IL SISTEMA DELL’«APOCRIFO DI GIOVANNI».
a cura di Hans Jonas
Vogliamo dare qui come termine di confronto un riassunto del capolavoro della gnosi barbeliota, l’”Apocrifo di Giovanni”, pubblicato di recente da W. TILL, “Die gnostischen Schriften des koptischen Papyrus Berolinensis 8502” (Texte u. Untersuchungen 60), Berlino 1955.
Esso presenta sotto certi aspetti uno stretto parallelismo col sistema valentiniano, con un’abbondanza di simbolismo non inferiore a quello del mito valentiniano, sebbene in generale ad un livello intellettuale più primitivo, e in particolare senza quella profondità di concezioni che costituiscono l’originalità unica del pensiero valentiniano.
Per tale ragione, possiamo considerarlo con più precisione come espressione del pensiero comune della gnosi siro-egiziana o di quella della Sophia.
– Il Primo Dio.
Come tutta la speculazione gnostica, la rivelazione dell’”Apocrifo” (una volta stabilito che si tratta di un certo grado di rivelazione) inizia con una dissertazione sul Primo Principio ultra-trascendente;
e qui ritroviamo quel genere di verbosità enfatica e patetica che «l’ineffabile» sembra aver suscitato in coloro che lo professavano:
le quattro e più pagine di descrizione diffusa dedicate all’ineffabilità dell’Assoluto divino – che spaziano sul tema della sua purezza, infinità, perfezione eccetera che è oltre misura, qualità, quantità e tempo;
al di là della comprensione, descrizione, nome, distinzione;
oltre la vita, la beatitudine, la divinità e persino l’esistenza – sono un esempio tipico della nascente «teologia negativa», i cui sostenitori non si stancarono per secoli, nonostante la natura per sé deludente della loro impresa.
A giusto titolo più reticenti, i Valentiniani si contentarono di alcuni simboli eloquenti (come «Abisso», «Silenzio»).
– Barbelo e gli Eoni (Pleroma).
Lo Spirito-Padre è circondato dalla «pura [anche: viva] acqua della sua luce»;
e abbiamo riferito precedentemente in che modo avvenga, mediante il suo riflesso in essa, il primo spontaneo raddoppiamento della divinità, risultante nell’ipostatizzazione del suo Pensiero, la Prima Ennoia.
Essa è anche «Primo Uomo» (nome applicato in seguito al Padre stesso), «spirito originario», «maschio-femmina», ed è chiamata Barbelo.
Di qui procede la generazione del Pleroma.
«Barbelo chiese a Lui di darle la ‘Prima Conoscenza’ ed Egli l’accordò:
dopo che Egli l’ebbe concessa, la Prima Conoscenza divenne manifesta [venne a manifestazione, ossia passò dall’immanenza all’essere separato]», ed in maniera simile anche gli Eoni vengono prodotti – astrazioni personificate che si uniscono nel glorificare l’Invisibile e Barbelo – finché il Pleroma è completo;
eccetto l’Unigenito Figlio (Cristo) che è «nato» in modo più sessuale dall’Ennoia, mediante la sua «intensa» contemplazione del Padre.
Non si trova qui l’emissione degli Eoni a coppie che come tale è fonte di ulteriori emissioni (schema valentiniano, riferito da Ireneo che lo afferma anche per i Barbelognostici).
Ma la coppia-principio è improvvisamente menzionata al momento della violazione:
al momento dell’aberrazione della Sophia.
– Sophia e Ialdabaoth.
Con ciò la narrazione giunge all’evento cruciale della trasgressione e della crisi da cui ha origine l’ordine inferiore.
«Ma nostra sorella (minore), Sophia, essendo un Eone, concepì un pensiero da se stessa;
e pensando allo Spirito [Padre] e alla Prima Conoscenza volle far apparire fuori da se stessa l’immagine, sebbene lo Spirito non avesse consentito o accordato ciò, né il suo compagno (di coppia) fosse d’accordo con lei…
Essa non trovò più il suo consorte a mano a mano che procedeva senza il consenso dello Spirito e senza che il suo consorte sapesse, gonfiandosi [?] per il prurito che era in lei.
Il suo pensiero non poteva rimanere latente [inattivo] e la sua opera venne fuori, imperfetta e brutta di aspetto, perché essa l’aveva fatta senza il suo compagno.
E non somigliava a sua Madre, essendo di forma diversa… [cioè a forma di serpente e leone]…
Essa lo cacciò via da sé, fuori da quei luoghi, in modo che nessuno degli Immortali lo vedesse, perché lo aveva generato nell’ignoranza.
E lo coprì con una nube di luce per timore che qualcuno lo vedesse… e lo chiamò Ialdabaoth.
Questo è il Primo Arconte.
Egli ricavò grande potere da sua Madre.
Si ritirò da lei e si allontanò dal luogo dove era nato.
Prese possesso di un luogo differente.
Creò egli stesso un eone che fiammeggia con fuoco splendente dove tuttora dimora».
– Gli Arconti e gli Angeli.
«E si unì all’Irragionevolezza che era con lui e produsse i poteri che sono sotto di lui… [angeli, secondo l’ordine numerico degli Eoni incorruttibili, moltiplicati con un gioco numerico non troppo chiaro fino al totale di 360]…
Essi vennero a manifestazione del Progenitore, il Primo Arconte delle Tenebre, dall’Ignoranza di lui che li aveva generati…».
I poteri principali sono dodici, di cui sette sono posti sopra i cieli e cinque sopra il caos del mondo inferiore (non più menzionati in seguito).
I nomi dei sette, con una sola eccezione, sono i nomi del Dio degli Ebrei o corruzioni di essi, e i loro soprannomi di bestie (per esempio, Eloaios dall’aspetto d’asino, Iao dall’aspetto di serpente, Adoni dall’aspetto di scimmia) mostrano la profondità del disprezzo o repulsione che gli Gnostici provavano per i reggitori del mondo.
Tutti personificano «avidità e ira».
Ma la figura che realmente è la contrapposizione del Dio dell’Antico Testamento è il loro padrone e genitore Ialdabaoth.
Abbiamo riferito precedentemente in che modo egli si sia assicurato il dominio sopra le sue creature rifiutando loro il potere che aveva ricevuto da sua Madre
Il quadro fosco è alquanto rischiarato dal fatto che egli accorda a ciascuno dei sette un potere migliore (alcuni di questi in apparenza copie degli Eoni corrispondenti, come «provvidenza», «intelligenza», «sapienza»):
il testo non permette di decidere se i sette siano sul serio ciò che i loro nomi fanno supporre, o uno scherno della «cosa reale»;
ma in considerazione della funzione posteriore dello «spirito contraffatto», come l’espressione di vita più caratteristica degli arconti, la seconda ipotesi è la più probabile.
– Pentimento, sofferenza e correzione della Sophia.
Di fronte alla millanteria di Ialdabaoth, il quale ignorava l’esistenza di qualche altra cosa più elevata di sua Madre, questa si sentì gravemente agitata:
la cattiveria e l’apostasia di suo figlio, «l’aborto imperfetto delle tenebre», le fecero comprendere la propria colpa e deficienza, dovute al fatto che aveva agito senza il consenso del suo compagno.
«Essa si pentì e pianse amaramente e, movendosi qua e là nella tenebra dell’ignoranza, era vergognosa di se stessa e non osava più far ritorno».
Questa è la vera «sofferenza della Sophia» nel sistema:
viene dopo i fatti seguenti alla sua aberrazione ed è perciò un episodio puramente emotivo paragonato alla funzione cruciale, letteralmente «sostanziale» che ha nel sistema valentiniano.
In risposta alla sua preghiera dolente e all’intercessione dei suoi «fratelli», gli Eoni, lo Spirito supremo permette che il suo compagno discenda fino a lei per correggere la sua deficienza;
ma a causa dell’ignoranza eccessiva che era apparsa in lei, essa doveva restare nella «condizione di Nona», ossia sopra l’Ogdoade cosmica al di fuori del Pleroma fino alla sua restaurazione completa.
In aiuto a tale scopo una voce giunse fino a lei:
«L’Uomo esiste e il Figlio dell’Uomo» (il Primo Dio e l’Unigenito).
– La creazione arcontica dell’uomo (Adamo psichico).
Ora anche Ialdabaoth udì questa voce, e come sembrerebbe (lacuna nel testo) produsse anche lui nell’acqua un’immagine del Padre perfetto, il «Primo Uomo», in forma di «un uomo».
Ciò ispirò a Ialdabaoth (come avviene al Re-Arconte di Mani) un’ambizione creativa alla quale consentirono i sette arconti.
«Essi videro nell’acqua l’apparizione dell’immagine e si dissero l’uno con l’altro:
‘Facciamo un uomo ad immagine e somiglianza di Dio’».
Così la forma plurale sconcertante del famoso versetto della Bibbia, che ha suscitato molte interpretazioni mistiche nell’ambito del giudaismo stesso e al di fuori di esso, è qui utilizzata per attribuire la creazione dell’uomo agli arconti.
L’imitazione illecita ed errata del divino da parte delle potenze inferiori è un’idea largamente diffusa nello gnosticismo:
talvolta già una caratteristica dell’attività demiurgica come tale (valentiniana), essa culmina nella creazione dell’uomo naturale;
sotto questo aspetto la troveremo di nuovo in modo più particolareggiato nel mito di Mani.
Il racconto continua:
«Da se stessi e dalle loro potenze hanno creato e composto una forma.
E ciascuno ha creato dal [suo] potere l’anima:
la crearono secondo l’immagine che avevano visto e per imitazione di Colui che esiste dall’inizio, l’Uomo Perfetto».
Questa finora è solamente la creazione dell’Adamo “psichico”:
«da loro stessi» significa dalla loro sostanza che è «anima» e non materia.
Ciascun arconte dà il suo contributo «all’anima», che è perciò settemplice;
le diverse parti sono riferite alle differenti parti del corpo:
un’«anima delle ossa», un’«anima dei nervi», eccetera;
gli altri 360 angeli compongono il «corpo».
Ma per lungo tempo la creatura rimase immobile e le potenze non potevano farla alzare.
– L’infusione dell’uomo pneumatico.
Ora, la presunzione e l’abborracciamento dell’opera degli arconti risultavano vantaggiosi per la Madre, che voleva ricuperare il potere che nel suo stato di ignoranza aveva concesso al figlio, il Primo Arconte.
Alla sua supplica il Dio-Luce mandò Cristo con le sue quattro «Luci» (Eoni), che sotto la forma di angeli di Ialdabaoth (il Dio supremo non è considerato superiore a tale parte ingannatrice!) diedero a quest’ultimo il consiglio, calcolato in modo da farlo strumento del «potere della Madre» in lui:
«Soffia sulla sua faccia un po’ dello spirito [pneuma] che è in te e la cosa si alzerà».
Egli così fece e Adamo cominciò a muoversi.
Perciò l’uomo pneumatico venne ad essere infuso nell’uomo psichico.
Osserviamo che in linea generale ci sono due spiegazioni gnostiche della presenza del pneuma nell’uomo creato:
una, che è una sconfitta della Luce, dovuta alla sua inclinazione verso il basso (per esempio, Poimandres), oppure al disegno arcontico (Mani);
l’altra, al contrario, che è uno stratagemma della Luce nella sua lotta contro gli arconti (come qui e nel mito valentiniano).
La seconda versione non dev’essere considerata più «ottimistica» della prima, perché lo stratagemma sfrutta meglio che può un male fondamentale, ossia l’allontanamento avvenuto dapprima della sostanza divina dal mondo della Luce.
– Mozione e contromozione.
Gli arconti si accorsero con spavento che la creatura che aveva i loro poteri e le loro anime li superava in sapienza, e allora la portarono giù nella regione al fondo di tutta la materia.
Il Padre intervenne di nuovo per amore del «potere della Madre» ora racchiuso nella creatura, e mandò giù lo Spirito Buono, il Pensiero della Luce chiamato da lui «Vita» (femminile), che si nascose in lui di modo che gli arconti non si accorgessero di lei.
«E’ lei che opera attorno alla creatura, che si adopera in lui, lo stabilisce nel suo tempio perfetto, lo illumina sull’origine della sua deficienza e gli mostra la [via di] ascesa».
Adamo fu splendente per la luce dentro di lui e il suo pensiero si innalzò sopra quello dei suoi creatori.
– L’uomo incatenato in un corpo materiale.
Questi perciò presero una nuova decisione d’accordo con gli angeli e le potenze.
«Essi provocarono un grande sconvolgimento [degli elementi].
Lo portarono nell’ombra della morte.
Fecero una forma di terra [‘materia’], acqua [=’tenebre’], fuoco [= ‘desiderio’] e vento [= ‘spirito contrario’]…
Questa è la catena, questa è la tomba del corpo con cui l’uomo è stato rivestito, di modo che ciò fosse [per lui] la catena della Materia».
Così l’uomo terreno è completo ed è posto da Ialdabaoth nel paradiso.
– Creazione di Eva.
Ialdabaoth, per estrarre da Adamo il potere nascosto che la Tenebra inseguiva ma non poteva raggiungere, fece scendere su Adamo l’insensibilità (impotenza a conoscere), e «dalla sua costola» diede corpo al Pensiero di Vita (contenuto dentro?) in una forma femminile.
Ma essa tolse il velo dai suoi sensi ed egli «rinsavendo dalla ubriacatura delle Tenebre» riconobbe la sua essenza in lei.
Per mezzo dell’Epinoia in Eva, Cristo insegnò ad Adamo a mangiare dell’albero della conoscenza, che Ialdabaoth gli aveva proibito di mangiare «per timore che egli vedesse in alto la sua perfezione e si accorgesse della sua nudità riguardo ad essa».
Ma il serpente gli insegnò la concupiscenza della procreazione che serviva l’interesse dell’Arconte.
– Il combattimento per l’uomo:
Spirito e Contro-Spirito.
Quando Ialdabaoth si accorse che Adamo ed Eva, per la conoscenza che avevano acquisito, stavano allontanandosi da lui, li maledisse e li mandò fuori dal «paradiso» nella tenebra oscura.
Allora si infiammò di concupiscenza per la vergine Eva, la rapì e generò con lei due figli:
Javè dall’aspetto di orso ed Eloim dall’aspetto di gatto, chiamati tra gli uomini fino ad oggi Caino ed Abele.
Eloim «il giusto», egli lo stabilì sopra il fuoco e il vento (gli elementi superiori),
Javè «l’ingiusto» sopra l’acqua e la terra (gli elementi inferiori):
insieme governano la «tomba» (ossia il corpo) – un’acrobazia di esegesi dell’Antico Testamento!
Inoltre egli suscitò in Adamo la concupiscenza di generare (cioè, il Demiurgo è il «serpente»), e Adamo generò con Eva Seth, iniziando così la catena delle procreazioni.
La Madre mandò il suo Spirito alle generazioni dell’uomo, per risvegliare in essi l’essenza simile a lui dall’impotenza della conoscenza e dal male della «tomba».
Questa azione continuata dello Spirito materno serve a prepararli alla venuta dello Spirito inviato dai santi Eoni stessi, che li condurrà alla perfezione.
Gli arconti contrastano questa azione con una contro-azione altrettanto continua del loro «Spirito contraffatto», che penetra nelle anime, cresce, si indurisce, le rinchiude, pesa sopra di loro, le conduce alle opere malvage, e le rende così impotenti a conoscere.
Per mezzo di ciò anche la generazione carnale continua.
– Istituzione dell’«heimarméne».
Bisogna ricordare un’altra mossa delle Tenebre nella grande lotta:
l’ordinamento dell’”heimarméne”, l’invenzione diabolica dell’Arconte.
Osservando il successo degli sforzi dello Spirito nel pensiero dell’uomo, «egli volle prendere possesso (controllo) delle loro facoltà di pensiero…
Egli prese una decisione con le sue potenze:
fecero venire all’essere il Fato, e per mezzo di misura, periodi e tempi incatenarono gli dèi dei cieli [pianeti e stelle], gli angeli, i demoni e gli uomini, affinché tutto fosse posto sotto il suo legame ed esso [Fato] fosse il signore sopra tutti loro:
un piano diabolico e perverso!
A lungo andare tutto questo risulta vano, sebbene impedisca e ritardi l’opera di salvezza.
Tralasciamo gli avvenimenti ulteriori e chiudiamo qui la nostra esposizione.
a cura di Hans Jonas