE:

Non è possibile parlare delle cose superiori se non iniziando dal Padre, che è la radice del tutto.

È da lui che abbiamo ricevuto la grazia di  potere  affermare  che  egli  esisteva  quando  non  c’era nulla  a eccezione di lui, il Padre.

Egli è una unità, come un numero, essendo il primo ed essendo ciò che lui solo è.

Ma non è come uno che è solitario.

altrimenti, come potrebbe essere padre?

Ovunque, infatti, c’è un padre, ne consegue che c’è un figlio.

M a l’unità, colui che solo è Padre, è come la radice d’un albero con rami e  frutti.

Di lui si dice  che  è  padre, in senso  proprio, non essendovi alcuno che esista come lui.

È immutabile, essendo un signore unico ed essendo Dio.

Non v’è alcuno che per lui sia dio.

non v’è alcuno che per lui sia padre:

non  essendo  stato  generato,  non  v’è  alcuno  che  l’abbia generato, e non c’è alcuno che l’abbia creato.
Certo, chi è padre e creatore di qualcuno, ha anch’egli un padre e un creatore  formatore.

tuttavia – in senso proprio – costui non  è  un padre, non è un dio, avendo egli pure uno che l’ha generato  e creato.

Padre e Dio, in senso proprio, è soltanto colui che non è stato generato da alcuno, mentre egli ha generato e creato il tutto:

non ha principio e non ha fine.

Non solo non ha fine – sicché è immortale, non essendo stato generato -, ma essendo da tutta l’eternità, egli è anche immutabile:

egli è colui che è, è colui che costituisce se stesso, è la sua grandezza.

Né egli si priverà di ciò che è, né altri l’obbligherà a subire una fine da lui mai voluta, dato che non ebbe un primo autore del suo essere.

Sicché egli non muta, né altri potrà privarlo del suo essere, di ciò che egli è, di ciò che costituisce il suo essere, e della sua grandezza:

non gli si può sottrarre nulla, né è possibile che altri lo cambi in una forma diversa, che lo diminuisca, che lo trasformi, che lo rimpicciolisca.

questa, infatti, è  la verità nel senso  più pieno:

egli è  invariabile, è immutabile, l’immutabilità lo riveste.

Non è soltanto colui del quale si dice:

«non ha principio» e «non ha fine», perché non è generato ed è immortale.

bensì, non avendo né principio  né  fine,  è  irraggiungibile   nella  sua  grandezza,  è inaccessibile  nella sua sapienza, è  inafferrabile  nella sua potenza, è impenetrabile nella sua dolcezza.

In senso proprio, infatti, lui solo è il buono, il Padre non generato, colui che è assolutamente perfetto.

Egli è la pienezza dell’essere, pieno di tutta la sua prole, di ogni virtù e di ogni valore.

Ma ha ancora di più:

la bontà assoluta, affinché essi lo possano trovare.

Egli possiede e concede tutto ciò che possiede:

nessuno può impedirglielo.

non si stanca mai di dare, essendo ricco di ciò che dà, e si riposa in ciò che graziosamente concede.

Tale è, infatti, costui, il suo carattere, la sua sublime grandezza, che non v’è alcuno con lui fin dalle origini.
non c’è un luogo ove egli sia o dal quale sia uscito o al quale debba tornare, non c’è un archetipo che gli serva da modello quando si mette al lavoro, non c’è una fatica che lo colga e l’accompagni in ciò che fa, non c’è una materia al suo fianco dalla quale creare ciò che crea, non c’è una sostanza a lui immanente dalla quale generare ciò che genera, non c’è un collaboratore che compia con lui il lavoro al quale egli è intento, sicché egli possa dire:

«è ignoranza!».

Bensì, in quanto buono, senza difetti, perfetto, e completo, egli stesso è il tutto.

poiché tra i nomi pensati o detti o visti o afferrati, nessuno c’è che si possa applicare a lui neppure i più splendidi, i più eminenti, i più onorati.

È tuttavia possibile pronunciarli a sua gloria e onore secondo la capacità di ognuno di coloro che lo glorificano.

ma all’intelletto è impossibile comprenderlo tal quale egli è, nell’esistenza, nell’essere e nella forma.
Non c’è parola capace di esprimerlo, non c’è occhio capace di vederlo, non c’è corpo capace di afferrarlo, a motivo della sua inaccessibile grandezza, della sua infinita profondità, della sua altezza al di là di ogni misura, della sua ampiezza incomprensibile.

La natura del non generato, è così:

non è vicina ad alcun’altra cosa, non è abbinato come ciò che è limitato:

ha invece una costituzione priva di figura e di forma  esterna  conoscibile  per  mezzo  della percezione:

l’incomprensibile   è   al   di   là   di   tutto   ciò.

Se   è incomprensibile,     conseguentemente è     inconoscibile,      cioè incomprensibile  a ogni pensiero, invisibile  a tutto, indicibile  a ogni parola, intangibile a ogni mano.

Lui solo conosce se stesso così com’è, con la sua forma, la sua grandezza  e  la  sua  magnificenza:

a  lui  è  possibile  comprendersi, vedersi, nominarsi, afferrarsi.

infatti, egli è il suo proprio intelletto, il suo proprio occhio, la sua propria bocca, la sua propria forma colui che  si comprende, che  si vede, che  si dice, che  afferra  se  stesso:

è l’inconcepibile, l’ineffabile, l’incomprensibile, l’invariabile.

Egli è cibo, piacere, verità, gioia, riposo.

Ciò che egli pensa, ciò che vede, ciò che dice, ciò che costituisce l’oggetto del suo pensiero, sovrasta ogni sapienza , supera ogni intelletto, supera ogni gloria, supera ogni bellezza, ogni dolcezza, ogni grandezza, ogni profondità, e ogni altezza.

Certo è inconoscibile la natura di colui al quale appartengono tutte le  grandezze        delle  quali  ho  parlato.

ma  se  – nella  sua  sovrabbondante dolcezza – desidera darne la conoscenza affinché lo si conosca, egli può.

Il suo potere è la sua volontà.

Tuttavia adesso, colui che è (veramente) grande, e causa della generazione di tutti alla loro esistenza eterna, si mantiene nel silenzio.

IL FIGLIO:

Siccome egli stesso – in senso proprio – si genera come ineffabile, – essendo un essere che si genera da solo, si comprende e si conosce così com’è, degno oggetto di stupore, di gloria, di venerazione e di onore – egli si produce a motivo della sua infinita grandezza, della sua impenetrabile sapienza, della sua immensa potenza e della sua non assaporarle dolcezza.

Egli è colui che si proietta con questo tipo di generazione dotato di gloria e onore, di ammirazione e amore, è colui che glorifica  se stesso, colui che ammira per onorare e che ama anche, è colui che ha un figlio che sussiste in lui, che è silenzioso in lui, che è ineffabile nell’ineffabile, l’invisibile, l’inafferrabile l’incomprensibile nell’incomprensibile.

In tal modo egli è eternamente il Padre, come abbiamo detto, in una non-generazione:

egli conosce se stesso, si è generato dato che egli è, e ha un pensiero, che è il pensiero di se stesso, cioè la percezione   cosciente di se stesso, il fondamento della sua costituzione eterna.

cioè, in senso  proprio, il silenzio, la sapienza, e  la grazia, correttamente presentata in questo modo.
Infatti, come il Padre è propriamente colui prima del quale non esìste alcun  altro,  e  colui dopo  il  quale  non  v’è alcun  altro  non generato, così anche il Figlio è propriamente colui prima del quale non v’è alcun altro e dopo il quale non c’è alcun altro.

Non c’è alcun figlio prima di lui.

Perciò è il primogenito, il Figlio unico.

Il primogenito perche prima di lui non c’è stato nessuno.

il Figlio unico perché dopo di lui non ci fu nessuno.

Colui che a motivo della sua grandezza non è conosciuto, ha il suo proprio frutto.

Tuttavia a motivo dell’abbondanza della sua dolcezza, volle essere conosciuto.

Rivelò    l’insuperabile   potenza,   e   congiunse   a   essa   la sovrabbondanza della sua liberalità.

 

LACHIESA:

Non è soltanto il Figlio che esiste fin dall’inizio, ma anche la Chiesa esiste fin dall’inizio.

Se qualcuno pensa che la consta tazione che il Figlio è un Figlio unico contraddica all’espressione (sulla Chiesa), a motivo del mistero che racchiude, non è così.

Poiché come il Padre è una unità e si è rivelato come padre solo per lui (il Figlio), così pure il Figlio si trovò essere un fratello solo per lui  (il  Padre)  essendo  egli  ingenerato  e  senza  inizio.

II Padre  poi, l’ammira, lo glorifica, l’onora e l’ama.

ed egli, da parte sua, comprende se stesso come Figlio in conformità delle seguenti disposizioni:

assenza di inizio  e  di fine.

così essendo  state  ordinate  le  cose.

tuttavia innumerevoli, illimitate, imperscrutabili sono le procreazioni esistenti che procedettero, come baci, dal Figlio e dal Padre, (come dei baci) a motivo della moltitudine di coloro che si baciano vicendevolmente con un pensiero buono e insaziabile.

Questo bacio è uno solo, benché involva molte (persone).

Esso è la Chiesa che consta di molte persone.

Esso esiste prima degli eòni.

Giustamente è detto «gli eòni degli eòni» .

questa è la natura dei santi spiriti imperituri sulla quale riposa il Figlio, dato che la sua essenza è come quella del Padre il quale riposa sul Figlio,  perché  è  il  suo  Figlio.

La  Chiesa si trova nelle stesse disposizioni e virtù nelle quali sono il Padre e il Figlio, come già dissi.

 

GLI EÒNI, IPOSTASI DEL PADRE:

Perciò essa entra nelle  procreazioni degli innumerevoli eòni che, nella loro infinita moltitudine, procreano anche essi secondo le virtù e le disposizioni nelle quali essa (la Chiesa) si trova.

Essi sono infatti la  di  lei  cittadinanza  che essi  costituiscono l’un  l’altro,  essi  che provengono ugualmente dal Padre  fino al Figlio, a causa del quale sono gloriosi.

A una niente  umana è  dunque  impossibile  comprenderli:

essi erano  la  perfezione  di  quel  luogo.

Né era opportuno j  enunciarli essendo essi ineffabili, innominabili, incomprensibili.

A essi, tuttavia, è possibile ricevere un nome che permetta loro di comprendersi:

infatti non sono stati piantati in questi luoghi.

Poiché quanti appartengono a quei luoghi sono ineffabili e innominabili  in questo sistema della parola, che ha questo modo e questa forma.

Esso è la gioia e la felicità del       non      generato, dell’innominato,      dell’innominabile, dell’incomprensibile, dell’invisibile, dell’ineffabile.

È la pienezza della paternità, sicché la sua sovrabbondanza divenne procreazione.

Coloro che fanno parte della pentade degli eòni esistevano da tutta  l’eternità nel  pensiero  del  Padre.

egli  era  per  essi  come  un pensiero e come un luogo.

Ma allorché furono stabilite le generazioni, egli volle condurre verso il tutto chiunque ne è capace per afferrare e promuovere quanti mancano del tutto per promuovere coloro che sono in lui.

Restando ciò che era, fece scaturire una sorgente che non si impoverisce nonostante l’acqua che sgorga abbondante da essa.

Fino a quando erano nel pensiero del Padre, fino a quando cioè erano celati nella profondità, la profondità certo li conosceva.

ma a essi  non  era possibile  conoscere  la  profondità nella quale si trovavano,  né  era  loro  possibile  conoscere  se  stessi  o  conoscere qualcos’altro.

cioè, erano sì col Padre, ma non avevano una esistenza a se stessi:

la loro esistenza era soltanto come quella di un seme, si trovavano, come oggetti di una gravidanza.

Sicché quando la parola li generò, erano allo stato seminale.

quelli che egli era in procinto di generare non esistevano ancora.

Perciò il Padre previde che essi esistessero non soltanto per lui, bensì che esistessero ancora per loro stessi:

che esistessero non soltanto nel suo pensiero come sostanza del pensiero, ma che esistessero anche da loro stessi.

Seminò un pensiero come seme di conoscenza affinché comprendano  quanto è accaduto loro, li gratificò del dono della prima forma affinché afferrino chi è il grande che esiste per essi.

Diede loro il nome «Padre» per mezzo di una voce che risuonò fino a essi, poiché ciò che esiste, esiste in virtù di questo nome che essi hanno per il fatto che vennero all’esistenza.

Ma l’eminenza del nome che essi hanno dimenticato era in una forma embrionale:

un bambino ha la propria sufficienza prima ancora d’avere visto colui che lo ha seminato.

Per questo motivo la loro unica preoccupazione  era  di  cercare  lui:

comprendevano  che  esiste,  ma desideravano scoprire che cos’è «Colui che è».

Ma il Padre perfetto, essendo buono, pur non avendoli ascoltati se non quando apparvero  nel suo pensiero, ma (poi) concesse loro di divenire loro stessi, così attesterà loro la sua grazia affinché imparino chi è «Colui che è », colui che conosce se stesso da tutta l’eternità, colui che diede loro la forma affinché conoscano «Colui che è», e come – alla loro nascita — siano stati generati in questo luogo di luce affinché vedano colui che li ha generati.

Il Padre, infatti, produsse il tutto:

Come (nasce) un bimbo,

come (sgorga) una goccia dalla sorgente,

come (spunta) un bocciolo  dalla vite,

come un fiore e un germoglio.

Essi hanno bisogno di conoscere, di crescere, e di assenza di difetti.

Colui che li ha pensati fin dall’inizio, per un momento trattenne tutto ciò.

Certo,  egli  possiede  questo  fin dall’inizio,  egli  l’ha  visto.

ma  (non)  lo ha concesso ai primi che  derivarono da lui.

Non già per gelosia, bensì perché gli eòni non ricevessero fin dall’inizio l’assenza di difetti, perché  nella  (loro)  gelosia  non si innalzino  fino  al  Padre e sappiamo  che  quanto  (non)  hanno  deriva  da  se  stessi.

D’altronde avendo  voluto accordare loro  l’esistenza,  così   (voleva)  pure (concedere) loro che venissero all’esistenza senza difetti.

Quando volle concesse loro questo pensiero perfetto di benevolenza verso di essi.

Colui,  infatti,  che  fece  sorgere  come  una  luce  per  coloro  che derivano da lui e colui dal quale essi sono nominati, è il Figlio pieno, perfetto, senza difetti.

Egli (il Padre) l’ha prodotto in unione con colui dal quale derivò.

Egli partecipa glorificandolo.

Egli partecipa ricevendo gloria da parte del tutto nella proporzione in cui ognuno lo accoglie per sé.

La sua grandezza non era così prima che essi l’avessero ricevuto.

Ma, egli stesso  è  come  è, nella  sua  maniera  e  nella  sua  forma  e  nella  sua grandezza.

A essi è possibile vederlo e parlare di ciò che sanno a suo riguardo, dato che essi lo portano e lui li porta.

È loro possibile raggiungerlo.

Ma egli è com’è, l’incomparabile.

Affinché ognuno lo possa glorificare, il Padre rivela se stesso, ma nella sua ineffabile natura è nascosto come un essere invisibile  che si ammira con l’intelletto.

Perciò il fatto che essi parlino di lui e lo vedano,  manifesta  la  sua  eminente grandezza.

Egli si  manifesta affinché sia lodata la sua sovrabbondante dolcezza, ma per opera della grazia.

Come le ammirazioni  silenziose sono generazioni eterne e prole dell’intelletto, così le disposizioni della parola sono emanazioni spirituali.

ambedue  (ammirazioni e disposizioni),  appartenendo  alla parola,  sono  semi  e  pensieri  della   sua  generazione  e  radici eternamente vive, che si manifestano come prole proveniente da lui, come intelletti e prole spirituale per la gloria del Padre.

Non c’è bisogno di voce e di spirito, d’intelligenza e di parola, per operare ciò che essi desiderano, non c’è bisogno di un lavoro per fare ciò che essi desiderano fare bensì nella forma in cui erano, così sono derivati da lui, generando tutto ciò che desiderano.

E colui che essi comprendono, del quale  parlano, verso  il quale  tendono, nel quale sono, al quale innalzano lode, è a lui che danno gloria.

Essi hanno dei figli, poiché tale è la loro potenza generatrice, come quelli dai quali sono derivati, in conformità della loro mutua cooperazione, dato che gli uni e gli altri cooperano come i non-generati.

Nella sua trascendenza rispetto a tutti, il Padre è sconosciuto e inconoscibile, possiede un genere di grandezza e di maestà tale che se si fosse rivelato prima, subito, a tutti i più sublimi eòni derivati da lui, questi sarebbero periti.

per tal motivo trattenne in se stesso la propria potenza e la propria instancabilità.

Egli è ineffabile, innominabile, al di sopra di qualsiasi intelletto e di qualsiasi parola.

Tuttavia egli si è proiettato fuori di se stesso, e ciò che egli ha mostrato è ciò che diede una solidità, un luogo, e una dimora al tutto, avendo egli un nome per mezzo del quale egli è il Padre del tutto.
Perciò ebbe compassione di coloro che esistono:

si è seminato nel loro pensiero affinché lo possano cercare – essendo egli qual cosa che supera il loro intendimento – riflettendo che egli è, e interrogandosi su chi sia colui che è.

Questo fu dato loro come godimento, come cibo, come gioia e come sovrabbondanza dell’illuminazione che è la sua compassione, la sua conoscenza, la sua amalgama con essi, colui cioè che essi chiamano e che è veramente il Figlio:

egli è i tutti, colui che essi  sanno  chi  è,  colui  che  si  riveste  di  essi.

Questo  è  colui  che chiamano «Figlio» e del quale comprendono che esiste, e colui che essi cercavano.

Questi è colui che divenne un padre, colui del quale non potranno mai parlare, colui che non potranno mai comprendere, egli è colui che esiste per primo.

Nessuno, infatti, lo può  comprendere  o raffigurarselo.

Chi potrà avvicinarsi all’altissimo, a colui che realmente esistette per primo.

Ma ogni  nome  che  comprendono  o  che  pronunciano  a  suo  riguardo scaturisce  per la gloria, è  come un’orma di lui, proporzionata alle capacità di coloro che lo glorificano.

Colui, dunque, che sorse da lui, si estende verso una procreazione e verso una conoscenza di tutti.

Egli è veramente tutti i nomi, senza falsità egli solo è veramente il primo, «l’uomo del Padre», colui ch’io dico la forma di colui che non ha forma, il corpo di colui che non ha corpo, la figura di colui che è invisibile, il logos di colui che è ineffabile, l’intelletto di colui che è incomprensibile, la sorgente che emana da lui, la radice di coloro che sono piantati, ma anche il dio di quanti esistono, la luce di quanti egli illumina, l’amore di quanti egli ha amato, la provvidenza di coloro per i quali egli fu provvidenza, l’intelligenza di quanti egli ha reso intelligenti, la potenza di coloro ai quali ha dato potenza, l’unione di quanti egli ha riunito, la rivelazione di quanti lo cercano, l’occhio di quanti vedono, il soffio di quanti respirano, la vita di quanti vivono, l’unità di quanti sono uniti ai tutti.

Tutti costoro sono nell’unità, mentre egli è rivestito totalmente di  sé,  e  non  lo chiamano  mai  col  nome  unico  che  gli è  proprio.

Secondo quest’unico modo, anch’essi sono l’unità e i tutti.

Egli non è diviso alla maniera dei corpi, né è frazionato dai nomi che ha.

Da una parte questo (nome) differisce in questo modo.

d’altra parte quell’altro (nome) differisce in quest’altro modo.

Né cambia per divisione né si trasforma per i nomi che gli sono dati.

Egli, invero, è diverso da una parte e diverso dall’altra parte.

Tuttavia  non cambia per divisione, né è cambiato nei nomi che ha.

Ora è questo e, in un altro modo, è quello.

Tuttavia è integralmente e totalmente  se stesso.

Egli è, nello stesso tempo, ognuno dei tutti per sempre.

Egli è ciò che sono tutti loro.

Essendo il Padre di tutti egli è pure i tutti, poiché è colui che  per  se stesso è  conoscenza  ed  è  ognuna  delle  sue  virtù.

Possiede le potenze, ed è al di là di tutto ciò che conosce, vedendo interamente se stesso, possedendo un figlio e una forma.
Innumerevoli  sono perciò le sue potenze e le sue virtù:

non si possono percepire.

A motivo della generazione con la quale egli le genera, innumerevoli e indivisibili sono le generazioni delle sue parole, dei suoi ordini, dei suoi tutti.

Egli le conosce, esse sono lui stesso, dato che sono in questo nome unico e tutti  essendo in lui che parla.

Egli li produce affinché si constati che esistono in conformità di ognuna delle virtù, in un’unica unità.
Anche la molteplicità non l’ha rivelata ai tutti in una sola volta.

non ha rivelato la sua identità a coloro che derivano da lui.

Poiché tutti coloro che sono derivati da lui, gli eòni degli eòni, sono emanazioni, sono prole della loro natura generatrice:

nella loro natura generatrice essendo esse stesse per la gloria del Padre, come egli fu per esse causa della loro stabilità:

come abbiamo già detto, è lui che creò gli eòni, come radici, sorgenti, padri.

Essi, infatti, hanno compreso che colui al quale danno gloria, possiede intelligenza e saggezza, conoscono che essi derivano da questa saggezza e intelligenza dei tutti.

Se (gli eòni) fossero così elevati da onorarlo uno alla volta, avrebbero  presentato  un onore che era (soltanto) parvenza:

solo il Padre è il tutto.

Perciò dal canto di lode e dalla potenza dell’unità di colui dal quale essi derivano, furono indotti a una fusione, a un accordo, a una mutua unione.

Dalla pienezza dell’unità presentarono un onore degno  del Padre, sotto la forma di una immagine unica, benché si trattasse di una moltitudine:

perché lo presentarono a gloria dell’unico, e perché si diressero a colui che è i tutti.

Questo era dunque l’omaggio di costoro a colui che produsse i tutti, primo frutto degli   immortali   ed   essere   eterno,   perché proveniente dagli eòni viventi.

è perfetto e pieno a motivo di colui che è perfetto  e pieno.

Egli li ha lasciati perfetti e  pieni, avendo essi glorificato in modo perfetto, di comune accordo.

Poiché  quando lo glorificano alla maniera del Padre senza difetti, la gloria ascolta coloro che lo glorificano per manifestare  se stessi a colui che è.

Infatti, la causa della seconda gloria che ricevettero è ciò che attinsero dal Padre allorché compresero la grazia per merito della quale ognuno fruttificò partendo  dal Padre.

Così che come essi furono prodotti dalla gloria del Padre, siano pure manifestati perfetti nella lode.

Sono padri della terza gloria in conformità del libero volere e della potenza generata con essi mentre ognuno di loro, preso singolarmente, non  è atto a glorificare nell’unità colui che ama.
Essi, infatti, sono sia la prima sia la seconda gloria.

In tal modo sono ambedue  perfetti  e  pieni:

essendo rivelazioni del  Padre  il quale  è perfetto e pieno, insieme a coloro che derivano da lui, i quali sono perfetti allorché danno gloria a colui che è perfetto.

Il terzo frutto poi è la gloria della volontà di ogni eòne e di ogni virtù.

Certo, il Padre possiede  la  potenza.

Egli  è  in  una  pienezza     perfetta,  in  verità, derivando dall’accordo e dalla conformità con ognuno degli eòni.

è questo che vuole e può, glorificando così il Padre.

Per questo motivo essi sono  intelletti degli intelletti,  sentono  di essere parole delle parole, anziani degli anziani, gradini dei gradini sovrapposti gli uni sugli altri.

Ognuno di quelli che glorificano ha il suo luogo, la sua altezza, la sua dimora, il suo riposo, ed è la gloria che egli produce.

Tutti coloro  che  glorificano  il Padre  possiedono  la loro  prole eternamente – essi generano secondo il loro mutuo accordo – poiché le emanazioni sono senza limiti e senza misura, e da parte del Padre non v’è  alcuna  gelosia  verso  quanti sono derivati da lui  affinché riproducano la sua uguaglianza e la sua somiglianza:

è lui, infatti, che nei tutti genera e si manifesta.

e colui che lo  desidera egli lo rende padre di coloro dei quali egli è Padre, e dio di coloro dei quali egli è Dio.

Di essi egli fa dei tutti, di essi dei quali egli stesso è il tutto.

Tutti i grandi nomi furono posti realmente con essi, con coloro, cioè, con i quali furono in comunione gli angeli che erano nel mondo e gli arconti, sebbene non avessero alcuna somiglianza con gli esseri eterni.

L’insieme  degli  eòni,  infatti, ha  amore  e  tensione  verso  la perfetta scoperta del Padre:

e questa è la loro libera unione.

Il Padre eterno, nel suo volere affinché essi lo conoscano, si rivela dandosi in modo che essi lo comprendano cercandolo.

ma egli tiene per se stesso il suo essere primo come qualcosa di imperscrutabile.
Tuttavia, il Padre è colui che ha posto le radici degli eòni:

questi sono delle tappe del pacifico cammino fino a lui, quasi come verso una città dove vivere.

egli effuse su di essi fede e preghiera, verso colui che essi non afferrano, salda speranza in colui che non comprendono, amore  fecondo  verso  colui  che essi   non  vedono,  intelligenza adeguata dell’intelletto eterno, beatitudine che è ricchezza e libertà, e la sapienza di quanti vogliono, col loro pensiero, la gloria del Padre.

Essi conoscono  il Padre altissimo, in virtù della sua volontà la quale  è  lo spirito  che  soffia  in  tutti  inspirando loro di cercare l’inconoscibile, proprio come una persona che, attratta da un gradevole odore, cerca donde quel  gradevole  odore  provenga.

ma  il   gradevole odore del Padre è troppo per gli indegni.

Infatti la sua dolcezza è diretta verso gli eòni, con indicibile gioia inspirando  loro  di  amalgamarsi  con  colui  che vuole  che  essi  lo conoscano nell’unità e si aiutino reciprocamente nello spirito  che in essi fu seminato.

Posti in un pesante torpore  si rinnovano in modo inesprimibile, non hanno la possibilità di separarsi da colui nel quale furono posti nell’ignoranza.

Poiché essi non parlano, mantengono il silenzio a proposito della gloria del Padre, a proposito di colui che ha il potere di parlare.

e tuttavia ricevono forma da lui.
Egli dunque si è rivelato:

è tuttavia impossibile parlare di  lui.

Essi lo possiedono nascosto nei loro pensieri, derivanti da lui.

Sono silenziosi a proposito del Padre, tacciono sulla sua forma, sulla sua natura, e sulla sua grandezza, sebbene gli  eòni siano divenuti degni di conoscerlo per mezzo del suo Spirito egli, infatti, è ineffabile e inacessibile -, per mezzo del suo Spirito che è l’orma che guida alla scoperta di lui:

egli si dà a loro affinché lo pensino e parlino di lui.

Ogni eòne è un nome corrispondente a ognuna delle virtù e delle potenze del Padre:

egli consta di tanti nomi, in amalgama e armonia l’uno  con  l’altro.

A motivo  della  ricchezza  della  parola,  a  loro è possibile designarlo, parlare di lui come Padre, dato che è un nome solo, è un’unità:

è però innumerevole nelle sue virtù e nei suoi nomi.

L’emanazione dei tutti derivante da colui che è, non si è prodotta come una reciproca separazione, quasi che essi si staccassero da colui che li genera.

bensì la loro procreazione è come lo sbocciare di lui stesso:

il Padre sboccia se stesso verso coloro che ama, cosicché coloro che sono derivati da lui, diventano ancora lui stesso.

Infatti, come l’eòne presente, pur essendo una unità, è diviso in tempi e i tempi sono divisi in anni, e gli anni sono divisi in stagioni e le stagioni in mesi e i mesi in giorni e i giorni in ore e le ore in minuti, così è pure dell’Eòne della verità:

uno, unico, e multiplo, glorificato con  nomi  piccoli  e  con  (nomi)  grandi  secondo  la  loro capacità  di riceverlo, ma per via di analogia, come una sorgente che, restando immutata, si divide in fiumi, in laghi, in canali e in ruscelli, come una radice che si estende sotto gli alberi e sotto i rami con i loro frutti, come un corpo umano che, nella indivisione, è diviso in membra di membra, in membra primarie e secondarie, in grandi e piccole.

 

CADUTA DEL LOGOS:

Gli eòni furono prodotti secondo il terzo frutto per opera della libera  volontà  e  della  sapienza  che  egli  concesse loro  per  il loro pensiero.

Essi non vogliono onorare colui che è sorto dall’armonia, sebbene  sia  stato  prodotto  per  parole  di  lode per  ognuna  delle pienezze, non vogliono  dare  gloria  con il  tutto, né  vogliono  (dare gloria) con un altro che è stato il primo al di sopra della profondità di quello o del suo luogo, a meno che non si tratti di colui che è situato nel nome elevato e nel luogo elevato, ed egli lo riceva da colui che volle innalzarlo a se stesso,  verso colui che è al di sopra di lui.

Egli lo genera, per così dire, come se stesso, perciò lo genera con ciò che è.

Rinnova se stesso con quello che andò da lui tramite suo fratello.

lo vede e lo prega per questo.

Poiché colui che volle innalzarsi fino a lui, affinché ciò si avverasse, non gli disse nulla al riguardo – cioè  su quello al quale voleva rendere onore -, se non quando fu solo.

Nella  pienezza,  infatti,  vi  è un  limite  per  la  parola:

perché  si mantenga il silenzio a proposito della incomprensibilità del Padre, e perché si parli del desiderio di comprenderlo.
Ora   accadde   che   uno   degli   eòni   tentò   di   comprendere l’incomprensibile.

Egli  rende   onore   a  esso, ma ancor più all’ineffabilità del Padre.

Pur essendo  un Logos dell’unità, egli non proviene dal Padre dei tutti, né da colui che li ha prodotti:

poiché colui che ha prodotto il tutto è il Padre.

Questo eòne era uno di quelli ai quali era stata data la sapienza, ognuno dei quali era preesistente nel suo (del Padre)  pensiero, e conforme alla sua volontà di produrli.

Egli perciò ricevette una natura di sapienza per scrutare l’ordine nascosto, quale frutto della sapienza:

la libera volontà, prodotta con i tutti, fu — per quest’unico — la causa per cui volle compiere  ciò che voleva, senza venire trattenuto da nulla.

L’intenzione di questo Logos era certo qualcosa di buono.

Fattosi avanti, diede gloria al Padre, sebbene avesse posto mano a qualcosa più grande della sua forza.

Desiderava, infatti,  produrre uno che fosse perfetto, al di fuori dell’armonia, che non era con lui, e senza alcun ordine in proposito.

Questo  eòne,  infatti,  era  l’ultimo,  allorché  egli  li  produsse  in conformità di un muto accordo, ed era il più giovane di età.

Prima di generare qualcosa d’altro alla gloria della volontà (del Padre), e in armonia con i tutti, egli agì con grandezza di pensiero, mosso da un sovrabbondante amore.

Si portò verso colui che è nella regione della gloria perfetta.

Questo Logos, infatti, non fu generato senza il volere del Padre, né è senza di lui che si portò avanti.

Al contrario, il Padre stesso l’aveva prodotto per coloro che egli sapeva essere necessario che venissero all’esistenza.

Il Padre e i tutti si ritrassero da lui affinché fosse stabile il limite posto dal Padre – esso, infatti, non deriva dall’avere egli ghermito l’inafferrabile, bensì dalla volontà del Padre -, inoltre (si ritrassero) affinché si realizzasse ciò che doveva accadere per una economia che sarebbe stata amara qualora non avesse avuto origine dalla rivelazione della pienezza.

Ne consegue che non è giusto accusare tale movimento che è il Logos, mentre è giusto affermare che il movimento del Logos è una causa dell’economia predeterminata a realizzarsi.

Invero, il Logos generò se stesso come unità perfetta a gloria del Padre, colui che l’ama e in lui si compiace.

ma quanti egli (il Logos) voleva afferrare pienamente, li generò come ombre, come simulacri, come somiglianze.

Egli, infatti, non potè sostenere la vista della luce.

guardò, invece, in direzione della profondità e divenne dubbioso.

Di conseguenza ne derivò una divisione, causa di grande angoscia, e col suo dubbio (originò)  una rottura, un oblio, un’ignoranza di se stesso e di ciò che è.

Il suo slancio verso l’alto e l’attesa di raggiungere l’incomprensibile si  rinvigorirono in  lui,  e  restarono  in  lui.

Ma  le  malattie  che  lo seguirono allorché sorpassò se stesso, derivarono   dal dubbio, cioè dal fatto che egli non raggiunse la gloria del Padre la cui altezza non ha limiti.

Non l’ha raggiunta perché non l’aveva ricevuta.

Poiché ciò che produsse da se stesso, come un eòne unico,  corse verso ciò che è suo, e verso il suo parente nella pienezza.

Abbandonò ciò  che  aveva avuto  origine  dalla  insufficienza,  quanti  erano  stati prodotti da lui in modo fantasioso, perché non erano suoi.

Quando, infatti, lo produsse — egli lo produsse da I se stesso quando era ancora perfetto -, divenne debole come io una natura femminea abbandonata dal suo elemento virile.

Quanti provennero dal suo pensiero e dal suo orgoglio sono dei prodotti di colui che in se stesso è insufficiente.

Per questo il suo essere perfetto lo ha abbandonato e si è trasferito presso coloro che sono suoi.

Nella pienezza, egli era come un ricordo per colui che sarebbe stato salvato dal suo orgoglio.

Colui, infatti, che si slanciò verso l’alto e colui che l’attrasse a sé non rimasero oziosi, ma trassero un frutto dalla pienezza:

essi abbatterono coloro che avevano avuto origine dalla insufficienza.

Poiché quelli che ebbero origine  dal pensiero orgoglioso  erano proprio simili alle pienezze, ma erano (in realtà) somiglianze, immagini, ombre, fantasie prive del Logos e della luce.

Quanti appartengono al pensiero vuoto non sono affatto una (sua) prole.

Perciò la loro fine sarà come il loro inizio:

provengono da ciò che non esisteva, ritorneranno a ciò che non esisterà.

Tuttavia, considerati in se stessi, sono grandi, più potenti e onorati dei nomi che sono dati loro .

(nomi) che sono le loro ombre:

sono belli a mo’ di somiglianze.

In quanto aspetto di un’immagine deriva la sua bellezza da ciò di cui è immagine.

Si credevano giunti  all’esistenza  da  soli,  senza  un  inizio,  non vedendo  alcun  altro  che  fosse  esistito  prima di loro.

perciò si mostravano disobbedienti e ribelli, non si umiliavano davanti a coso lui dal quale avevano avuto l’esistenza.

volevano comandare gli uni sugli altri, trionfare sugli altri per amore di vana ambizione.

mentre la gloria che possedevano era ordinata al futuro ed essi non erano che somiglianze di quelli che sono in alto.

erano indotti al desiderio di comandare agli altri secondo la grandezza del nome, il quale non è che un’ombra, ognuno immaginandosi di essere superiore ai propri compagni.

Il pensiero  degli altri non rimase  ozioso, bensì a  somiglianza  di coloro  dei quali essi sono  ombre, tutto  ciò  al  quale  pensavano    l’ebbero  come figli, e  quelli ai quali volgevano  il pensiero  l’hanno come  prole.

Perciò  fu  numerosa la  prole  derivata  da  essi,  come combattenti, come guerrieri, come perturbatori, come arroganti, come disobbedienti, come ambiziosi,  e tanti altri del genere, derivante da essi.

Il Logos  era  infatti, divenuto  la  causa  di coloro  che  avevano ricevuto l’esistenza.

ed egli stesso rimase in larga misura imbarazzato e sconvolto:

invece  della perfezione vide  insufficienza.

invece  della coesione vide divisione.

invece della stabilità vide disordine.

invece del riposo  vide  agitazioni.

Non  possedeva  la  forza  di  distoglierli dall’amore del tumulto, né possedeva la forza di distruggerli.

Quando  il suo  tutto  gli fu  tolto,  egli  rimase  impotente,  la  sua elevazione lo abbandonò.

Coloro che avevano avuto l’esistenza non conoscevano se stessi, non conoscevano la pienezza dalla quale erano derivati, non conoscevano colui che era stato la causa della loro esistenza.

Il Logos, in queste instabili condizioni, non seguitò a produrre, col processo di emanazione, le cose che sono nella pienezza e che erano venute all’esistenza per la gloria del Padre.

produsse, invece, cose deboli, piccole, e limitate dalla loro infermità, dalla quale egli pure era limitato.

Fu l’imitazione dell’unica disposizione  a essere causa delle cose che per se stesse dall’inizio non esistevano.

 

IL LOGOS COME SALVATORE:

Fino a quando colui che aveva prodotto queste cose nel modo che fu responsabile della loro inefficienza, fino a quando egli condannava quanti avevano avuto l’esistenza per causa sua, in modo non conforme al Logos, e fino a quando il giudizio era una condanna, egli lottava contro  di  esse  per  la  loro  distruzione.

esse  lottavano  contro  la condanna  dalla  quale  derivava  la  collera.

ma  essa  (la  collera)  le perseguiva come ausiliatrice e redentrice dal loro (falso) sentimento e dalla loro ribellione.

da essa,  inoltre, proveniva la conversione, detta pure metànoia.

Per essa, il Logos si volse verso un altro sentimento e a un altro pensiero:

si distolse dal male e si volse al bene.

La conversione  fu seguita dal ricordo delle cose che esistono, e dalla preghiera per colui che volge se stesso verso il bene.

Anzitutto egli pregò colui che è nella pienezza, e si ricordò di lui.

poi (si ricordò) dei suoi fratelli, l’uno dopo l’altro — sempre l’uno con l’altro —, poi di tutti loro insieme.

ma prima di tutti costoro (si ricordò) del Padre.

Questa preghiera al tutto l’aiutò a ritornare  su se stesso e (al) tutto, poiché suscitò in lui il ricordo di quelli che esistono da principio e, in questi, il ricordo di lui.

Questo è il pensiero che lo chiama da lontano, facendolo ritornare.

Tutta la sua supplica e il suo ricordo erano molte forze conformi a quel limite.

poiché non v’è nulla di ozioso nel suo pensiero.

Tali forze erano buone e sorpassavano di gran lunga quelle della somiglianza.

Queste (forze) della somiglianza fanno parte di un’opera proveniente  dall’illusione, da  una  somiglianza   e  da  un  pensiero d’orgoglio corrispondente a ciò che esse sono diventate.

Mentre quelle sono venute da colui che le aveva conosciute prima.

Le une erano come un oblio come un sonno profondo.

ed essi sono come sognatori di sogni angosciosi, sognatori che nel sonno sono avvolti in una barriera.

Le  altre,  invece,  sono  per  lui  come  esseri  luminosi  dallo sguardo teso verso il sorgere del sole:

costoro vedono in esso dei sogni che si dimostrano veramente dolci.

Cessarono, dunque, le  emanazioni  del  pensiero.

Esse  non avevano più la loro sostanza, non avevano più alcun valore, giacché egli non uguagliava coloro che esistono per primi.

se esse erano ben migliori delle somiglianze, egli da solo era superiore a esse.

poiché, a mo’ di paragone, si trattava di radici buone la cui esistenza non proveniva dalla malattia, sopraggiunta, cioè dal (falso) sentimento che scaturì da lui.

erano, invece, quelle che aspirarono verso il preesistente allorché egli (il Logos) pregò e si volse verso il bene.

Egli seminò in esse la predisposizione a cercare e a pregare colui che è onorato, colui che è il preesistente.

Seminò in esse un pensiero di sé e una riflessione affinché sapessero che esiste un essere superiore a loro, che esiste prima di loro — sebbene non conoscano chi sia – dal quale ebbe origine l’accordo e l’amore reciproco.

In virtù di questo pensiero, esse agirono unite e unanimi, poiché è dall’unità e dalla unanimità che ebbero origine.

Gli uni erano superiori agli altri nella brama di potere, in quanto erano più onorati dei primi innalzatisi al di sopra di essi.

Costoro non si erano umiliati.

Si ritenevano esseri venuti all’esistenza da soli, senza inizio.

Mentre allorché furono prodotti all’inizio, conforme alla loro generazione, i due ordini combattevano l’uno contro l’altro lottando per il comando  a  motivo  del loro  modo di essere.

sicché  vennero sommersi da violenze e da crudeltà secondo la legge della reciproca lotta, alimentati dalla brama di potere e da ogni altra cosa del genere.

Di qui l’amore per la vana gloria che li attrae tutti  verso (quel) desiderio appassionato che è la brama del potere.

Nessuno di costoro aveva un pensiero per l’Altissimo, nessuno lo confessava.

Le potenze di questo pensiero erano, infatti, preparate dalle azioni del preesistente e  ne  divennero  immagini.

Poiché  l’ordine  degli appartenenti a questo genere aveva un mutuo accordo con se stesso e con  i  suoi seguaci,  ma  combatteva  contro  l’ordine  di  quelli  della somiglianza:

l’ordine di quelli della somiglianza faceva guerra contro quelli  dell’immagine  e  agiva  contro  se stesso a motivo della sua collera.

Per questo portò la sua immagine proprio in mezzo a loro per eccitarli alla  guerra l’uno contro l’altro a proposito di  coloro che la necessità ha posto affinché  governino e abbiano anche potere su di essi.

giacché l’accordo non era proprio molto, ha loro gelosia, la loro invidia, la loro malizia, la collera, la violenza, la brama e l’ignoranza dominante  generarono materie  di specie  diverse  e  potenze  di vari generi, numerose e amalgamate l’una all’altra.

L’intelletto del Logos, che era stato causa della loro generazione, era aperto alla rivelazione della  speranza  che  sarebbe  sorta  per  lui dall’alto.

Il Logos, che si era mosso, possedeva, infatti, la speranza ed era in attesa dell’Altissimo.

Sotto ogni aspetto egli si separò da quelli dell’ombra, in quanto erano proprio ribelli e privi di umiltà davanti a lui.

egli, invece, si riposò con quelli del pensiero.

Questo che era corso verso l’alto e che era nell’ambito degli elevati, si ricordò di quello che era diventato insufficiente:

il Logos lo conobbe in una maniera invisibile tra coloro che vennero all’esistenza secondo il pensiero, secondo colui che era in essi, fino a quando apparve per lui la luce   dall’alto  come  donatrice  di  vita  generata  dal  pensiero dell’amore fraterno delle pienezze preesistenti.

Poiché gli eòni del Padre di tutti — i quali non soffrirono – accolsero quella caduta con sollecitudine, con semplicità e con grande dolcezza, come  se  fosse  la  loro.

II  tutto  fu  prodotto affinché  ricevessero l’insegnamento dall’unico, da colui per opera del quale tutti ricevono la forza di porre fine all’inefficienza.

L’ordine  che  egli ebbe  in sorte  trasse  origine  da colui che  corse verso  l’alto, e  ciò  che  di là  gli portò  (venne)  da  lui e  da  tutta  la perfezione.

Colui che corse verso l’alto divenne intercessore, in favore di colui che era inefficiente, con la emanazione degli eòni i quali sono venuti all’esistenza in conformità di quelli che esistono.

Allorché  egli  li pregò  essi  acconsentirono  con  gioia,  con  buona volontà  e  con  unanime  armonia  a  porgere  aiuto  a  colui  che  era  inefficiente.

Convennero  insieme  in  un  sol  luogo  con  pensiero soccorrevole, chiedendo  al Padre  che  venisse  l’aiuto  dall’alto, dalla parte del Padre, per la sua gloria.

Colui, infatti, che è ineffidente  non avrebbe potuto altrimenti divenire perfetto, se non l’avesse voluto la pienezza del Padre che l’ha attratto a sé, che si manifestò e si diede a colui che era inefficiente.

Così, dopo l’assenso, col volere gioioso che si era manifestato, essi produssero il frutto:

esso è il prodotto della mutua armonia, una unità, una proprietà dei tutti, rivelatore dell’aspetto del viso del Padre, al quale si erano rivolti gli eòni dandogli gloria e domandando aiuto per il loro fratello, col desiderio che il Padre si associasse a loro.

Fu così con deliberazione e con gioia che produssero il frutto.

Fu così che egli manifestò l’accordo della rivelazione della sua unione con essi, cioè il figlio della sua volontà.

II figlio del beneplacido dei tutti si pose su di essi come un abito, per mezzo del quale diede la perfezione a colui che era inefficiente e diede  la  stabilità a coloro che sono  perfetti.

Giustamente egli è chiamato «salvatore», «il redentore», «l’approvato», «l’amato», «colui che   è   pregato»,  «il   Cristo»,   «la   luce   dei   predestinati», conformemente a coloro dai quali fu prodotto:

egli divenne i nomi degli stati che gli furono conferiti.

Tuttavia qual altro nome si poteva dare se non quello di «il figlio» – come già abbiamo detto – a colui che è la conoscenza del Padre, il quale volle che lo si conosca?

Gli eòni, infatti, non generarono soltanto «l’aspetto del viso» del Padre  al quale  han dato  gloria, come  è  scritto fin dall’inizio, ma I hanno generato anche il loro:

gli eòni che danno gloria (al Padre) hanno generato il loro «aspetto del viso» e il loro volto.

Li hanno generati per lui come un esercito per un re.

«Quelli del pensiero», avendo  una  partecipazione  al  potere  e un  armonioso  consenso,  si presentarono in una forma che è una moltitudine di forme, affinché colui che intendevano aiutare vedesse coloro che aveva chiamato in aiuto, e vedesse ugualmente colui che glielo ha accordato.

Infatti,  il frutto  dell’accordo,  del  quale  abbiamo  parlato  sopra, dipendeva dal potere dei tutti, poiché il Padre aveva posto in lui i tutti:

sia i preesistenti, sia quelli che sono, sia quelli che saranno.

Ed egli ne era capace.

Egli rivelò le cose che (il Padre) aveva posto nel suo petto.

Avendola  affidata  a  lui,  egli  resse  l’economia  del  tutto,  in conformità del potere che gli era stato dato fin dall’inizio, con la forza (necessaria al compimento) dell’opera.

Fu così che inizio e operò la sua rivelazione.

 

DESTINO DELLA DISCENDENZA DEL LOGOS:

Colui nel quale è il Padre e colui nel quale sono i tutti, egli li creò prima di colui che era privo della vista.

Coloro che cerca vano la loro vista egli li istruì su se stesso per mezzo dello splendore di quella luce perfetta.

Prima, egli lo rese perfetto in una ineffabile gioia.

lo rese perfetto  per sé,  come  essere  perfetto,  e  gli  diede  anche  ciò  che  è proprio di ognuno individualmente.

Tale, infatti, è la decisione della prima gioia.

— Noi pure eravamo seminati in lui in modo invisibile come un logos destinato a essere conoscenza –

Gli diede il potere di separare e di allontanare da sé coloro che gli sono disobbedienti.

Egli si manifestò a lui in questo modo.

Ma a coloro che vennero  all’esistenza  per  causa  sua,  egli  si manifestò in un modo che li sorpassava.

Mentre egli si rivelava a loro in modo improvviso, avvicinandosi come un lampo, essi si comportavano in una maniera ostile.

E allorché egli pose fine alla confusione che c’era tra l’uno e l’altro, egli arrestò  l’improvvisa rivelazione  della quale  non ebbero  sentore  e  che  non attendevano, perché non lo avevano conosciuto.

Non avendo potuto sopportare  l’urto della  luce  che  li colpiva,  restarono  spaventati  e depressi.
Per quelli dei due ordini, colui che si manifestò fu una aggressione.

A quelli del pensiero fu dato il nome di «piccolo» perché  piccola  è  la  nozione  che  hanno  dell’Altissimo.

Egli esiste prima di loro e, seminata dentro se stessi, possiedono una meravigliosa tensione verso l’Altissimo che si manifesterà.

Perciò salutarono la sua rivelazione  e  lo adorarono.

divennero  suoi  convinti   testimoni.

riconobbero che la luce apparsa è più forte di quanti combattevano contro di essi.

Al contrario,  quelli  della  somiglianza  rimasero  molto  spaventati dato  che  non potevano  udire  che  a suo  riguardo, all’inizio  c’è  una visione del genere.

Perciò sono caduti nella fossa dell’ignoranza, detta «tenebre esteriori», «caos», «amenti» e «Nun».

Egli (li) pose al di sotto dell’ordine  di quelli del pensiero, dato  che  questo  (ordine) era divenuto più forte di essi.

tuttavia furono giudicati degni di sovrastare le tenebre indicibili poiché appartengono a loro, ed è la sorte loro assegnata.

a loro concesse pure di essere utili all’economia futura alla quale egli li assegnò.

Grande, infatti, è la differenza tra la rivelazione a colui che era (già) venuto all’esistenza, (quella fatta a) colui che era inefficiente, e quella (fatta) a coloro che vennero  all’esistenza  per  causa  sua.

A lui  (al pneumatico) egli si rivelò dal suo interno, stando con lui, quale suo compagno di sofferenza, guidandolo a poco a poco verso il riposo, facendolo  crescere  e, in fine, donandosi  a  lui  per  il godimento derivante dalla visione.

Mentre a coloro che sono all’esterno egli si è rivelato in fretta, in modo improvviso, si mosse velocemente davanti a loro, non dando alcuna possibilità di vederlo.

Infatti, dopo che il Logos, che era stato inefficiente, fu illuminato, cominciò la sua pienezza:

sfuggì a coloro che all’inizio lo turbavano, eliminò l’amalgama con essi, si spogliò di quel pensiero d’orgoglio, accolse l’amalgama con il riposo perché quelli che all’inizio gli erano stati disobbedienti, calmarono il loro orgoglio e si umiliarono davanti a lui.

Egli si rallegrò alla vista dei suoi fratelli che lo visitarono.

Egli diede gloria e benedisse coloro che gli si erano manifestati venendo in suo aiuto, ringraziando d’essere sfuggito a coloro che  si erano sollevati contro di lui, ammirando e  onorando  la  grandezza  e  quanti spontaneamente  si rivelarono  a  lui.

Generò  manifeste  immagini di figure viventi, le più somiglianti a ciò che è buono tra le cose esistenti:

simili a esse quanto alla bellezza, ma non uguali a esse quanto alla verità.

esse infatti, non derivano da un accordo tra colui che le ha prodotte   e colui che gli si era manifestato.

Ma in sapienza e in conoscenza egli  agisce  amalgamando  interamente  il  Logos  con  se stesso.

Per questo quanti derivarono da lui sono grandi, come colui che è veramente grande.
Quando  ebbe  ammirata  la  bellezza  di  coloro  che  gli  si erano manifestati, professò la sua riconoscenza per la loro  visita.

Il Logos compì quest’opera, grazie a coloro dai quali ottenne l’aiuto in vista del consolidamento  di coloro  che  vennero  all’esistenza per causa  sua,  affinché   ricevano  del  bene pur pensando di chiedere istantemente  l’«economia» di tutti coloro  che  sono  derivati da  lui, («economia») stabilita per consolidarli.

Perciò quelli che egli produsse, secondo la sua predestinazione sono mezzi di trasporto  come quelli che vennero all’esistenza, quelli  che si manifestarono allo scopo di attraversare  tutti  i luoghi  delle  cose  che  sono  in  basso  affinché  a ognuno sia accordato il posto corrispondente al suo essere.
Questo  è  una  rovina  per  «quelli  della  somiglianza»,  ma  è  un beneficio  per  «quelli  del  pensiero»,  e  una rivelazione di quanti provengono   dall’ordine unitario, provato dalle sofferenze,  mentre essi sono semi che non hanno ancora avuto un’esistenza indipendente.

Colui, infatti, che si è così manifestato era una espressione del volto del Padre e dell’assenso, era l’abito di ogni grazia e un cibo destinato a quelli  prodotti  dal  Logos  con  la  preghiera,  ricevendo  la  gloria  e l’onore.

questo è colui che egli (il Logos) glorificava e onorava guardando  verso coloro che implorava  affinché potesse renderli perfetti per mezzo delle immagini da lui prodotte.

Il Logos, infatti, incrementò  l’aiuto  reciproco  e  la speranza della promessa:

essi, infatti, possedevano l’allegrezza, il grande riposo e gioie pure.

Egli produsse  coloro  dei quali ebbe  ricordo  all’inizio, quando essi non erano ancora con lui, in possesso della perfezione.

Ora quello della visione, essendo con lui, si trova con speranza e fede nel Padre assolutamente perfetto.

Da una parte egli si rivela a lui, ma non si è ancora amalgamato con lui affinché coloro che vennero all’esistenza non periscano alla vista della luce.

poiché non sono atti a ricevere la statura grande ed elevata.

D’altronde, il pensiero  del  Logos  che  si  è  rivolto  verso  la  sua (propria)  stabilità  e   che   ha  dominato  su  coloro   che   vennero all’esistenza per causa sua, è detto «eòne» e «luogo» di tutti quelli che egli aveva prodotto in conformità della sua determinazione.

è detto pure «sinagoga di salvezza», perché si guarì dalla dispersione, che è questo pensiero dalle molte forme.

Egli si è rivolto verso un unico pensiero.

È detto ancora «luogo di depósito», a motivo del riposo ricevuto, (riposo) dato a lui solo.

È detto ancora «sposa»  a motivo della  gioia  in  colui  che  si  diede  a  lui nella  speranza  del  frutto dell’unione, che gli era apparso.

È detto pure «regno» a motivo della stabilizzazione ricevuta rallegrandosi del potere del dominio su coloro che gli si erano opposti.

È detto «gioia del signore» a motivo della contentezza   di   cui           si   rivestì   quando   la   luce   era   con   lui ricompensandolo  io  delle  cose  buone  che  sono  in lui.

(È detto) «il pensiero  della  libertà» perché  questo  eòne, del quale abbiamo già parlato, è al di sopra dei due ordini di coloro che lottano tra di loro.

Non è compagno di quelli che dominano e non è amalgamato alle malattie  e  alle  debolezze,  a  quelli  cioè  del pensiero  e  della somiglianza.

Colui nel quale si è posto il Logos, perfetto nella gioia, era un eòne che   aveva   la   forma   di  tale   essere,  ma   possedeva altresì la stabilizzazione  della  causa,  cioè  colui  che  si  è  rivelato:

essendo un’immagine  di quelli  che  sono  nella  pienezza, venuti all’esistenza dall’abbondanza del gaudio di colui che è nella gioia.

Perciò egli è  l’«aspetto del viso» di colui che si è rivelato nella perfezione del cuore, (è) l’attesa e la promessa, in merito alle cose da lui domandate.

Egli aveva il Logos del Figlio, la sua natura, la sua potenza, la sua forma:

cioè quanto egli desiderava, ciò in cui si compiaceva, ciò che aveva implorato con amore.

Egli  era  luce,  era  volontà  di  stabilizzazione,  era  apertura a  un insegnamento, era occhio atto a una visione diretta:

proprietà che egli aveva avuto dagli altissimi.

Egli era sapienza per il pensiero suo contrario a coloro che sono al di sotto dell’«economia».

Egli era il Logos per parlare, egli era la perfezione  delle cose di questo genere.

Essi sono coloro che ricevettero forma con lui, secondo l’immagine della pienezza.

hanno i loro padri, cioè quelli che diedero loro la vita, e ognuno di essi ha un’impronta di ognuna delle figure che sono forme di  mascolinità.

essi  non  provengono  dalla  malattia,  cioè  della femminilità, bensì da colui che ha già abbandonato  la malattia, e possiede il nome di «la chiesa» .

poiché, di comune accordo, radunano il comune accordo nella riunione di coloro che si sono manifestati.

Colui, infatti, che venne all’esistenza secondo l’immagine della luce, è egli stesso perfetto.

in quanto è immagine della luce unica la quale è i tutti.

anche  se  egli è  inferiore  a  colui del quale   è  immagine, possiede  tuttavia    la propria indivisibilità, essendo  un «aspetto  del viso» della luce indivisibile.

Al contrario, quelli che vennero all’esistenza secondo l’immagine di ognuno degli eòni sono essenzialmente in colui del quale abbiamo già parlato.

ma  la  loro  potenza  non  è  uguale  in quanto  ognuno  ha personalmente  la  propria.

Nella mutua  amalgama,   sono  invece uguali:

ognuno di essi  non si è ancora liberato da ciò che gli è proprio.

Perciò essi sono passioni – la passione è la malattia – in quanto non sono prole dell’accordo della pienezza, ma derivano da colui che non ha ancora ricevuto il Padre.

L’accordo col suo tutto e la volontà è utile per l’«economia» futura.

dato che fu previsto il loro passaggio   dai luoghi che sono in basso:

ma questi luoghi non potranno accogliere il loro ingresso simultaneo, bensì solo separatamente, uno dopo l’altro.

La loro venuta è necessaria affinché, per mezzo loro, ogni cosa abbia compimento.

In una parola, il Logos ha visto tutti coloro che preesistettero,  coloro   che  sono adesso, e  coloro  che  saranno,      essendo egli stato incaricato dell’«economia» di tutti coloro che esistono .

alcuni di loro sono già in qualche cosa che deve venire all’esistenza.

Egli ha in sé semi futuri a motivo della promessa fatta a colui che lo ha concepito, in  quanto  appartiene  ai  semi  futuri.

ed  egli    generò  la  sua discendenza,  cioè la rivelazione di colui che lo ha concepito.

Il seme promesso fu custodito per un certo tempo, affinché coloro che erano destinati potessero venire destinati.

essi furono seminati dalla venuta del salvatore e di coloro che sono con lui:

costoro sono i primi per la conoscenza e per la gloria del Padre.

Dalla preghiera che egli fece e dalla conversione che produsse,  deriva, infatti, che gli uni periscano, che altri siano beneficiati, e altri ancora si convertano.

Prima    ha   preparato   la   punizione   per   coloro   che   furono disobbedienti:

si servì del potere della forza di colui che si è rivelato e dal quale ricevette   l’autorità sui tutti, affinché  si separasse da ciò che è in basso e si mantenesse staccato da ciò che è elevato, fino a quando avesse preparato «economia» di tutti coloro che sono al di fuori e avesse dato a ognuno la regione che gli spetta.

Allorché il Logos abbelliva i tutti, in primo luogo lo stabilì come principio  causa   e capo di ogni cosa che venne all’esistenza,  come il padre,  (cioè)  come  colui  che  fu  la  causa  della  sua  (del  Logos) stabilizzazione che era stata la prima a esistere dopo di lui (dopo il Padre).

Queste  prime  immagini  che  aveva prodotto  le  dispose  in ringraziamento e in glorificazione.

Poi abbellì il luogo di coloro che egli produsse in glorificazione,  (luogo) detto «paradiso»,   «delizia», «gioia», (luogo) pieno di cibo e di gioia.

Queste  sono  le  prime cose che vennero  all’esistenza  e (provengono) da ogni cosa buona che si trova nella pienezza, e ne custodiscono l’immagine.

In seguito abbellì il regno che è come una città ripiena di ogni cosa bella, cioè  amore  fraterno  e  liberalità  grande, ripiena  di santi spiriti, e le potenze robuste governanti quelli che il Logos produsse e stabilizzò saldamente.

In seguito (abbellì) il luogo della chiesa la quale è radunata in questa regione, e ha la forma della chiesa che è negli eòni glorificanti il Padre.

In seguito (abbellì)  il luogo    della fede e dell’obbedienza (che sorge) dalla speranza che il Logos ricevette allorché si è rivelata la luce.

In seguito (abbellì il luogo della) disposizione, che è la preghiera e la supplica,  le  quali  erano  state seguite  dal  perdono  e  dalla  parola riguardante colui che sarà rivelato.

In  virtù  della  forza  spirituale,  tutti  i luoghi  spirituali  sono  separati  da  «quelli del  pensiero»,  essendovi (in  essi)  la  forza       di un’immagine, (forza) che separa la pienezza dal Logos, dato che è la forza  operante  affinché  essi  profetino  in  merito  alle  cose  future, lasciando  al preesistente  «quelli del pensiero», che  sono  già venuti all’esistenza, e non permettendo che essi si mescolino con quelli venuti all’esistenza attraverso una visione di coloro che sono davanti a lui.

«Quelli del  pensiero» – il  quale  è  trascendente  – sono  umili,   mantengono  tuttavia  una rassomiglianza pleromatica  soprattutto a motivo della comunione dei nomi dai quali sono abbelliti.

Per «quelli del pensiero» la conversione è umile, e per essi è umile la stessa legge del giudizio, che è condanna e collera.

Per essi è umile anche  la forza che  li separa da quelli che  sono inferiori  a loro, proiettandoli lontano e non permettendo   che sconfinino al di sopra di «quelli del pensiero» e «della conversione» .

(questa forza) è timore, angoscia, oblio, smarrimento, ignoranza, e quanto venne all’esistenza per opera di una somiglianza immaginaria.

Quelli che si sono umiliati, sono chiamati con nomi elevati.

mentre per coloro che sono il prodotto di un pensiero d’orgoglio,   di un amore del potere, di disobbedienza e di menzogna, non c’è conoscenza.

A  ognuno  dei  «due  ordini»  egli  diede  un  nome.

«Quelli  del pensiero»  e  «quelli della  rassomiglianza»  sono  detti  «quelli della destra», «psichici», «quelli del fuoco», «quelli del mezzo».

(Mentre) «quelli del pensiero d’orgoglio» e «quelli della somiglianza» sono detti «quelli della sinistra», «ilici», «tenebre», «ultimi».

Dopo  che  il Logos  ebbe  sistemato  ognuno  nel  suo  ordine  – le immagini, le rassomiglianze, e le somiglianze -, egli preservò l’eòne delle immagini puro da tutte le cose che gli si oppongono, in quanto è un luogo di gioia.

A «quelli del pensiero» ha invece rivelato quel pensiero del quale si era spogliato con l’intento che esso li attragga    a una  comunione materiale a motivo della loro struttura e dimora, e affinché da essi scaturisse un impulso che diminuisse la loro attrazione verso il male sicché non si compiacessero più nella gloria di quanti li circondano e non siano posti fuori.

ma, al contrario, possano constatare la malattia di cui soffrono    di modo che generino un desiderio e una ricerca durevoli verso colui che può guarirli dalla loro inefficienza.

Su  «quelli  della  somiglianza»  egli  ha  posto   il Logos  della disposizione affinché li conduca a una forma.

pose su di loro anche la legge del giudizio.

pose ancora su di essi    delle forze le cui radici derivano  dalla  brama  del  potere.

pose  su  di  essi  quelli  che  li comandano, affinché  sia  per  mezzo  della  decia  determinazione del Logos che li ammaestra sia con la minaccia della legge sia con la forza della brama del potere, essi mantengano l’ordine di coloro che hanno sottoposto  (quell’ordine)  al  male,  fino  a  quando  il  Logos  vorrà,  e servano così all’«economia».

Il Logos, infatti, conosce l’accordo dei due ordini nella brama di potere:

a costoro e a tutti gli altri concesse con liberalità la loro brama.

diede  a  ciascuno  l’ordine che  gli spetta.

Comandò  che  ognuno  sia arconte di un luogo e di un’attività lasciando  il posto a quello che gli è superiore, comandi   agli altri luoghi nell’attività che fa parte della sorte toccatagli, e la detenga in modo che coloro i quali comandano abbiano degli inferiori nelle dominazioni e nelle sudditanze tra gli angeli  e gli arcangeli, trattandosi di attività diverse e svariate.

Essendo stato accreditato per l’«economia», ogni arconte con la sua stirpe e la dignità toccatagli in sorte, in conformità del modo in cui apparve, esercitava la sua vigilanza:

nessuno era senza comando, nessuno senza regalità.

Dai   confini del cielo ai confini della terra, fino ai limiti estremi della terra e dei luoghi sotterranei, ci sono re, ci sono signori, e ci sono coloro che essi comandano:

certuni allo scopo di applicare i castighi, altri per giudicare.

altri per dare riposo e guarire.

altri per insegnare, altri per esercitare la vigilanza.

 

IL DEMIURGO E I SUOI ANGELI:

Pose un arconte al di sopra di tutte le immagini:

nessuno lo comanda,  essendo   egli  il  signore   di  tutti,  cioè   la  «forma  di manifestazione» che il Logos, col suo pensiero, produsse a somiglianza del Padre  dei tutti.

Perciò, egli si fregia  di tutti i nomi che  sono immagine di lui, essendo quello di tutte le virtù e di tutti gli onori.

Perciò egli pure è detto «padre», «dio», «demiurgo», «re», «giudice»,«luogo»,  «dimora» e  «legge».
Il Logos si è, infatti, servito di lui come di una mano per abbellire e modellare le cose inferiori.

se ne è servito come di una bocca per dire cose che saranno profetate.

Mentre lavorava, vedeva che le cose che diceva erano grandi, buone e ammirevoli:

se ne rallegrò e ne fu contento come se   fosse lui stesso a dirle e a farle con i suoi pensieri.

Ignorava   che il movimento della sua mano veniva dallo  Spirito  che  lo muoveva  secondo  la determinazione di ciò che egli (lo Spirito) voleva.

In quanto le cose realizzate  da  lui,  egli  le  disse  e  passarono  all’esistenza  secondo l’immagine spirituale dei luoghi di cui abbiamo già parlato nel discorso sulle  immagini.

Essendo  stato costituito  come  padre  della  sua «economia», non solo lavorava ma produceva semi conformi a se stesso, e inoltre per mezzo dello Spirito eletto che, per opera di lui, discenderà nei luoghi inferiori, non soltanto proferisce anche parole spiritualiche sono sue -, (ma) per mezzo dello Spirito fa udire, invisibilmente, la sua voce e genera cose superiori alla sua natura.

Ed egli in ragione della sua natura, cioè in quanto dio, padre, e il resto di tutti questi nomi onorati, pensava che essi fossero propri della sua natura.

Egli stabilì un riposo per coloro che gli obbediscono, e castighi per coloro che, al contrario, non gli obbediscono.

inoltre, presso di lui c’è pure   un paradiso, un regno, e ogni altra cosa che si trova nell’eòne anteriore a lui:

queste cose, infatti, sono al di sopra dei sigilli a motivo del pensiero che è unito a esse, (pensiero) che è come   un’ombra, come un velo, sicché egli non vede in qual modo furono prodotte le cose che esistono.

Egli si è affiancato  operai e servitori perché l’aiutino in tutto ciò che farà e dirà.

In ogni luogo nel quale ha lavorato pose la sua «forma di manifestazione» nel suo bel nome,   lavorando e dicendo ciò a cui pensava.

Egli stabilì nei suoi luoghi immagini della luce che si era manifestata  e  dei  luoghi  spirituali (immagini)  che  erano  dalla  sua natura.

sicché  erano  onorate  da  lui  in  ogni  luogo,  purificate  dalla «forma della manifestazione» di colui che le ha fatte.

Esse poi disposero paradisi, regni, luoghi di riposo, promesse, e moltitudini di servitori a volontà:

ma pur essendo signori dei principati, esse erano soggette a colui che è (veramente) signore, colui che le aveva fatte.

Avendo egli udito perfettamente, a proposito delle luci – le quali sono  l’inizio     e  la  costituzione  – egli le  prepose  sull’ornamento  di coloro che si trovano in basso.

Lo spirito  invisibile  che  lo muoveva  in tal  modo  volendo  proseguire  l’amministrazione  attraverso  il suo  servo  del  quale  si serviva come di una mano, come di una bocca, e come di un volto.

ed ecco ciò che produce:

comando, minaccia, timore, affinché quanti, con lui, compirono cose ignoranti,  disprezzino il comando dato loro da osservare, essendo legati dai vincoli degli arconti, che sono al di sopra di essi.
Tutta la sistemazione della materia è divisa in tre.

Le forze possenti prodotte dal Logos spirituale conforme alla fantasia e all’orgoglio, le pose nel primo ordine spirituale.

Quelle (forze) che queste produssero  per  brama  di potere  le  pose  nella regione   di mezzo  affinché  – essendo esse forze della brama di potere -governino e comandino, con costrizione  e  violenza, la sistemazione  inferiore.

Mentre  quelle prodotte dall’invidia, dalla gelosia e tutta l’altra prole derivante  da disposizioni del genere, le pose in un ordine subordinato, dominatrici  degli ultimi esseri, al comando di tutti quanti esistono e di ogni prole.

da esse provengono le malattie, veloci distruggitrici, impazienti (di gettarsi) su di una creatura:

esse sono qualcosa del luogo d’onde provengono e al quale nuovamente ritorneranno.

È per questo che su di esse pose forze dominatrici operanti continuamente  sulla materia, affinché    sia  duratura  anche  la  prole  di coloro   che  esistono.

Questa, infatti, è la loro gloria.

 

CREAZIONE DELL’UOMO:

La  materia  che  scorre  nella  sua  propria  forma  è  la  causa  della invisibilità che si trova in tutte le forze che le appartengono… furono generate prima e distruggono.

II pensiero posto in   mezzo a quelli della destra e a quelli della sinistra  è  una  forza  di  obbedienza per  tutti  coloro  che  abbiamo menzionato) sicché si può affermare che il loro prodotto è come  l’ombra che  accompagna un corpo.

Quelli che  sono  come  le radici delle  formazioni manifestate, cioè  l’intera  preparazione  della creazione   delle immagini, delle   rassomiglianze,  e   delle    somiglianze, vennero all’esistenza a motivo di coloro che abbisognano di educazione, di istruzione, e di formazione, affinché la loro piccolezza raggiunga a poco a poco la crescita come attraverso il riflesso di uno specchio.

Perciò  creò  l’uomo  alla  fine,  cioè  dopo  averne  compiuto  la preparazione e dopo avergli provvisto quanto creò  per lui.

Poi che  la  creazione  dell’uomo  è  anche  come  il riposo.

Il  Logos spirituale lo muoveva invisibilmente, lo perfezionava per mezzo del demiurgo    e dei suoi servitori, gli angeli, divenuti suoi compagni nel modellarlo, allorché egli tenne consiglio con i suoi arconti.

Egli era come l’ombra di un essere terrestre, sicché era come coloro che  sono tagliati fuori dai tutti.

era una preparazione di tutti loro, di quelli della destra e di quelli della sinistra, ogni ordine avendo dato al corpo dell’uomo la forma    che gli è propria.

Poiché la natura prodotta dal Logos – la cui forma era difettosa trovandosi nella malattia – non gli rassomigliava,  avendolo  egli  creato  nell’oblio,  nell’ignoranza,  nella deficienza e in tutte le altre malattie, allorché lui – cioè il Logos – per mezzo  del  demiurgo  gli diede  la  prima  forma  fu  nell’ignoranza, affinché potesse venire a conoscenza che l’Altissimo esiste, affinché    potesse   comprendere  che  abbisogna  di  lui.

e  questo  è  ciò  che  il profeta  ha  chiamato  «il  soffio  di  vita»  e  «il  pensiero  dell’eòne altissimo» e «l’invisibile».

Si tratta dell’anima vivente che ha vivificato la potenza che in precedenza era morta.

Infatti, ciò che è morto, è l’ignoranza.
È dunque necessario   ritenere che l’anima del primo uomo venne dal Logos spirituale, sebbene il creatore pensasse che egli (il primo uomo) fosse suo, dato che proveniva da lui, come da una bocca con la quale si soffia.

Il creatore, dalla sua natura, ha persino mandato in basso delle anime avendo anch’egli (il potere) di procreare    poiché è un  essere  a  somiglianza   del  Padre.

Anche quelli della  sinistra produssero quasi fossero uomini indipendenti, dato che possedevano la somiglianza dell’essere.

Giacché la natura spirituale è un nome e una rassomiglianza unica, e la sua malattia è la determinazione in forme multiple.

A sua volta, la natura   degli psichici ha una doppia determinazione:
possiede   l’intelligenza  e  la  confessione  dell’Altissimo  e  non  è inclinata verso il male, che è inclinazione del pensiero.

Quanto alla natura materiale, essa ha una tendenza diversa e forme molteplici.

era una malattia avente forme molteplici di inclinazione.
Il primo  uomo  è  un  prodotto  amalgamato,       è  una  creatura   amalgamata.

è  un deposito  di quelli della sinistra e  di quelli della destra, e un Logos spirituale:

la sua mente è divisa in due secondo l’una e l’altra delle nature dalle quali ricevette il suo essere.
Perciò è detto:

Egli ha piantato per lui un paradiso affinché possa mangiare il cibo da tre specie di alberi dato che si trattava della forza dell’ordine triplice, ed è essa che dà il godimento,  poiché era molto elevata la nobiltà della natura eletta che è in essa.

Essa li ha creati ed essa  non li ferisce.

Perciò  essi emisero  un comando  minaccioso  e fecero gravare su di lui un grande   pericolo:

la morte.

Gli fu permesso di gustare soltanto del godimento di ciò che è male.

Dell’altro albero, avente ugualmente un doppio (frutto), non gli fu permesso di mangiarne, tanto meno dell’albero della vita, affinché non ne traessero un onore, che a essi non si accorda, e non venissero distrutti   dalla potenza cattiva detta «il serpente», maligno più di tutte le potenze cattive.

È lui che  ha ingannato l’uomo a motivo della decisione  di «quelli del pensiero» e a motivo delle brame:

(l’uomo) fu indotto a trasgredire  il  comando affinché morisse.

Fu  quindi  espulso  dal godimento che c’era in quel luogo.

È  l’espulsione  che  gli  fu inflitta       allorché  fu  scacciato  dal godimento di quelli della somiglianza e di quelli della rassomiglianza.

C’è qui un’opera della provvidenza affinché sia considerato breve il tempo (che passa fino a quando) l’uomo riceverà il godimento dei beni eterni.

ed è in essi che si trova il luogo del riposo.

Questo è quanto stabilì lo Spirito allorché deliberò che l’uomo  facesse l’esperienza  del grande male che è la morte, cioè la completa ignoranza del tutto, che provasse tutti i mali derivanti da essa, e dopo le privazioni e le ansietà causate da essi (i mali), possa venire accolto nel più grande  dei beni, costituito dalla vita eterna:

essa è completa conoscenza dei tutti, e partecipazione a tutti i beni.

A motivo della trasgressione del primo uomo, la morte regnò  e divenne un fatto abtuale per tutti gli uomini allo scopo di ucciderli, manifestando così il dominio che le era stato dato   come un regno, a motivo  dell’economia  voluta dal Padre, della quale  abbiamo  già parlato.

 

FILOSOFI GRECI E PROFETI EBREI:

Se i due ordini – cioè quelli della destra e quelli della sinistra – si uniscono gli uni agli altri per mezzo del pensiero posto tra di loro, (pensiero) che dà loro un’economia comune, essi operano insieme con lo stesso zelo   in queste cose:

quelli della destra si accordano con quelli della sinistra e quelli della sinistra si accordano anch’essi con quelli della destra.

A volte, l’ordine cattivo inizia stupidamente a fare il male, l’ordine intelligente   s’impegna a imitarlo   comportandosi da in giusto, compiendo anch’egli il male,  quasi che fosse una forza ingiusta.

A volte, al contrario l’ordine intelligente s’impegna a fare il bene a imitazione  dell’ordine  nascosto, impegnandosi a fare  anch’egli  lo stesso.

Così accade tra le cose  esistenti,  o tra  le       cose  aventi   somiglianza  con altre cose che (in realtà) tra loro non si rassomigliano:

essi, cioè  coloro che  non sono  stati istruiti, non ebbero  la forza di conoscere il corso di ciò che esiste.

Introdussero perciò diversi modi di vedere.
Certuni   dicono:

«Ciò  che   esiste,   esiste   per   opera   di   una provvidenza»:

sono coloro che osservano    la stabilità e la uniformità del movimento della creazione.

Altri dicono:

«Si tratta di qualcosa di estraneo»:

sono coloro che  osservano la diversità, l’anarchia e  il male  di queste  forze.

Altri dicono:

«Ciò  che  è  accaduto, è  ciò  che doveva accadere»:

sono coloro che si occuparono di questo fatto.

Altri dicono:

«È quanto  si accorda con la natura».

Altri dicono:

«È un automatismo».

Ma tutta intera la maggioranza non ha visto al di là degli elementi percettibili e non conobbe altro che quelli.

Quanti furono saggi, sia tra i Greci sia tra i Barbari, sono giunti fino alle forze derivanti dalla fantasia e dalla vuota speculazione.

Coloro che partirono da essi (i saggi), seguendo   il reciproco conflitto e il metodo ribelle operante in essi (i saggi), parlarono allo stesso modo con arroganza e fantasia delle cose sulle quali avevano riflettuto come (se si trattasse di) saggezza, mentre erano ingannati dalla somiglianza:

pensavano di essere pervenuti alla verità,   ed invece erano pervenuti all’errore.

Non furono soltanto i nomi (a fare ciò), ma anche le forze pensarono a ostacolarli, quasi che esse fossero il tutto.
Perciò quest’ordine composito lotta contro se stesso a motivo delle dispute  e  dell’orgoglio  di  una  delle  proli  dell’arconte  che  è  superiore e anteriore a lui.

Quindi, tra loro non vi fu accordo in cosa alcuna:

non in filosofia, non in medicina, non in retorica, non in musica, non in logica, ma soltanto opinioni e teorie.

Fu così che lei (la saggezza) annaspò verso l’ineffabile,    (ma era) composita a motivo della inesprimibilità dei dominatori che danno loro i pensieri.

Ciò che è venuto dalla stirpe degli Ebrei e ciò che fu scritto dagli ilici, parlanti alla maniera dei Greci, (era frutto) delle forze di coloro che pensano (ed era) attribuito a quelli della destra, (queste) forze li muovevano  tutti  a  pensare  parole  e  immagini.

cercavano  di giungere alla verità, ma si servivano delle forze composite operanti in essi.
Dopo fu stabilito l’ordine di coloro che non sono compositi.

lo stabilì colui che è l’unico fatto a immagine dell’immagine del Padre.

La sua natura non è  invisibile, tuttavia lo circonda una sapienza affinché egli custodisca il tipo di colui che è veramente invisibile.

Perciò una moltitudine di angeli non riuscì a vederlo.

Altri uomini, dunque, della stirpe ebraica, della quale abbiamo già detto, cioè i giusti e i profeti, nulla hanno pensato, nulla hanno detto,       nulla  hanno  compiuto  per  fantasia  o  per  analogia  o con pensiero velato.

ognuno, invece, (pensò) in conformità della forza che agiva  in  lui  attento  a  ciò  che  aveva  visto  e  udito,  e  ne  parlò fedelmente.

Custodendo  l’accordo  della   mutua   connessione,   in conformità di quelle (forze) che agivano in essi,   custodirono questa connessione e questo mutuo accordo soprattutto nella confessione di colui che è al di sopra di essi.

C’è uno che è superiore a essi, colui che fu designato perché hanno bisogno di lui.

Il Logos spirituale lo generò con essi come qualcuno che ha  bisogno  dell’Altissimo,  (lo generò)  in speranza  e  in  attesa  in conformità del pensiero, che  è  il seme  di salvezza:

è  il Logos illuminatore, cioè il pensiero e la sua prole e le sue emanazioni.

Questi giusti  e  questi profeti, dei  quali  abbiamo  parlato,  conservando  la confessione e la testimonianza dei loro  padri verso colui che è grande,   erano in attesa della speranza e dell’audizione.

In essi era  seminato  il seme  della  preghiera  e  della  ricerca.

era seminato in molti, in quanti hanno cercato per il consolidamento.

Esso (il seme) si manifesta, li spinge ad amare l’Altissimo, a proclamare queste cose come riguardanti un essere unico.

E uno solo era colui  che agiva in essi, mentre parlavano.

Nonostante la moltitudine di  coloro  che  tramandarono  questa visione  e  questa  parola,  le  loro  visioni  e  le  loro  parole  non  sono diverse.

È  per questo  che  quanti hanno  udito  ciò  che  dissero, non rifiutarono    nulla,   sebbene   dopo   averne   accolto gli scritti li interpretarono in diversi modi, suscitando    le numerose sette che tuttora sussistono presso i Giudei.

Da una parte, alcuni affermano che è un Dio uno, quello proclamato dalle antiche scritture.

Altri affermano che ci sono più (dèi).

Alcuni affermano che Dio è semplice e che era una mente unica   nella natura.

Altri affermano che la sua azione è duplice, ed è all’origine del bene e del male.

Altri ancora affermano che è l’artefice di ciò che esiste.

Ma altri affermano pure che    egli ha creato per mezzo degli angeli.

Certo, le opinioni del genere sono molte:

i loro maestri della Legge produssero molteplici e diverse forme di scritture.

Ma essi, i profeti, non dissero nulla secondo se stessi.

ognuno di essi si  attenne  a  quanto  aveva visto  e  a  ciò  che    aveva  udito    dal proclama del Salvatore:

è così che ognuno predicò.

L’essenziale della loro  predicazione  consiste  in  ciò  che  ognuno  diceva  a  proposito dell’avvento del Salvatore, cioè di questo avvento.

A volte i profeti ne parlano come in procinto di realizzarsi, a volte quasi  che  il  Salvatore  parlasse  per  mezzo  delle  loro  bocche,  e affermano che il Salvatore verrà e grazierà coloro che non l’hanno  conosciuto.

dato che non sono tutti concordi sulla confessione.

Ma ognuno, per conto suo, ricevette da lui l’energia di parlare di lui.

Il luogo che gli fu concesso di vedere, pensò che fosse quello nel quale sarebbe stato generato colui che da quel luogo doveva venire:

nessuno di loro, infatti, seppe   d’onde verrà e da chi sarebbe stato generato.

Soltanto di lui era giusto che si parlasse, di lui che stava per nascere e che avrebbe sofferto.

Tuttavia ciò che egli era prima, ciò che egli è dalla eternità, l’ingenerato, il Logos impassibile che venne nella carne,    questo non passò nella loro mente.

Questo è il motivo per cui ricevettero l’impulso di parlare della sua carne, che stava per essere manifestata, affermando che essa è «prole di tutti loro» (gli arconti).

ma, anteriormente a ogni cosa, fu il Logos spirituale — causa di ciò che esiste — colui dal quale il Salvatore ricevette   la sua carne.

Egli lo concepì nella manifestazione della luce – conforme alla parola della promessa – (fin) dalla sua manifestazione nello stato seminale.

Infatti, colui che è, non è il seme delle cose che esistono, dato che egli lo generò alla fine.

Ma  colui per  opera  del  quale  il Padre  ha  stabilito  la  manifestazione della salvezza, cioè il compimento della promessa,   ebbe tutti i mezzi per la discesa (quaggiù) nella vita.

ed è per mezzo di essi che egli discese.

 

L’INCARNAZIONE, DISCEPOLI,  APOSTOLI,  EVANGELISTI:

Ma il suo Padre è unico:

lui solo gli è veramente Padre:

invisibile, inconoscibile, incomprensibile  nella sua natura.

colui che solo è Dio nella sua volontà e nella sua grazia, e colui che volontariamente si è offerto per essere   visto,  conosciuto,  compreso.

Questo  –  per volontaria compassione – è il nostro salvatore:

egli è ciò che essi erano.

è per amor loro che si manifestò in una passione  involontaria.

Essi erano  diventati  carne  e  anima  – loro padroni per  sempre  – e  così morivano  nella corruzione.

Ma coloro che vennero all’esistenza,  l’invisibile li istruì invisibilmente  su se stessi.

Non  solo  egli  prese  su  se  stesso  la  morte  di  coloro  che  aveva deliberato di salvare, ma accettò anche quella loro piccolezza nella quale erano discesi, allorché digiunavano nel corpo e nel  l’anima.

accettò, inoltre, di essere concepito    e di nascere – corpo e anima – come un bambino.

Tra tutti gli altri che partecipavano in essi (nel corpo e nell’anima), tra quelli che erano caduti e ricevettero la luce, egli apparve elevato, perché si era fatto concepire nell’impeccabilità, nell’incorruzione, nella purezza immacolata.

Pur essendo nella vita, egli fu generato nella vita perché  questi e  quelli erano   nella passione  e  nella mutevole opinione del Logos che si era mosso, e che li determinò a essere corpo e anima.

Egli accettò di essere colui che andò verso coloro dei quali abbiamo già parlato.

Egli venne dalla visione splendente e dal pensiero immutabile, dal Logos che, dopo il suo movimento al di fuori dell’ «economia», è ritornato in sé,   come coloro che sono venuti con lui ricevettero corpo e   anima,   raddrizzamento,   stabilità,   e   discernimento   delle    cose.

D’altronde  essi stessi allorché  pensarono  al  Salvatore, pensarono  a venire.

E  sono  venuti allorché  egli conobbe.

Anch’essi sono  venuti elevandosi nell’emanazione secondo la carne più di quanti sono stati prodotti da una inefficienza.

In tal modo anch’essi emanarono corporalmente  con  il Salvatore  per  mezzo  della  rivelazione  e dell’unione con lui.

Questi altri sono quelli dell’unica sostanza, la quale è interamente spirituale.

Ma l’«economia» fu diversa:

una in un modo,    una in un altro.

Da un lato, certuni derivanti dalla passione e dalla divisione, hanno bisogno di guarire.

Altri provenienti dalla preghiera guaritrice delle  malattie, furono posti per  la  cura  di coloro  che  sono  caduti:

costoro  sono  gli apostoli  e  gli  evangelisti,  sono  i discepoli  del Salvatore, sono i maestri di coloro che hanno   bisogno di istruzione.

Perché, dunque, parteciparono anch’essi a queste passioni alle quali parteciparono  coloro  che  derivano  dalla  passione,  se  essi furono prodotti, in conformità della «economia», con il Salvatore secondo il corpo,  mentre  egli  non  ha partecipato alle  passioni?

Ma,  egli,  il Salvatore, era un’immagine dell’unico, egli che  secondo il corpo è il tutto:

perciò ha mantenuto il tipo della indivisibilità, d’onde deriva l’impassibilità.

Essi, invece, sono immagini di ognuno di quelli che si sono manifestati.

Perciò assumono in se stessi la divisione dal tipo, avendo ricevuto forma per la piantagione che è sotto (il cielo), la quale   partecipa al male presente nei luoghi ove essi sono giunti.

La volontà, infatti, mantenne il tutto sotto il peccato, cosicché in questa volontà egli abbia pietà del tutto, ed essi siano salvi:

uno solo essendo stato destinato a dare la vita.

tutto il resto avendo bisogno della salvezza.

È per questo (motivo)  che, tra quelli di questo genere, egli fu    il primo a ricevere la grazia di distribuire gli onori predicati da Gesù, e che egli giudicò degni di venire predicati anche agli altri.

in essi era stato deposto il seme della promessa di Gesù Cristo, del quale abbiamo servito la rivelazione e l’alleanza.

Tale promessa comportava la loro istruzione e il loro ritorno a ciò che  essi erano  stati fin   dall’inizio.

di questo  possedevano   una goccia, di modo che a esso potessero fare ritorno ed è ciò

che  si  chiama  «la  redenzione».

Questa è la  liberazione  dalla prigionia e l’accettazione della libertà.

(la liberazione) dalla prigionia di coloro che sono stati schiavi dell’ignoranza regnante nei loro luoghi.

La libertà è appunto la  conoscenza  della  verità  anteriore  all’esistenza  dell’ignoranza e regnante da sempre, senza inizio e senza fine, essa è il bene, è la guarigione delle cose, è la liberazione di questa natura  servile  di  cui  hanno  sofferto  quanti  sono  stati  prodotti  dal meschino pensiero della vanità, cioè (dal pensiero) che inclina al male, in  quanto  questo  pensiero  li trascina  all’amore  del  potere:

costoro hanno ricevuto questo bene prezioso, che è la liberazione, dalla sovrabbondanza della grazia la quale guardò verso i figli.

ma, per essi, (la libertà)  è ancora eliminazione della passione e distruzione di ciò che il Logos _ divenuto    causa della loro esistenza e della loro distruzione -scartò da se stesso fin dall’inizio, separandolo da sé.

la loro distruzione  l’ha, invece,  riservata per la fine  dell’«economia», permettendone l’esistenza, in quanto anch’essi sono utili per le cose alle quali furono ordinati.

 

PNEUMATICI – PSICHICI – ILICI – LA CHIESA:

L’umanità  è,  infatti,  divisa  in  tre  specie  in  base  alla  natura  (di ognuna), cioè:

la pneumatica, la psichica, e la ilica, mantenendo il tipo della triplice disposizione del Logos dalla quale    furono prodotti gli ilici, gli psichici,  e  i  pneumatici.

Ognuna di  queste tre  stirpi  si riconosce dal suo frutto.

Esse, tuttavia, non erano conosciute prima:

fu l’avvento del Salvatore  che  illuminò i santi su se  stessi e  rivelò di ognuno ciò che è.
La stirpe pneumatica –  essendo luce da luce, e spirito da spirito – allorché apparve la sua testa si precipitò verso di lui per incontrarlo:

diventò  come  un  corpo  davanti  alla  propria testa.

accolse con sollecitudine la conoscenza per mezzo della rivelazione.

La stirpe psichica, essendo una luce che viene dal fuoco, esitò a ricevere  la  conoscenza   di  colui  che  le  si  era  rivelato in modo sovrabbondante.

(esitò) a precipitarsi verso di lui con fede, nonostante fosse stata istruita abbondantemente dalla viva voce.

mentre (questa stirpe) non era lontana dalla speranza – in conformità della promessa -, si ritenne soddisfatta avendo ricevuto, per così dire come un pegno, la conferma delle cose future.

La stirpe ilica, al contrario, è «straniera» sotto  ogni aspetto:

in quanto è oscurità, al sorgere della luce si scarterà poiché il suo apparire la distrugge, in quanto essa non ha accolto più la sua unità ed è piena di odio verso il signore che si rivela.

La  stirpe  pneumatica,  infatti, riceverà  integralmente  la  salvezza sotto ogni aspetto.

mentre la ilica riceverà la perdizione sotto ogni aspetto, come   colui che gli è rimasto contrario.
La stirpe psichica, invece,  trovandosi  nel  mezzo  sia  per  la  sua origine,  sia  per  la  sua stessa  costituzione,  ha  un  doppio  aspetto  a seconda della sua determinazione al bene o al male.

(Se) essa accoglie subito l’allontanamento (dal male) e con sollecita premura corre verso i beni prodotti dal Logos secondo il suo primo pensiero –  quando si ricordò dell’Altissimo e pregò per la salvezza -, essa acquista subito la salvezza:

sarà salvata subito a motivo del pensiero della salvezza.

allo stesso modo in cui fu prodotto lui, così essi furono prodotti da lui.

siano essi angeli oppure uomini, in conformità della confessione dell’esistenza di colui che è elevato al di sopra di essi, e in conformità della preghiera e della ricerca a suo riguardo, anch’essi otterranno la salvezza come coloro che furono prodotti in conseguenza della disposizione:

costoro sono buoni.

Costoro furono posti al servizio dell’annunzio dell’avvento   del Salvatore futuro e della sua avvenuta rivelazione, sia che si tratti di angeli oppure gli uomini.

Allorché egli fu mandato al loro servizio, essi ricevettero la natura della loro esistenza.

Coloro, invece, che vengono dal pensiero della brama di potere, coloro che derivano dal conflitto di quanti lottano contro di lui, quelli cioè  che  il pensiero    produsse  da  costoro,  essendo  essi  una amalgama, riceveranno la loro fine quasi improvvisamente.

Gli uni, quelli cioè che si allontaneranno dalla brama di potere – data loro temporaneamente e per qualche momento -daranno onore al signore della  gloria  e   abbandoneranno  la  loro  collera,  riceveranno  la ricompensa della loro umiltà, che è la perseveranza per sempre.

Gli altri, al contrario, quelli cioè che   sono orgogliosi della  loro brama  e  ambizione,  coloro che amano la gloria  fuggevole, che dimenticano  la  momentaneità  e  la  temporaneità  del  potere  loro affidato, e perciò non hanno confessato il Figlio di Dio,   il Signore del  tutto  e  il Salvatore,  (coloro) che non si sono  allontanati dall’irascibilità e dalla somiglianza con i cattivi, a motivo della loro ignoranza e della loro mancanza di conoscenza – che è sofferenza -, costoro riceveranno un giudizio insieme a coloro che hanno sbagliato, insieme a tutti coloro che si sono distolti da se stessi.

anzi, fecero ancor peggio:

commisero contro il Signore le stesse cose indegne che le potenze di sinistra commisero contro di lui, fino alla morte.

E in esse  perseverarono  dicendo:

«Se potrà  essere  ucciso  colui  che  fu annunziato come re del tutto, noi diverremo arconti del tutto».

(così dissero)  allorché  si  diedero  da  fare  per  realizzare questo, cioè gli uomini e gli angeli   che non provengono dalla buona disposizione, ma dall’amalgama.

Costoro  preferirono  la  gloria,  il desiderio,  la  brama – anche  se effimeri -, mentre la via per il riposo eterno è attraverso l’umiltà per la salvezza di coloro che saranno salvati, cioè per quelli della destra.

Dopo che essi avranno confessato  il Signore e il pensiero di ciò che è gradito alla Chiesa e il canto di coloro che sono umili con essa, in tutto ciò che possono compiere di gradito a essa – partecipando alle sue malattie e alle sue sofferenze, sull’esempio di quanti comprendono ciò che è buono per la Chiesa – riceveranno la partecipazione alla sua speranza.

Questo tuttavia (va) detto j a proposito del modo in cui la via degli  uomini  e  degli  angeli, provenienti dall’ordine  della  sinistra, conduce allo smarrimento:

non solo perché rinnegarono il Signore e ordirono un cattivo consiglio contro di lui, ma anche (perché) il loro odio, la loro invidia, e la loro gelosia erano diretti anche contro la Chiesa.

e  questo  è  il motivo  della  condanna  verso  coloro  che si mossero e insorsero per mettere alla prova la Chiesa.

L’elezione forma un solo corpo e una sola sostanza con il Salvatore, poiché a motivo della unità e dell’armonia con lui, è come una camera nuziale.

È, infatti, prima di ogni luogo il Cristo verme per lei.

La chiamata, invece,    ha il posto di coloro che gioiscono della camera nuziale, di coloro che sono contenti e felici dell’unione dello sposo con la sposa.

Il luogo che avrà la chiamata è l’eòne delle immagini, là dove il Logos non è ancora congiunto con la pienezza.

 

IL SALVATORE SALVATO – LA REDENZIONE:

L’uomo della Chiesa gioisce e gode di questo,   e quivi pone la sua speranza.

Egli fu diviso  in spirito, anima, e  corpo  nell’economia di colui che pensava di essere solo, mentre con lui c’era l’uomo che è il tutto, che è tutti loro, e che possiede la discesa per mezzo della chiamata  che   i luoghi riceveranno, e ha quelle membra delle quali abbiamo già parlato.

Quando fu annunziata la  redenzione,  l’uomo perfetto  ricevette subito  la  conoscenza  per  ritornare  sollecitamente  alla sua  unità, al luogo d’onde venne, per ritornare di nuovo con gioia al luogo  d’onde venne, al luogo dal quale discese.

Ma le sue membra avevano bisogno di un luogo d’istruzione:

esso è in quei luoghi che furono  disposti  affinché  per  mezzo  loro  possa ricevere   la  rassomiglianza delle immagini,  degli  archetipi  – alla maniera di uno specchio – fino a tanto che le membra del corpo della Chiesa  siano  in  un  solo  luogo  e  ricevano  nel  contempo  la restaurazione,    manifestandosi  come  il corpo  integrale,  cioè  la restaurazione alla pienezza.
C’è qui un precedente accordo, una mutua intesa, cioè l’accordo con il Padre, fino a tanto che i tutti abbiano ricevuto, in lui, la formazione.

Ma  la  restaurazione  avverrà  alla  fine,  dopo  che  il  tutto  si  sarà manifestato in colui il quale è il    Figlio, è la redenzione, è la via verso il Padre incomprensibile, e cioè il ritorno al preesistente, a colui nel quale si manifestano veramente i tutti – colui che è l’inconcepibile, l’ineffabile,    l’invisibile, e l’inafferrabile – al fine di ricevere la redenzione.

Questa non è soltanto la liberazione dal dominio di quelli della sinistra, né è soltanto una fuga dal potere di quelli della destra – da coloro dei quali pensavamo di essere schiavi e   figli, e dai quali nessuno sfugge a meno di diventare subito nuovamente dei loro -.

ma la  redenzione  è  anche  ascensione,  è  i gradi  che  si  trovano  nella pienezza, è tutto ciò al quale fu dato un nome e che si comprende proporzionalmente  al  potere  di  ogni  eòne,  è  penetrazione  fino  al silenzioso, fino là ove non c’è bisogno   né di voce né di conoscenza né di pensiero né di illuminazione:

(fino là) ove tutto è luce e non c’è bisogno che vi sia illuminazione.

Poiché non sono soltanto gli uomini terrestri ad avere bisogno della redenzione:

gli stessi angeli hanno bisogno della redenzione e, con essi, l’immagine, anche le pienezze  degli eòni e le meravigliose potenze illuminatrici.

affinché non siamo nell’incertezza a proposito di alcuna cosa, lui stesso, il Figlio, che fu stabilito qual luogo di redenzione per il tutto, ebbe bisogno della redenzione:

anch’egli (ne ebbe bisogno), – in quanto è divenuto uomo – allorché diede se stesso per ogni cosa di cui  necessitiamo,  noi  che  siamo  nella  carne,  noi  che  siamo  la  sua Chiesa.

Allorché egli all’inizio, ricevette la redenzione per mezzo del Logos disceso su di lui, anche tutto il resto, coloro cioè che lo ricevettero per se stessi, ricevette la redenzione, per mezzo di lui.

Coloro, infatti, che hanno ricevuto anche colui che è in lui.

Allorché tra gli uomini che sono nella carne egli iniziò  a dare la redenzione – il suo primogenito, il suo amore, questo Figlio che si è fatto carne -, gli angeli – cittadini del cielo – chiesero di potere far dimora con lui sulla terra.

Per questo egli è detto «la redenzione  degli  angeli»  del  Padre,  il  quale consolò coloro che  soffrivano profondamente a motivo della sua conoscenza.

perciò lui fu ringraziato prima di ogni altro.

Il Padre,  infatti,  fu  il  primo  a  conoscerlo:

quando  era nel  suo pensiero, quando non c’era ancora nulla, quando aveva ancora in se stesso coloro ai quali egli lo ha rivelato, pose  l’inefficienza su colui che per momenti e tempi resta a gloria della sua pienezza.

il fatto che essi non lo conoscevano fu il motivo per cui egli uscì in accordo con I suoi  compagni (e  il motivo)  della  sua  amalgama:

e  così  la recezione della conoscenza di lui è la rivelazione della sua liberalità, e la rivelazione della sua sovrabbondante dolcezza, e questa è la seconda gloria, e così ancora si trovò a essere causa di ignoranza pur essendo il genitore della conoscenza.

SALVEZZA DEI PNEUMATICI:

In una sapienza nascosta e incomprensibile, egli ha custodito fino alla fine la conoscenza, fino a quando i tutti non si impegnarono nella ricerca di Dio:

il Padre che nessuno ha trovato per mezzo della propria sapienza e delle proprie forze.

Nel suo generoso pensiero, egli dà se stesso affinché essi ricevano la conoscenza della grande gloria da lui donata, e  del motivo  per  cui la  diede, cioè  il ringraziamento   perpetuo.

Nel suo immutabile consiglio, egli si rivela per sempre a coloro che saranno  degni del  Padre, la  cui natura  è  sconosciuta, affinché, per opera del suo volere, ricevano la conoscenza di lui, ed esperimentino l’ignoranza e le sue sofferenze.

Coloro, infatti, che  egli  previde   che   avrebbero   ottenuto   la conoscenza e   i beni che essa comporta, sapevano che la sapienza del  Padre  (voleva)   che  provassero  i  mali e per mezzo loro si esercitassero,  come  con  un’istruzione  transitoria,  affinché potessero ricevere la gioia dei beni imperituri.

I In essi c’era il cambiamento  e  la perseveranza nell’abbandono di ciò che si contrappone alla gioia e all’ammirazione delle cose elevate.

affinché appaia chiaramente come l’ignoranza di coloro che non conoscono il Padre era il loro modo d’essere.

Colui che diede loro la conoscenza di lui (del Padre) aveva il potere  di fare loro comprendere che la conoscenza, nel senso più pieno, è detta «la conoscenza di tutte le cose pensabili» e «il tesoro», ma che essa  è  pure  «l’aggiunta  per  un  sovrappiù  di  conoscenza»,  «la rivelazione delle cose che sono state precedentemente conosciute» e «la via verso  la concordia e  verso  ciò  che  esisteva prima» .

cioè l’accrescimento di coloro che hanno abbandonato quella che era la loro grandezza nella «economia» della loro volontà, affinché la fine possa diventare come è l’inizio.

 

IL BATTESIMO:

A proposito  del battesimo, che  nel senso  più pieno  è  quello  nel quale  discenderanno  i  tutti  e  nel  quale  saranno,  non  v’è   altro battesimo al di fuori di questo soltanto    che è la redenzione in Dio Padre, nel Figlio, e nello Spirito Santo, allorché si fa la confessione attraverso la fede in questi nomi, che sono un nome unico del Vangelo,    dopo che (i battezzati) hanno creduto  che quanto è stato detto loro proviene da lui.

Quelli che crederanno che è così possiedono la salvezza – la quale è stabilizzazione nella invisibilità del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo con una fede priva di dubbi -.

Con ferma speranza essi resero a loro (al Padre, al Figlio, e allo Spirito) la propria testimonianza, si aggrapparono a loro, affinché il ritorno a loro possa diventare la perfezione di quanti credettero in essi, affinché il Padre sia uno con essi:

il Dio Padre che essi hanno confessato con fede, e che ha concesso l’unione con lui per mezzo della conoscenza.

Il battesimo del quale   abbiamo parlato è detto «abito di coloro che  non  se  ne  svestono»,  in  quanto  è  portato da  coloro  che  lo indossano, e da coloro che  ricevettero  la  redenzione.

è  detto  «la conferma della verità indefettibile» nella inflessibilità e nella stabilità, in quanto egli li tiene saldamente, ed essi – coloro   che ricevettero la restaurazione – si aggrappano a lui.

è detto «silenzio» a motivo della tranquillità e dell’assenza di  turbamento.

è  detto  pure  «camera nuziale», a motivo dell’accordo e della inseparabilità tra coloro che lo conoscono, poiché giunsero a conoscerlo.

è detto    pure «luce senza tramento e senza fiamma», sebbene non illumini, poiché quanti se ne rivestono, quelli che esso ha rivestito, diventano luce.

è detto ancora «la  vita  eterna»,  cioè  la  (vita)   immortale.

è  detto  «ciò  che  è interamente, semplicemente    e rettamente se stesso», in quanto è piacevole, inseparabilmente e inalienabilmente senza difetto e senza esitazione   rispetto  al  modo  d’essere   di  coloro  che   ricevettero l’iniziazione.

E  qual  altra  denominazione  gli si  potrebbe  dare  se  non  la denominazione:

«esso è i tutti» ?

Anche se per designarlo gli si danno innumerevoli nomi, esso è   al di là di ogni parola, al  di là di ogni voce, al di là di ogni mente, al di sopra di ogni cosa, al di là di ogni silenzio.

Questo è il suo modo d’essere, e questo è il suo modo d’essere verso coloro che sono ciò che è lui.

Questi è colui che essi trovano:

egli è  ineffabilità e incomprensibilità, affinché (essi) possano essere annoverati tra coloro che lo conoscono per mezzo di ciò che hanno raggiunto.

Questi  è  colui  che  essi  hanno  glorificato in  merito  alla elezione, anche  se  qui vi sarebbe  da dire  molto  più di quanto (adesso) è conveniente dire.

 

DESTINO DEGLI PSICHICI:

Quanto  a  «quelli della  chiamata» – come  sono  detti quelli della destra  – è  necessario  che  ne  riparliamo:

il non  parlarne  più,  non sarebbe utile.

In ciò che precede ne abbiamo parlato   a sufficienza nella misura richiesta – ma in che modo parziale!

Allora, infatti, dissi che tutti coloro che sono venuti per mezzo del Logos, sia dalla condanna delle cose cattive, sia dalla collera che a esse si oppone, sia dalla separazione da esse  – il che  equivale  alla   conversione   alle       cose  elevate,  alla preghiera, al ricordo, alle realtà preesistenti, alla speranza e alla fede -, (dissi) che riceveranno la salvezza per mezzo delle opere buone.

Essi ne furono giudicati degni in quanto sono esseri provenienti da buone disposizioni — poiché la causa della loro generazione è un pensiero  derivante  da colui  che è -, e in quanto il Logos non era ancora entrato invisibilmente a contatto con essi.

L’Altissimo volle aggiungere anche questo pensiero, perché essi avevano bisogno  di lui, I che fu la causa della loro origine.

Certo, allorché furono salvati, essi non si esaltarono tanti quasi che nessuno  fosse  esistito  prima  di loro.

invece, confessano  che  il loro essere ha un principio, e desiderano conoscere colui che esiste prima di loro.

inoltre hanno venerato  la manifestazione della luce apparsa come  un  fulmine,  e  hanno testimoniato che tale  manifestazione avvenne per la loro salvezza.

Poiché, conforme all’abbondanza della grazia, parteciperanno al riposo non soltanto coloro che provengono dal Logos – cioè solo quelli dei quali abbiamo detto che si dirigeranno verso il bene – ma anche coloro che essi hanno generato in conformità alle buone disposizioni.

Coloro  che  furono  prodotti dalla  brama  dell’amore  del potere  – avendo in se stessi quel seme che è l’amore del potere riceveranno la ricompensa delle (loro) buone azioni:

cioè sia quelli che agirono sia quelli    che ebbero la predisposizione  al bene.

se essi vogliono e desiderano liberamente  abbandonare  l’amore  della  gloria  vana  e passeggera, e    al posto  dell’onore  transitorio,  porranno  il comandamento del Signore della gloria, erediteranno il regno eterno.

Ma adesso è necessario che affianchiamo le cause agli effetti della grazia  su  di  loro  e  agli  impulsi.

e  questo  è  opportuno  in  quanto abbiamo già parlato della salvezza di tutti «quelli della destra»,    di tutti  i «non amalgamati» e  degli  «amalgamati».

(è  necessario) affiancarli gli uni con gli altri per esporre in un discorso appropriato il riposo che è la rivelazione della forma nella quale essi hanno creduto.

E infatti, allorché abbiamo confessato il regno che è nel Cristo, siamo stati liberati da tutta questa molteplicità di modi d’essere, dall’ineguaglianza, e dal cambiamento.

Poiché la fine sarà una e unica, come uno e unico fu l’inizio:

quivi non c’è né maschio né femmina né schiavo né libero né circoncisione né incirconcisione né angelo né uomo, ma il tutto nel tutto:

il Cristo.

Di qual genere è colui che all’inizio non esisteva?

lo si troverà allorché esisterà.

Qual è la natura di colui che non era schiavo?

Egli si affiancherà a   un uomo libero.

Infatti, riceveranno la visione in un modo sempre più naturale, e non con una semplice piccola parola sicché credano soltanto per opera di una voce.

tale, infatti, è il modo reale.

Una e unica è la restituzione a ciò che era.

anche se, a motivo della «economia», vi saranno alcuni più elevati perché  posti come cause di altre cose che vennero all’esistenza, perché forze naturali più attive, e perché sono desiderati a causa di esse, tuttavia angeli e uomini riceveranno il regno, la stabilizzazione, e la salvezza.

Le cause, dunque, sono queste:

per coloro che si manifestarono nella carne credendo, senza esitazione, che egli era il Figlio del Dio sconosciuto, colui del quale   prima non si era parlato e non aveva potuto essere visto.

abbandonarono gli dèi precedentemente adorati, e i signori che sono nel cielo e nella terra:

prima che salisse in cielo, quand’era  ancora  un  bambino,  essi  attestarono  che  egli  aveva  già iniziato a predicare.

e allorché giaceva nella tomba come un morto, gli angeli pensavano che egli era vivo:

da lui ricevettero la vita,

da lui che era morto.

Tuttavia, all’inizio, desideravano che i loro servizi e miracoli – che avevano luogo nel tempio – fossero molti.

Ma ciò che resta per sempre è la confessione che per sua natura ha il potere di operare in essi tali cose per mezzo del ricorso a lui.

La preparazione  che  essi non accolsero,    l’hanno  respinta  a causa di colui che non era stato mandato da quel luogo.

hanno  però accolto il Cristo, che pensavano essere in quel luogo dal quale sono venuti con lui:

luogo degli dèi e dei signori.

Essi guarivano coloro ai quali servivano.

erano al loro servizio    per mezzo dei nomi che avevano ricevuto in prestito.

questi erano stati dati a colui che con essi è designato propriamente.

 

GLI ANGELI – LA CHIESA:

Ma dopo la sua ascensione costoro compresero, per esperienza, che egli è il loro Signore, sul quale non v’è alcun signore.

A lui diedero i loro regni.

si alzarono dai loro troni, si disfecero  dei  loro     diademi.

E  per  i motivi  dei  quali abbiamo parlato in precedenza, cioè la salvezza e la conversione al pensiero buono,

egli si manifestò a loro, fino a quando mandò   gli angeli compagni, gli angeli servitori, e l’abbondante bene che così poterono compiere.

In  tal  modo  furono  abilitati  ai  servizi  in  favore  degli  eletti, trasferendo in cielo la loro iniquità.

Essi li mettevano continuamente alla prova in merito alla umiltà e all’assenza di deviazione del(loro) corpo, seguitando nel loro   interesse fino a quando tutti giungano alla vita ed escano dalla vita, mentre i loro corpi restano sulla terra.

Essi (gli angeli) sono al servizio di tutti i loro nomi, partecipando alle loro sofferenze, alle persecuzioni, e alle oppressioni dirette contro i santi in ogni luogo.

Poiché i servi del male,    la cui cattiveria meritava la distruzione attraverso…, erano guidati dalla cattiveria di colui che è al di sopra di tutti i mondi.

Quando avrà ricevuto la redenzione da colui che da la ricompensa, la Chiesa ricorderà come buoni amici e servitori fedeli coloro i cui pensieri sono bontà e amicizia.

Poiché nella sua camera nuziale ce la gioia, e nella sua casa ce l’amore\ sono le nozze spirituali, il dono e l’obbligo che lei ha.

Con lei, infatti, c’è il Cristo, e lei è in attesa della salvezza del tutto.

Per essi, lei produrrà degli angeli quali guide e servitori  affinché  ricordino  il piacevole  ricordo.

sono  i servizi  che rendono  a  lei.

e  darà  loro  la  ricompensa  per  tutto  ciò  che progetteranno gli eòni.

 

I PNEUMATICI – GLI ILICI – LA REDENZIONE FINALE:

Da essi emana colui che è elevato.

Come il Cristo compì io la sua volontà, che egli manifestò, ed esaltò le sue (della Chiesa) grandezze dandoli a lei, così il loro pensiero sarà lei.

Egli dà agli uomini dimore eterne  e  in  esse  rimarranno  dopo  che  avranno  abbandonato l’attrazione    della inefficienza, allorché la potenza della pienezza li attrarrà  in  alto nella grandezza della  liberalità e nella dolcezza dell’eòne preesistente.

Così è la natura di tutta la generazione di coloro che gli appartengono allorché egli – che è la rivelazione – appare loro nella luce.

l’uomo   diventa  come  lui, per  opera       del  potere che riceverà, essendo come il suo signore:

il cambiamento ha luogo solo in quelli che si sono cambiati.

……… dare lode, come dissi.

Gli ilici resteranno fino alla fine per l’annientamento, dato che non saranno trasferiti a un loro eòne.

Come potrebbero  ritornare a ciò che non e fatto per essi?

Infatti, secondo la maniera in cui erano, non si trovavano nell’eòne.

tuttavia, nel tempo in cui vissero in mezzo a essi, furono utili.

sebbene, all’inizio, non siano stati eletti.

Tenuto conto del potere che avevano, che era a loro disposizione,  come avrebbero  potuto    agire  diversamente} Sebbene,  infatti,  io seguiti  a  servirmi  di  queste  parole,  non sono pervenuto  al  loro  significato………   ……  tutti…  angeli…  parola,  e  il suono della  tromba annunzierà, nel bello Oriente, un grande e perfetto  perdono  nella  camera    nuziale,  che  è  come un  luogo preparato in conformità  della potenza la quale è manifestazione della  grandezza del Padre e della  dolcezza  del  suo  amore:

egli  si manifesta alle grandezze per mezzo dell’abbondanza della sua bontà.

Sua è, infatti, la lode, la potenza e la  gloria per mezzo  del suo Cristo, il Signore,  il Salvatore, il Redentore per tutti coloro  che sono ricchi di amore, per opera del suo  Spirito  Santo, da ora alle generazioni delle generazioni, e nei secoli  dei secoli.

Amen.